Il combustibile dello scontento è la proletarizzazione della classe media che ha tanto faticato per migliorare la sua condizione, l’impossibilità di vivere nei centri delle città, lasciate ai turisti e ai ricchi nelle zone pregiate, mentre i quartieri più vecchi sono occupati da mascalzoni di ogni nazionalità. Intanto si spopolano le aree interne e quelle in cui vengono meno i servizi privatizzati. L’economia “uberizzata” delle piattaforme informatiche straniere ci invade e il vecchio proletariato precipita alle soglie della povertà, ma non abbastanza da essere raggiunto da quel che resta del welfare, destinato agli ultimi arrivati e agli ex emarginati. In compenso, grava sulle spalle del “popolo basso”, della ex classe media, della piccola e media impresa e di crescenti settori delle professioni, il peso di una spesa pubblica burocratica, ingiusta, asfissiante, para mafiosa che pretende molto e non restituisce nulla.
Negli Usa, Amazon, l’impresa commerciale più grande del mondo, il cui proprietario, Jeff Bezos, è il più ricco del pianeta, non pagherà quest’anno un dollaro di tasse. Merito delle nuove leggi fiscali, ma soprattutto del vergognoso sistema di abbattimenti, deduzioni e caroselli aziendali che intossica i sistemi tributari dell’occidente. L’alternativa, dicono, sono i paradisi fiscali, ovvero gli inferni ove si ricicla il denaro provento dalle attività più indicibili. In Europa, i giganti tecnologici pagano meno di una piccola impresa. Un impiegato con reddito netto di duemila euro – un privilegiato – versa novecento euro mensili al fisco statale e locale, oltre ad altre centinaia per la chimerica pensione e l’assistenza sanitaria.
Pure, non siamo ancora spariti. Ci hanno respinti in una immensa periferia esistenziale, dalla quale dobbiamo ripartire per tornare in centro, riconquistare quel che è nostro. Siamo sopravvissuti al fuoco del disprezzo, del ridicolo con cui siamo trattati. Siamo l’unico gruppo etnico, noi spazzatura bianca, a cui non è permesso avere una storia. L’ Europa è piena di gente che si sente esclusa nella sua terra, dimenticata nella narrazione collettiva dominante, invisibile benché maggioranza, ridotta al silenzio, all’impotenza politica e alla nullità culturale a colpi di accuse di razzismo, xenofobia, discriminazioni e delitti veri e presunti del trapassato da espiare come colpa collettiva e personale.
Da vittime, ci hanno trasformato in carnefici con obbligo di solidarizzare con chi ci disprezza. Sindrome di Stoccolma come salvezza: uscire da noi stessi, alienazione più estraneazione. Incredibile è anche la schizofrenia del libertarismo postmoderno: drogarsi è lecito, proibire non si può, ma i fumatori di sigarette vivono in un apartheid ostile. Il moralismo spurio permette ogni sconcezza nell’ambito sessuale, assolve qualsiasi oscenità, ma porta dodicimila abitanti della liberale, tollerante, colta New York, capitale del Paradiso invertito, a chiedere al Metropolitan Museum di ritirare un famoso dipinto di Balthus, Therese che sogna, perché osceno e cripticamente pedofilo. Nessuno chiede di nascondere l’incomprensibile pseudo arte astratta o di nascondere la pubblicità sessualizzata di migliaia di prodotti.
La sindrome di Stoccolma deve essere sepolta insieme alla minorità culturale che ci attribuiscono senza possibilità di replica. C’è una speranza, forse stiamo tornando, con la bandiera della nazione, della tradizione e dell’identità, alleate della giustizia sociale e distributiva. Intanto, dobbiamo costringere il potere politico a recuperare dignità, non rimanere inerme dinanzi all’economia dei colossi tecnologici, delle piattaforme di falsa disintermediazione dei servizi, Deliveroo, Uber, Airbnb e simili, nonché della finanza di carta, l’imbroglio massimo. Non basta, bisogna rivendicare la legittimità delle culture popolari ridicolizzate dalle sedicenti élites. Circa vent’anni fa, usciva negli Usa Redneck Manifesto, il libro manifesto dei “colli rossi” di Jim Goad, che rappresentava le ragioni e la rabbia degli esclusi del classismo delle oligarchie e accusava la sinistra politica di mantenere un discorso che escludeva i ceti popolari e operai bianchi.
