Il latte dei pastori sardi è sottopagato, a causa della concorrenza sleale. In Svizzera la carne costa invece il 152% in più che nel resto d’Europa. Secondo voi sono più ricchi gi svizzeri, o i sardi?
Lo so, fa già ridere così. L’ultimo studio della società di servizi finanziari Credit Suisse ha rivelato che gli svizzeri hanno il patrimonio medio per adulto più alto al mondo: si attesta a 530.240 dollari (pari a 526.700 franchi). Le cose cambiano se si ragiona in termini di pil procapite o di indebitamento, ma la sostanza è quella, e cioè che gli svizzeri sono mediamente i più ricchi del mondo, mentre i sardi… no. Ora, quando si parla della ricchezza degli svizzeri ci sono di norma due linee di pensiero:
A) quella secondo la quale gli svizzeri sono ricchi perchè rappresentano un porto franco per la finanza (fuga di capitali)
e B) quella secondo la quale gli svizzeri sono calvinisti e dunque sgobbano 16 ore al giorno durante le quali fanno la cacca nel pannolino per non perdere tempo.
In entrambi i casi si tratta di fesserie.
Per quanto riguarda il segreto bancario, la Svizzera è scesa dal piedistallo da lustri: sono ben altri i paradisi fiscali dove portare i quattrini. Se invece guardiamo al dispendio di energie lavorative, fatevi un giro nei cantoni. Siamo sopra la media, ma non siamo a livello dei cinesi, ma nemmeno dei veneti, se bisogna proprio dirla tutta. Inoltre, i prodotti costano cari, specialmente quelli prodotti in loco.
E allora, quale sarà mai il segreto del benessere svizzero? Cosa potrebbe ispirare il modello svizzero ai nostri produttori?
Perchè una bistecca costa due volte di più in Svizzera rispetto a paesi confinanti come la Germania? Per l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), la causa sta negli esorbitanti dazi doganali che la Svizzera impone sui prodotti alimentari importanti dall’estero.
Le tasse doganali sui prodotti agricoli importati erano in media del 31% nel 2016, mentre superavano il 100% per la carne, le verdure e i latticini, stando a un rapporto pubblicato nel 2017 dall’OMC. Un semplice sguardo ai menù nei ristoranti svizzeri e tedeschi conferma questa grande differenza di prezzo.
“Una bistecca di manzo del Kentucky di 200 grammi in un ristorante di Zurigo costa 37,50 franchi – scrivono su swissinfo.ch – mentre una bistecca argentina di 250 grammi in una steakhouse appena dopo il confine tedesco costa 20,90 euro, circa 23 franchi. Insomma, per una bistecca analoga, il prezzo al grammo è praticamente il doppio”.
Ma la domanda che tutti si dovrebbero porre è un’altra. Perchè lo fanno? Se, in fondo, l’economia svizzera NON dipende dall’allevamento bovino, perchè imporre dei dazi così consistenti? Dopo tutto, coi loro redditi, gli svizzeri potrebbero accedere più agevolmente alla carne. Che la Svizzera stia promuovendo in modo surrettizio il movimento vegan?
Molto più banalmente, ma efficacemente, in Svizzera hanno capito che accettare la concorrenza sleale straniera sulla carne costringerebbe gli allevatori svizzeri a chiudere i battenti nel giro di pochi anni. Questo fatto, che capirebbe chiunque non fosse infarcito di ideologia liberista, alla lunga porta all’abbandono delle fattorie e della montagna, al totale detrimento dell’ambiente svizzero, del suo paesaggio e della sua cultura.
Motivazioni semplici, cartesianamente evidenti.
E che valgono anche per la Sardegna e per tutta la Penisola italiana.
Come avranno capito anche i sassi, da noi, però, non si può fare una politica di questo tipo, perché siamo inseriti dentro i trattati capestro dell’Unione Europea. L’istituzione di un fondo di 20 milioni di euro per sorreggere la filiera, come vorrebbe il governo in queste ore, rappresenta solo un’ennesimo, distraente ed inutile calcio al barattolo.
Giovani in posa, il 29 dicembre 1970, a Zurigo, con la “bandiera” della “Repubblica autonoma del Bunker”. L’assemblea plenaria del Centro autonomo giovanile del Lindenhofbunker aveva deciso di rispondere con la fondazione di uno staterello alle minacce del municipio di chiudere il centro.
