Rieccoci

Professore, dalle sezioni si è passati ai circoli. Poi ai club, alle fabbriche. Ora il candidato governatore del centrosinistra, Michele Emiliano, ha lanciato le “sagre”. E’ questa la tendenza indicata dallo Spirito del Tempo?
«Il termine sagra è stato scelto perché nel buon italiano significa la “consacrazione del re”: è un auto-augurio che Emiliano si fa per ottenere una solenne incoronazione. Se poi è inteso nel senso di San Nicola e dei pellegrini, abbiamo trasformato la politica in una festa di paese».
In Italia c’erano altre liturgie di partito?
«Sia prima che durante e dopo il fascismo. In tutto il novecento c’è stato uno stile di utilizzo pubblico della parola, di strumenti di coesione collettiva, di acculturazione politica, dal comizio al lavoro porta a porta tipico di comunisti e parrocchie, fino alle conferenze al chiuso, il primo segno di allontanamento della politica dal popolo».
Per quale motivo?
«Non si riusciva a riempire una piazza e si andava in un piccolo teatro, per mostrare che c’era tanta gente, ma l’interesse calava. E’ fisiologico: nei paesi dove l’abitudine alla conversazione politica è inveterata, subentra una nausea, una seccaggine. Poi c’è il concorrente potentissimo: la tv con il talk show che, per quanto sia disgustoso, resta comodo. Si sta in casa e si sentono i propri eroi prediletti o quelli detestati. Mentre lo schermo emette suoni si insulta il parlante. Avviene in milioni di dimore private e sostituisce in pieno il dibattito pubblico vero».

Intervista a Luciano Canfora estratta da http://www.nuovatlantide.org/canfora-vi-spiego-la-campagna-di-emiliano-puglia/

E' qui la festa?

“Panem et circenses (letteralmente, Pane e corse dei cavalli) è una locuzione in lingua latina molto conosciuta e spesso citata. Era usata nella Roma antica. Contrariamente a quanto generalmente ritenuto, questa frase non è frutto della fantasia popolare ma ha un autore specifico. È stata creata infatti dal poeta latino Giovenale (Satire, 10 81).

Questo poeta fu un grande autore satirico: amava descrivere l’ambiente in cui viveva, in un’epoca nella quale chi governava si assicurava il consenso popolare con elargizioni economiche e con la concessione di svaghi a coloro che erano governati.

In alcuni post abbiamo notato il fastidio espresso da alcuni per le tante “feste” organizzate da questa amministrazione, ma, se vogliamo cambiare davvero le cose, dobbiamo cominciare da noi stessi e fin dalla più tenera età.