L’arma più potente del nemico è il nostro disarmo morale. Agli albori della crisi dell’Impero romano, Giovenale scriveva che due sole cose ansiosamente il popolo desidera: il pane e i giochi. Panem et circenses. Più intenso è il desiderio (la nostra è l’era dei desideri) nelle epoche di crisi; lo comprese dal rifugio di Port Royal Blaise Pascal. L’unica cosa che ci consola delle nostre miserie è il divertimento (divertissement), e intanto questa è la maggiore delle nostre miserie “(Pensieri, 171). Il sistema è specialista nell’organizzare la fuga di fronte ai problemi, ed è il più grande dei pericoli di un’azione eticamente orientata. Il rischio è quello di offrire risposte vecchie o escogitare scorciatoie valide solo per minoranze dotate di senso morale.
Le risposte anacronistiche sono il comodo rifugio in un neo collettivismo mortuario, ma va condannato il ricorrente istinto di chi finisce per servire, convinto di opporsi alla cosiddetta sinistra, l’unico a priori del liberismo, la concentrazione di mezzi, denaro e potere in poche mani private. Il sistema dell’accumulazione non vuole e non tollera alcun limite, morale, territoriale, religioso, culturale. Il liberismo è una spaventosa tabula rasa. Da questo deve partire la rivolta, o verrà divorata dal ventre immenso del Leviatano globale. Comunità più dimensione pubblica più socialità significa popolo in cammino. Il resto è la vittoria nemica, lo spettacolo che deve continuare, tra frizzi, lazzi, nani, ballerine e tanto sangue, il nostro. Business, as usual: affari, come sempre.
estratto da https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=61669
https://terzapaginainfo.wordpress.com/2015/11/24/venti-di-guerra/
L’aria che si respira è quella di un conflitto di vaste proporzioni, che lambirà anche il vecchio continente, futuro campo di battaglia fra la coalizione del male, che si vale dei mercenari ucraini come di quelli jihadisti sunniti, e la Russia che resiste e combatte quasi da sola, anche per la nostra salvezza.
http://pauperclass.myblog.it/2015/11/25/il-regime-turco-erdogan-la-nato-la-jihad-eugenio-orso/
Adesso però mi chiedo se non sia stato eccessivamente complottista a cercare di comprendere gli eventi e dar loro un senso. Forse sì, dopotutto l’unico vero complotto è il “magna e tasi” della grande informazione che fa la sua guerra al cervello.
https://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2015/11/27/dalla-siria-alla-guerra-al-cervello/
Per fortuna che la Francia ospita il summit sul clima. Del resto una vastissima zona attorno al luogo dell’incontro è stata completamente interdetta e blindata per emarginare qualunque manifestazione. Insomma si ha la sensazione per non dire l’evidenza che ogni protesta sociale e ogni posizione critica venga ormai assimilata al terrorismo.
https://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2015/11/29/la-francia-sospende-i-diritti-delluomo/
Clima, migranti, Europa, terrorismo, guerre, corruzione, ambiente, economia: tutti questi problemi (finora trattati separatamente) stanno convergendo , in questo periodo, a formare proprio quel disegno di cui finora si è taciuto (accusando di complottismo e domani di terrorismo chi ne parlava).
https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_del_complotto_del_Nuovo_ordine_mondiale
Questa strategia è stata enunciata in maniera esemplare da George Friedman, il fondatore del centro di analisi strategiche Stratfor, nel discorso che ha tenuto presso il Council on Foreign Relations il 4 febbraio 2015. “Per gli Stati Uniti – ha sottolineato Friedman – la paura primordiale è il capitale tedesco, la tecnologia tedesca, unita con le risorse naturali russe e la manodopera russa: è la sola combinazione che ha fatto paura agli USA per secoli […]. La nostra incognita è la Germania. Che cosa farà? Non lo sa nemmeno lei. Gigante economico e nano politico, come sempre nella storia. […]. Soltanto l’integrazione Germania-Russia può minacciarci, non lo permetteremo mai”.
Paolo Sensini in http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=52706