Lutto ambientale

Altro che esultare: in un’Italia che brucia con temperature pazzesche, con un aumento di oltre il 50% dei consumi energetici mondiali e con milioni di persone in povertà nei prossimi anni a causa dei cambiamenti climatici, quello dell’assegnazione delle Olimpiadi invernali alle città di Milano e Cortina è un giorno di profondo lutto, ambientale ed economico. Dovrebbero esultare gli svedesi dello scampato pericolo e forse ringraziare la propria santa concittadina Greta Thunberg che magari nelle sue invocazioni a protezione del clima ci avrà messo pure quella che la Svezia non partecipasse a questo scempio ambientale e spreco di soldi. Ci risulta poi che il Comune di Milano abbia dichiarato ufficialmente l’emergenza climatica, come conciliare questa iniziativa col brindare e saltare di gioia al successo per ospitare la Olimpiadi invernali del 2026, è qualcosa di assolutamente inconcepibile.

Ci vuole infatti fantasia, coraggio e incoerenza da vendere per mettere assieme una manifestazione che è uno spreco dall’inizio alla fine, con una emergenza ambientale e climatica che richiede ogni sforzo, ogni singolo centesimo, ogni singola energia umana nel salvare il pianeta. Ma in questi giochi di prestigio  i politici sono i maestri incontrastati con evoluzioni, piroette, contraddizioni in cui fare stare dentro di tutto, l’economia circolare con la crescita, che lo capirebbe pure un sasso che sono incompatibili, oppure l’impegno per l’ambiente e le Olimpiadi che sono soldi buttati, cementificazioni, inquinamento a più non posso, opere inutili, e come se non bastasse, l’arrivo di persone da tutto il mondo che aumenteranno a dismisura le emissioni e i rifiuti.

Ma il comune di Milano, con Sala in testa, è campione di sprechi in opere monumentali e dannose dal punto di vista delle emissioni; Sala è stato amministratore delegato dell’Expo 2015 e quindi non si pone affatto il problema. Anche perché quello che conta è fare proclami che sono solo marketing ambientale ma poi la politica è sempre la stessa, quella delle lobby, degli incassi facili con i soldi dei contribuenti, delle strutture faraoniche dove bisogna  costruire, sprecare, premendo sempre a fondo il piede sull’acceleratore per schiantarsi a tutta velocità.

Siamo poi sicuri che ci si impegnerà per rendere queste Olimpiadi “verdi” così come il trend vuole, quindi magari si metteranno degli spruzzi di pannelli solari qua e là, si utilizzeranno stoviglie biodegradabili, la Coca Cola metterà dello zucchero biologico nelle sue bottiglie, la Nike farà lacci delle scarpe in canapa.

Sponsor, ditte ed enti vari ingrasseranno lautamente i riciclatori di denaro sporco da inquinanti che offrono in cambio la riforestazione di qualche zona del mondo e quindi il green washing sarà assicurato e tutto procederà come al solito, senza senso e senza logica se non quella del profitto sempre e comunque. Nessun intervento verde o green washing che sia potrà mascherare uno scempio ambientale di per sé come quello delle Olimpiadi.

Continuando con questa cecità, nel 2026 chissà se ci sarà la neve laddove si dovranno fare i giochi olimpici e sarebbe assai imbarazzante spendere ancora energia e soldi per fare innevare le piste o gli impianti sciistici per la mancanza di neve che tra l’altro è uno dei procedimenti più assurdi e di spreco di risorse energetiche ed idriche che si possano immaginare. Nel 2026 saremo alle prese con un aggravamento tale della situazione che non ci saranno davvero tempo e soldi da perdere nelle Olimpiadi dello spreco e ci auguriamo invece che ci siano le “olimpiadi dell’ambiente” che per prima cosa cancelleranno quelle già previste e poi si impegneranno a fare cose intelligenti e utili.  Se la stupidità suicida continuerà a farla da padrona, purtroppo ci penserà la natura a rimettere le cose a posto e ad eliminare il cancro umano che vuole distruggerla a tutti i costi e per noi sarà purtroppo troppo tardi.

http://www.ilcambiamento.it//articoli/nel-forno-italiano-dell-emergenza-climatica-si-brinda-alle-olimpiadi-delle-emissioni-e-dello-spreco

 

Gli ultras dell’ultimo stadio

Comunque c’è poco da chiamare soft power l’occupazione coloniale del calcio attuata in grande stile secondo il dettami  di un programma di sviluppo, il “Qatar National Vision 2030” che stabilisce i principi per uno “sviluppo sostenibile ed equilibrato” del quale fa parte appunto la “Sport Sector Strategy”: il Qatar compra e sponsorizza squadre (Barcellona, Psg, etc,), atleti, arbitri, senza alcun rispetto per il tradizionale fair play che dovrebbe caratterizzare il mercato calcistico e lo sport in generale, affitta ultras da infiltrare nelle partite, all’interno della Fifa compra i voti dei presidenti delle società calcistiche per aggiudicarsi la riffa dei Mondiali, conquistata anche grazie a accordi per forniture agevolate di gas,  al suo  7 per cento di Volkswagen, al suo 10 per cento di Deutsche Bank, alle quote importanti di Harrod’s, dell’aeroporto di Heathrow e di British Airways, di Credit Suisse e di Royal Dutch Shell.