C’è qualcuno in grado di ricordare com’è iniziata questa storia? All’inizio sembrava un fenomeno transitorio, una tendenza che avremmo potuto fer­mare in qualunque momento, invertendone la mar­cia. Poi, non si sa come, l’innocente palla di neve è diventata una valanga inarrestabile. I lettori avranno già compreso che stiamo parlando delle feste di com­pleanno dei bambini e dei ragazzi.
Che cosa c’è di più bello che festeggiare figli e ni­poti quando compiono gli anni? Finché sono picco­lissimi si fa la festa in casa con i parenti, la torta con le candeline, le fotografie al momento del soffio che le spegne. La fase due arriva quando i festeggiandi frequentano la scuola materna o i primi anni delle ele­mentari: la festa si organizza ancora in casa. Un geni­tore o un nonno farà il giro dei citofoni del condominio per chiedere scusa in anticipo del fra­casso che per qualche ora uscirà dall’appartamento del festeggiato, delle porte dell’ascensore che qualche bambino lascerà aperte, dei fuoristrada parcheggiati davanti al portone dalle mamme.
Nell’ora convenuta sono arrivate per ritirare i figli
e hanno lasciato l’auto solo «per un attimino», sa pendo benissimo che per sradicare il bambino dai giochi, raccattare scarpe e indumenti sparsi in giro r farglieli indossare, ci vorranno tre quarti d’ora.
Il punto di non ritorno è segnalato da due boe: il bambino o la bambina rientrano da scuola portando in cartella un invito elaboratissimo in dodici colori, su quattro facciate, con disegni, animazioni, carillon e stelle filanti, per una festa di compleanno. Elaborato e stampato al computer d’accordo, ma noi quando ci siamo sposati un invito così ce lo sognavamo. La seconda boa che segnala la svolta è il fatto che per la festa i genitori hanno affittato un locale anziché or­ganizzarla in casa. È fatta. Bisognerà seguire l’esem­pio e va ancora bene se si tratta di una sala parrocchiale con annesso campetto di calcio.
La sala è disadorna, bisognerà addobbarla con fe­stoni di carta colorata, allestire tavolate con cibi e be­vande. Un lavoro. I cibi sani, le torte salate con le verdure, i dolci della tradizione preparati con tanto amore dalle mamme resteranno intonsi mentre i pic­coli invitati sbraneranno le pizze e tutta l’infinita va­rietà di palatine, noccioline e snack in commercio. Ci penseranno gli adulti a far fuori il cibo sano avanzato, per giorni e giorni.
Bisognerà anche intrattenerli questi ragazzi: e se scritturassimo un paio di animatori? Anche loro hanno diritto di vivere. Perché non un prestigiatore? E l’illusionista, vogliamo lasciarlo a casa? Conosco quattro ragazzi che hanno formato un gruppo, per farsi conoscere suonano gratis, si accontentano del rimborso delle spese: il noleggio degli strumenti, dell’impianto di diffusione, del furgone per traspor­tare il tutto, del compenso del tecnico del suono. Un’inezia e poi vogliamo lesinare per una festa di compleanno?
Vi ricordate quando vi siete sposati il tormentone su chi bisognasse invitare oltre ai parenti? Era uno scherzo in confronto al problema della lista per la festa del bambino: sugli attuali compagni di classe delle medie non si discute, ma per quelli che sono stati compagni alle elementari? E gli amici del calcio, del tennis, della palestra, degli scout, del catechismo? Le maestre vogliamo invitarle o è meglio di no?
Per il regalo da fare al festeggiato di turno si stende una rete fittissima di telefonate tra le mamme dei com­pagni; consultazioni frenetiche, operazioni di spionag­gio («cerca di farti dire dal tuo compagno cosa gli piacerebbe ricevere, ma senza fargli capire che è per il regalo»). Congiure: attorno al regalo si formano di­versi aggregati di mamme, con fratture che si riverbe­rano anche sui figli. Gli invitati avranno anche loro un regalino da portare a casa, uno uguale per tutti i ma­schietti e un altro per le femminucce. Deve essere una cosa carina, ma inutile, guai se è qualcosa che può ser­vire a casa o, peggio ancora, a scuola.
Gli adulti, anche se escono stremati dall’impresa non debbono pensare di essere esentati dall’organizzare una festa bis per i parenti, anche loro hanno di­ritto di festeggiare l’erede. Uno pensa: beati quei ge­nitori che hanno figli nati in giorni di vacanza scolastica. Errore: anche loro reclamano il diritto a una festa di compleanno virtuale in un giorno dove possono invitare i compagni; salvo poi pretendere giustamente la festa vera anche in luglio o in agosto quando cadrà il compleanno (è colpa mia se mi avete fatto nascere in estate?).
Si sta formando un’associazione per la tutela dei diritti dei genitori con figli da festeggiare: chiederà di avere giorni di permesso retribuito, sconti sulle patatine e sulle bibite, assistenza psicologica e prestiti a tasso agevolato.

Bruno Gambarotta in Torino è la mia città ed. IL PUNTO, maggio 2011

Panem et circenses

“Panem et circenses (letteralmente, Pane e corse dei cavalli) è una locuzione in lingua latina molto conosciuta e spesso citata. Era usata nella Roma antica.

Contrariamente a quanto generalmente ritenuto, questa frase non è frutto della fantasia popolare ma ha un autore specifico. È stata creata infatti dal poeta latino Giovenale (Satire, 10 81).

Questo poeta fu un grande autore satirico: amava descrivere l’ambiente in cui viveva, in un’epoca nella quale chi governava si assicurava il consenso popolare con elargizioni economiche e con la concessione di svaghi a coloro che erano governati (in questo caso le corse dei carri tirati da cavalli che si svolgevano nei circhi come il Circo Massimo e il Circo di Massenzio) .

La pratica di distribuzioni di grano gratuite o a prezzi inferiori a quelli di mercato (frumentationes) era già iniziata ai tempi delle Repubblica ed era stata regolata dalle varie lex frumentaria. Anche in quel periodo le maggiori elargizioni di cibo furono fatte da magistrati che curarono molto anche i pubblici spettacoli. Marco Terenzio Varrone Lucullo nel 79 a.C. da semplice edile curò giochi molto sfarzosi e sei anni dopo fu il presentatore di una lex frumentaria molto generosa.

Per estensione, la locuzione è stata successivamente usata, soprattutto in funzione critica, per definire l’azione politica di singoli o gruppi di potere volta ad attrarre e mantenere il consenso popolare mediante l’organizzazione di attività ludiche collettive, o ancor più specificatamente a distogliere l’attenzione dei cittadini dalla vita politica in modo da lasciarla solo alle élite.”

Infatti, come se non bastassero i mondiali, puntualmente inizia stasera il Torneo dal parsut, intanto che tagliano qualche altro servizio (vedi manifestazione di stasera del Gruppo Proposta) e il pane non manca,  con ben 14 sagre nel solo territorio di Bondeno.

Nota: ringraziamo Giulia Pavani per averci fornito la foto  e il materiale informativo del torneo (prelevabile dai link).