Il popolo degli abissi si è messo in marcia, ha reagito ad anni e anni di gioco di specchi e di disincanti. Niente è andato come previsto: come nel libro di Jack London, il popolo degli abissi si è levato, ha preso l’arma del voto come una bandiera e con calma risoluta ha detto basta a quattro mali che hanno disintegrato l’Europa e l’Italia.
Il primo è l’ordoliberismus, ossia l’austerity fondata su bassi salari e distruzione del welfare.
Il secondo è la cosiddetta liberalizzazione del mercato del lavoro, con il neoschiavismo dei contratti a termine e del precariato. E’ stata la sinistra blairiana a inventare questo infernale marchingegno con schiere di devoti giuslavoristi in conflitto d’interessi. Pochi giorni fa El Pais pubblicava l’articolo del presidente di Ciudadanos che illustrava la legge di iniziativa parlamentare in cui si abolisce il precariato con una tranquilla enfasi sulla difesa degli interessi della nazione e del tessuto industriale e dei servizi del Paese.
Il terzo male è l’inerzia delle parti sociali, che vedono spogliare questa nazione delle sue risorse e nulla fanno come le borghesie commerciali sudamericane e i sindacati che, pur essendo l’ultima istituzione che tiene, rinunciano alle battaglie sui punti fondamentali. Naturalmente questo implica correre il pericolo del nazionalismo della povera gente e della classe media in discesa con i fantasmi fascisti che ritornano.
Il quarto male è l’immigrazione incontrollata e non gestita con l’intelligenza della sicurezza e del rispetto della persona, non solo dei migranti, ma anche dei poveri e degli anziani che si trascinano una vita di stenti e non ne possono più di forti giovanotti con cellulare e venti euro in saccoccia: gli esempi australiani e tedeschi di accoglienza sono lì, ma noi nulla facciamo.
Si è disgregato lo Stato ed è inevitabile che forze come i Cinquestelle e la Lega di Salvini si presentino come alternative al sistema. Del resto, sono anni che studio e parlo dell’inversione della rappresentanza partitica: i ricchi votano la loro sinistra, ossia Pd, Pisapia, Bonino eccetera, mentre i poveri votano a destra, come sta accadendo in tutto il vecchio mondo neo-industriale.
Non c’è bisogno di scomodare Trump, basta guardare alla Germania e alla Francia. Lì non votano e Macron viene eletto dal 23% degli aventi diritto. In Italia la partecipazione elettorale è alta, ma tutto travolge dei vecchi schemi destra/sinistra. Beninteso, sinistra, destra e centro sono ben presenti nel sociale e nell’universo simbolico del popolo degli abissi, ma quel popolo ha già compreso che le vecchie casacche vestono i morti: “le mort saisit le vif” diceva il filosofo di Treviri.
Bisogna non perdere la speranza che i nuovi universi simbolici siano educati dalle istituzioni e da una rinascita del ruolo degli intellettuali, che ora pasolinianamente al popolo si avvicinino senza più tradirlo. E’ un voto di speranza e di trasformazione: non bisogna avere paura, come diceva il formidabile Santo del Novecento.
https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=60263
Con il Decreto legge 333 dell’11/07/1992 sulle “Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica”, Amato, capo di governo da dodici giorni, trasforma l’IRI, l’ENI, l’INA e l’ENEL in società per azioni. Il decreto trascina nella privatizzazione le ‘Banche di interesse nazionale’ e dunque anche la Banca d’Italia. A quell’epoca, una menzognera campagna di stampa presentava l’IRI, lo scrigno che conteneva i tesori italiani, come un carrozzone che dava solo perdite e che dunque ai proprietari, cioè allo Stato e al popolo, conveniva disfarsene. Fino allora, invece, gli utili enormi delle imprese IRI avevano consentito allo Stato, assieme a tasse e altre entrate, di finanziare anche sanità, istruzione, cultura, previdenza: in breve, la spesa pubblica e sociale che dava benefici enormi al paese e che oggi le grancasse risonanti il pensiero unico liberista associano allo “spreco”. L’IRI venne smembrato e svenduto, piazzando i vari pezzi a qualunque costo e, in alcuni casi, praticamente regalato.
Il 30 giugno del 1993 Ciampi, capo del governo, nomina Draghi, membro del Comitato esecutivo di Goldman Sachs, a presiedere un Comitato di consulenza per le privatizzazioni. Nel ‘97 Prodi privatizza la telefonia, strumento di controllo sociale nelle mani di interessi privati. Nel ‘99 D’Alema consegna i trasporti e l’energia petrolifera ed elettrica alla gestione di società per azioni. In definitiva, tra il ‘92 e il ‘99, i governi iperliberisti sottraggono le risorse strategiche dalle finalità pubbliche e le ricollocano in un quadro di gestione aziendalistica, i cui ricavi sono da massimizzare e i cui destinatari sono i clienti paganti, non i cittadini con il diritto al servizio (1)
Subito dopo siamo entrati nell’Euro, abbiamo inserito il pareggio di bilancio nella costituzione, abbiamo accettato il fiscal compact, riformato radicalmente lavoro, scuola, pensioni nel senso desiderato da Europa e Nato (come documentato in questi 15 anni anche su questo blog).
Qualcuno dei partiti che si presentano a questa tornata elettorale percepisce la gravità della situazione e la ritiene possibile di emendamento?
Ovviamente chi ci ha governato finora pensa di avere fatto il nostro bene e l’unico tenuto fuori, pur avendo avuto la maggioranza dei voti nel 2013, è il M5S.
Se il loro programma vi convince, votatelo. (2)