Altro che calciopoli, calcioscommesse, cocaina, veline e giocatori. Ormai anche crimini, reati e interessi sono da grandi. Basta pensare alle partite che si giocano più sugli stadi che negli stadi: quelli “pubblici”, i tre sotto il controllo dei club,  lo Juventus Stadium, la Dacia Arena dell’Udinese e il Mapei Stadium del Sassuolo, quelli che pare indispensabile fare, Roma e Firenze, quelli che vorrebbero primi cittadini posseduti da una insana megalomania, Venezia, tutti comunque dentro la partita ancora più grande, quella della trasformazione, sancita con legge del 1996, delle società calcistiche da associazioni che avevano come scopi quelli connessi all’esercizio della pratica sportiva a imprese con fini di lucro, con la possibilità di quotarsi in borsa.

Molte società di calcio, che in precedenza appartenevano a imprenditori locali, come nelle commedie all’italiana, sono state acquistate da investitori finanziari.  Il 78% della Roma è di due società del Delaware, paradiso fiscale degli USA; il Bologna è del canadese Joey Saputo, uno dei 300 uomini più ricchi al mondo; il Venezia è di una cordata rappresentata dall’americano Joe Tacopina, impegnati a conseguire l’obiettivo primario   di generare profitti da distribuire agli azionisti, da raggiungere solo in parte con le sponsorizzazioni e la cessione dei diritti televisivi, sempre di più con investimenti finanziari e immobiliari.

Si deve al governo Letta la svolta che ha dato spazio alle peggiori speculazioni locali e internazionali con un provvedimento per favorire non solo la costruzione o il rifacimento degli stadi, ma l’edificazione al loro intorno, se non al loro interno, scavalcando così gli enti locali obbligati a dichiarare “di interesse pubblico” i progetti dei privati, aumentando il potere ricattatorio degli investitori privati, nel caso specifico dei padroni delle società calcistiche. E poi al governo Renzi l’estensione dell’applicazione dei favori  alle squadre di serie B cosicché nel 2016 un protocollo di intesa tra Invimit (Investimenti Immobiliari Italiani), B Futura (società di scopo interamente partecipata dalla Lega B) e l’Istituto per il Credito Sportivo adotta “lo strumento del Fondo Immobiliare,  per la promozione di operazioni di valorizzazione di stadi e impianti sportivi”.

Figuriamoci se in questo contesto qualcuno può davvero pensare di criminalizzare la violenza negli stadi quando dentro e fuori, intorno e sopra i circhi della nostra contemporaneità, profitto, sfruttamento, corruzione, prevaricazione, intimidazione e ricatto hanno dato un calcio allo sport come esercizio di convivenza civile per farne un business avido e feroce, e gli imperatori piegano il pollice per godersi lo spettacolo dei gladiatori e del pubblico, noi, mangiati dai leoni.

estratto da https://ilsimplicissimus2.com/2019/01/11/gli-ultras-dellultimo-stadio/

Panem et circenses

“Panem et circenses (letteralmente, Pane e corse dei cavalli) è una locuzione in lingua latina molto conosciuta e spesso citata. Era usata nella Roma antica.

Contrariamente a quanto generalmente ritenuto, questa frase non è frutto della fantasia popolare ma ha un autore specifico. È stata creata infatti dal poeta latino Giovenale (Satire, 10 81).

Questo poeta fu un grande autore satirico: amava descrivere l’ambiente in cui viveva, in un’epoca nella quale chi governava si assicurava il consenso popolare con elargizioni economiche e con la concessione di svaghi a coloro che erano governati (in questo caso le corse dei carri tirati da cavalli che si svolgevano nei circhi come il Circo Massimo e il Circo di Massenzio) .

La pratica di distribuzioni di grano gratuite o a prezzi inferiori a quelli di mercato (frumentationes) era già iniziata ai tempi delle Repubblica ed era stata regolata dalle varie lex frumentaria. Anche in quel periodo le maggiori elargizioni di cibo furono fatte da magistrati che curarono molto anche i pubblici spettacoli. Marco Terenzio Varrone Lucullo nel 79 a.C. da semplice edile curò giochi molto sfarzosi e sei anni dopo fu il presentatore di una lex frumentaria molto generosa.

Per estensione, la locuzione è stata successivamente usata, soprattutto in funzione critica, per definire l’azione politica di singoli o gruppi di potere volta ad attrarre e mantenere il consenso popolare mediante l’organizzazione di attività ludiche collettive, o ancor più specificatamente a distogliere l’attenzione dei cittadini dalla vita politica in modo da lasciarla solo alle élite.”

Infatti, come se non bastassero i mondiali, puntualmente inizia stasera il Torneo dal parsut, intanto che tagliano qualche altro servizio (vedi manifestazione di stasera del Gruppo Proposta) e il pane non manca,  con ben 14 sagre nel solo territorio di Bondeno.

Nota: ringraziamo Giulia Pavani per averci fornito la foto  e il materiale informativo del torneo (prelevabile dai link).