(Keystone)
In Svizzera il movimento del ’68 prese avvio il 29 giugno. In gioco c’era un centro giovanile autonomo. Uno sguardo alla storia dei centri giovanili mostra che avrebbero dovuto portare nel paese una gioventù socialmente accettabile, mentre in realtà portarono lezioni di democrazia.
Nella calda notte dal 29 al 30 giugno 1968, a Zurigo si scatenò il putiferio: volarono sassi, bottiglie, catene, ricevitori telefonici strappati nelle cabine pubbliche e vasi di fiori. Con un’azione di volantinaggio, nella capitale economica della Svizzera, era stata convocata una manifestazione. La sera la folla era cresciuta fino a superare le mille persone e aveva paralizzato il traffico. La polizia intervenne con manganelli e idranti e la situazione degenerò.
Gli scontri davanti all’ex edificio dei grandi magazzini GlobusLink esterno a Zurigo ancora oggi sono considerati il punto di partenza del movimento del ’68 in Svizzera. La manifestazione era stata indetta per protestare contro il rifiuto del comune di mettere quell’edificio, situato vicino alla stazione centrale di Zurigo, permanentemente a disposizione come centro giovanile autonomo.
Dalla fine degli anni ’60 fino agli anni ’80, l’idea che i centri potessero essere gestiti dai giovani stessi generò una grande forza politica in tutta la Svizzera. A Ginevra, Losanna, Bienne, Basilea, ma anche in piccoli comuni, si combatté per i centri autonomi.
Centri educativi camuffati
Gli esordi del movimento dei centri giovanili furono tuttavia modesti: il primo centro giovanile del paese nacque all’Esposizione nazionale svizzera del 1939 e non fu affatto autonomo. Serviva a “educare i giovani confederati”: c’era una teca in cui gli scout invitavano ad escursioni, sale di musica con strumenti a disposizione di ognuno, un laboratorio per il tempo libero in cui si potevano fare interessanti attività.
Il primo centro giovanile della Svizzera, creato nel 1939 per l’Esposizione nazionale.
(Keystone)
L’obiettivo dei primi centri giovanili era di tener lontano i giovani dai “cattivi” intrattenimenti: discoteche, cinema e ristoranti. L’Associazione ferie e tempo libero di Zurigo, nel 1949, riteneva che un centro giovanile dovesse “creare sane strutture educative e di intrattenimento, che corrispondessero allo spirito imprenditoriale dei giovani, rafforzassero il loro carattere e consentissero ai genitori di sapere che i loro figli e le loro figlie lì erano in buone mani”.
Lezioni di charme per i rocker
Nel 1959 fu inaugurato a Zurigo il primo luogo d’incontro per i giovani, il Drahtschmidli. Per molti giovani rappresentò comunque un arricchimento: da qui nacquero giornali scolastici, progetti fotografici e amicizie. Fin dall’inizio, tuttavia, i dirigenti adulti cercarono di coinvolgere i cosiddetti “giovani outsider” in una rotta di collisione con la società.
Venivano convocati personalmente dalla polizia “teppisti” – giovani che ascoltavano il rock’n’roll e giocavano a flipper nei bar. Nel centro giovanile si voleva formare il loro carattere e tramite corsi intitolati per esempio “Chic e Charme” si cercava di portare i ragazzi in blue-jeans verso una moda più ragionevole. Il centro giovanile era di fatto un’istituzione educativa mascherata da struttura per il tempo libero.
Parte dei giovani, tuttavia, richiedevano luoghi che potessero gestire da soli, senza supervisione, e che offrissero più spazio, ad esempio per concerti. Dopo una lunga lotta, alla fine di ottobre 1970, a Zurigo fu inaugurato il primo centro giovanile autonomo, in un rifugio antiaereo della seconda guerra mondiale. Le autorità cittadine permisero persino che rimanesse aperto tutta la notte, nel caso in cui più di dieci giovani volessero continuare le discussioni.
Nuova sinistra, musica pop, non conformisti e pacifisti: immersione in un’epoca colorata e movimentata.
Questo portò però presto a regolari pernottamenti nel bunker. L’opinione pubblica denunciò la frequentazione del bunker da parte di minorenni, il consumo di alcol e droghe e il rumore. Inoltre, serpeggiava il timore che vi si mescolassero agitatori di estrema sinistra con uno “spirito orgiastico”. L’odore dello scandalo era nell’aria e il bunker si ritrovò presto ai ferri corti con le autorità. In dicembre era già in procinto di chiudere.
