L’indistinzione e l’inversione sessuale, il via libera alle perversioni (la pederastia e la pedofilia sono alle porte), l’omosessualità come valore, la pazzia come valore, la provocazione dell’orrido postmoderno in luogo dell’arte, la globalizzazione oltranzista, la stupidità e l’ignoranza come valore, l’illogico come valore: questo il sabba delle streghe in cui siamo costretti a danzare.
La devastazione del passato, delle scuole e delle università, la parcellizzazione del sapere, lo scientismo ottuso, la lenta pauperizzazione, il dilagare del virtuale in luogo del tangibile, la sparizione dei commerci, l’ecologismo isterico, l’estinzione del lavoro, l’individualismo spacciato per libertà, l’annientamento delle comunità, la sussunzione delle industrie e dell’agricoltura nelle multinazionali: ecco il “progresso”, ecco la “democrazia”: termini nobili e innocenti ormai snaturati sino a incarnarsi nell’opposto della democrazia e del progresso.
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Allora torniamo a Platone:
- E possibile conoscere oggettivamente il Bene.
- Solo chi ha un’anima pura è capace di conoscere il
Bene, e solo dopo molti anni di studio. - Tale istruzione deve presupporre la filosofia, il cui obiet-
tivo è appunto la conoscenza del Bene. - Solo chi conosce il Bene (ovvero il filosofo dotato di
un’anima pura e rigorosamente istruito) merita di go-
vernare.
Allo status di filosofo re si accede mediante un lungo lavoro di autodominio. Quello del filosofo re è il più importante di tutti i percorsi formativi, e ad esso Piatone dedica parte del VII libro della Repubblica. Il filosofo re è educato fino ai vent’anni come un guerriero. Deve eccellere, proprio come loro, nella ginnastica, nella musica e nella poesia, ma non deve trarre piacere dalla violenza. Nei successivi dieci anni apprenderà l’aritmetica, la geometria e l’astronomia. Se vi riuscirà, a trent’anni sarà pronto per lo studio della dialettica. Infine, ma comunque non prima dei cinquant’anni, potrà essere filosofo re.
Piatone accetta che il filosofo re possa mentire, purché lo faccia per buoni fini e per governare meglio la Città. In questa concessione egli dimostra di essere ben consapevole che la società reale non coinciderà mai con la Città delle Idee. La menzogna è uno strumento in più nelle mani del governante giusto, così come lo sono i miti, “nobili bugie”, nelle mani del filosofo. Piatone scrive nella Repubblica che se qualcuno j deve mentire, è proprio chi governa lo Stato: dovrà farlo d fronte ai nemici, o anche agli stessi cittadini, per il bene della comunità. A tutti gli altri invece sarà vietato.