Ultima chiamata

Nel 2018 si prospettano quindi due strade all’Italia: la capitolazione di fronte all’asse franco-tedesco o l’uscita dall’eurozona.

La prima soluzione equivarrebbe ad inasprire ulteriormente le politiche lato offerta (tagli alla sanità e pensioni, licenziamenti, etc. etc.), taglieggiare il risparmio privato (prelievo sui conti o patrimoniale), saccheggiare quel che rimane del patrimonio pubblico (riserve di Bankitalia, immobili e partecipate) e lasciare che le ultime medie-grandi imprese italiane passino in mano straniera. Preme per questa soluzione il “partito Draghi” (o “partito Bilderberg”) che annovera, oltre al governatore della BCE, Ignazio Visco, Giorgio Napolitano, Eugenio Scalfari, Ferruccio De Bortoli, Carlo De Benedetti, Paolo Mieli, Mario Monti, Romano Prodi, gli Agnelli-Elkann etc. etc. Il “partito Draghi”, in vista delle politiche 2018, punta sulla vittoria elettorale del Movimento 5 Stelle, cui andrebbe sommata in Parlamento la sinistra “prodiana”: il reddito di cittadinanza o provvedimenti analoghi sarebbero ottimi paraventi per completare con discrezione la definitiva spoliazione dell’Italia.

La seconda opzione, invece, prevede l’abbandono dell’eurozona di fronte ai diktat franco-tedeschi sempre più gravosi ed umilianti. L’uscita dalla moneta unica sarebbe emergenziale, dettata dal semplice istinto di sopravvivenza del nostro Paese: non esiste al momento “un partito dell’uscita dall’euro” analogo a quello che preme per il commissariamento (formazioni come la Lega Nord si sono appropriate della causa anti-euro per meri fini elettorali, senza possedere né prevedere alcun programma concreto per l’Italexit), anche se la vittoria della destra alle politiche del 2018 favorirebbe senza dubbio questa strada. L’unico “boiardo di Stato” ad aver apertamente contemplato un “piano B” è stato l’economista Paolo Savona, ex-ministro del governo Ciampi.

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