Rapida fine di uno stato libero
Nella notte di San Silvestro 1970-71 i giovani del bunker zurighese dichiararono il centro quale territorio fuori dalla “società capitalista” e dalla Svizzera: diventava Repubblica Autonoma del Bunker. L’obiettivo era una gestione collettiva, con assemblee plenarie in cui si sarebbero adottate decisioni sulle sorti dello Stato.
Nel giro di quattro giorni, oltre duemila giovani si iscrissero al “controllo abitanti” e acquisirono il “passaporto”. Ma dopo una settimana il libero Stato era finito: il 6 gennaio 1971, la polizia circondò l’edificio e l’esperimento del Lindenhofbunker si concluse. Oggi ospita il Museo della polizia della città di Zurigo.
Due giovani il 29 dicembre 1970 dipingono su una parete a Zurigo lo “stemma” della “Repubblica autonoma del Bunker”.
(Keystone)
Il sogno del bunker era infranto anche per altre aspettative. Il centro giovanile era diventato rapidamente un punto focale per i giovani che avevano rotto i ponti con le famiglie o con gli istituti in cui si trovavano allora: ragazzi che avevano semplicemente bisogno di qualcuno con cui parlare o che avevano problemi di droga.
L’associazione di pubblica utilità “Speak Out”, anch’essa nata dal movimento del 1968, nel bunker forniva per la prima volta un servizio di consulenza autogestito per i giovani su vasta scala e presto si ritrovò sovraccarica. Nel contesto sperimentale del centro giovanile era apparso chiaramente con quali problemi i giovani dovevano lottare. Quale reazione, l’anno successivo furono fondate le prime istituzioni comunali di consulenza per i giovani.
Il centro superstite
Il fatto che un simile esperimento possa anche avere successo è dimostrato dall’ultimo centro giovanile autonomo: quello a Bienne, nel cantone di Berna, che esiste ancora oggi. Negli anni ’60, dei complessi pop locali erano regolarmente confrontati con una carenza di spazio in città. Nei piccoli ristoranti dove potevano suonare, venivano mandati via quando la musica non era gradita dai clienti abituali. Quanto ai grandi locali solo grandi organizzatori commerciali se li potevano permettere.
Giovani davanti al Centro autonomo giovanile “La Coupole” a Bienne.
(Keystone)
Nel luglio 1968, dopo gli scontri davanti all’ex Globus di Zurigo, l’idea di un centro giovanile autonomo si fece largo anche a Bienne. Come sito fu scelta la cupola di un vecchio gasdotto, che stava per essere demolita.
Il timore di disordini come a Zurigo favorì le simpatie delle autorità locali. Tuttavia, si dovette ancora aspettare fino al 1970, nel corso di un sit-in, prima di ricevere l’autorizzazione del Consiglio comunale. Dopo lunghi lavori di costruzione, nel 1975 fu inaugurato il Centro autonomo giovanile (CAJ), che fino ad oggi è rimasto un luogo di attivismo politico e di cultura alternativa.
Scuola di democrazia
Dal profilo giuridico, il CAJ di Bienne è gestito da una normale associazioneLink esterno svizzera con statuti, ma internamente si basa ancora sul “Manifesto CAJ”. La “assemblea degli utenti”, ossia la base democratica, si riunisce ogni martedì sera e discute il programma d’attività.
Il Centro autonomo giovanile di Bienne oggi.
(Keystone)
Il movimento del CAJ è sinonimo di autodeterminazione in tutti gli ambiti. Anche la sfera del divertimento non dovrebbe essere consumo puro, ma dovrebbe essere frutto del lavoro comune. Lì sono state create micro-democrazie temporanee e caotiche, in cui si amministravano autonomamente degli spazi separati. Per molti, il 1968 fu quindi anche una scuola di democratizzazione, nonostante tutti i discorsi sulla rivoluzione.
Dopo l’articolo riservato al festival della letteratura, parliamo anche dell’altra manifestazione limitrofa, il festival del jazz di Ascona:i due siti fondamentali da cui avere tutte le notizie sul festival e sui luoghi, sono www.jazzascona.ch,
www.ascona-locarno.com; nel primo trovate tutto sul festival e nel secondo tutto sui luoghi, a me non rimane che integrare con quello che non troverete sui siti.
La prima considerazione è quella relativa a un cambio franco svizzero- euro che in un solo anno è passato da 1,40 a 1,20 non favorendo l’afflusso dei turisti, dall’area euro/dollaro, in Svizzera: la cosa è evidente notando che le code per fare benzina alle pompe di carburante dopo il confine non ci sono più; inoltre in Svizzera il diesel costa più della benzina e il gpl e il metano sono del tutto assenti.
Quindi la prima considerazione è fare il pieno in Italia,la seconda considerazione è sul festival: la presenza di pubblico c’è stata.
Le 70000 presenze di pubblico pagante sono il 10% in più dell’anno scorso sicuramente dovuta al bel tempo (una sola serata di pioggia su 10) e a più di 250 concerti offerti dai 6 palchi.
La presenza di giovani è stata favorita dal prezzo di 10 franchi rispetto ai 20 del costo ingresso per sera, anche se è stata forte la presenza di chi comunque in questi luoghi ci viene per vacanza e gli Hotel hanno quasi fatto il tutto esaurito; cosa da non sottovalutare perché qui, come in altre manifestazioni, il successo o meno di un evento è dovuto alla ricaduta economica sul territorio: con la cultura (qui l’hanno capito) si mangia.
Il festival è arrivato, grazie anche a queste sinergie, alla 27° edizione, quest’anno il sottotitolo era Body & Soul : il corpo è stata la vera novità di quest’anno e si riferisce all’introduzione del burlesque all’interno del festival . Per quanto riguarda le band vi dò dei pareri del tutto personali, dovuti anche al fatto che inevitabilmente non tutto si riesce a vedere data la contemporaneità di molti eventi.
Due sono stati per me i complessi da segnalare: gli inglesi Jive Aces con la speciale partecipazione di Rebecca Grant inglesi , con un repertorio jump’n jive, e il ticinese Silvan Zingg trio con un repertorio Boogie Woogie da vedere entrambi.
Ovviamente come per tutti concerti dal vivo ogni volta che si prende il cd o si guardano i video l’emozione non è mai come quando si assiste alla performance dal vivo , anche in questo caso sono due complessi che non fanno necessariamente il jazz tradizionale , ma questo è il bello della manifestazione, che si è allargata anche generi diversi.
Un discorso a parte merita la presenza italiana anche quest’anno dopo i Chigago Stompers il premio del pubblico dato con schede o dal sito è andato a una band italiana i Sugarpie & the Candymen genere swing-jazz-soul, emiliani di Piacenza che sono stati i più votati dal pubblico e quindi torneranno il prossimo anno ospiti del festival.
Vi invito anche qui ad andare sui rispettivi siti per goderveli e per andare a cercarli in future tournée in Italia.
Sempre parlando d’Italia interessante il passaggio di frontiere di alcune band del festival con un anteprima a Stresa e una chiusura a Cannobio.
Continuando a parlare di territorio vi segnalo tre mostre :
la prima di Botero a casa Rusca a Locarno dove potrete ammirare le opere quadri e sculture degli ultimi 15 anni dell’autore e inoltre munitevi di macchina fotografica poiché , cosa rara, sono fotografabili;
la seconda presso il castello di Sasso Corbaro a Bellinzona, “lo scorrere del fiume , l’opera dell’uomo” che tratta dei lavori di bonifica sul fiume Ticino che scorre e nasce qui e che peraltro dà il nome a tutto il cantone ; il castello inoltre è uno dei punti più panoramici del territorio dichiarati patrimonio dell’Unesco, www.bellinzonaturismo.ch, e fa parte dei tre castelli della zona di cui questo, che è il più piccolo, ma per me il più bello;
la terza mostra la trovate a villa cedri sempre a Bellinzona, www.villacedri.ch, “ Parole & Figure” , la struttura è specializzata in mostre di grafica le tre mostre hanno ovviamente una durata limitata , ma tutti e tre i luoghi svolgono un’attività continua e costante e meritano comunque una visita per le caratteristiche del luogo stesso.
Altra informazione che vi dò, vi servirà se volete organizzare un viaggio in futuro in questi territori: per esempio il sito www.longlake.ch vi dà l’elenco di tutte le manifestazioni attorno alla città di Lugano, magari in occasione della prossima edizione del festival di Ascona , che si svolgerà dal 28 giugno all’8 luglio 2012.
Dino Giatti
Tutte le foto del festival sono copyright di http://www.fotopedrazzini.ch, cliccando sull’immagine trovate le informazioni relative