Debito pubblico

Uno dei più creduti esempi di menzogna ripetuta sino a farsi verità (il maestro fu Goebbels) è che gli italiani vivano al di sopra delle loro possibilità. Per questo saremmo sommersi da un drammatico debito pubblico.  La realtà sta nel testardo potere dei numeri, giacché da decenni lo Stato realizza consistenti avanzi primari, ovvero spende assai meno di quanto potrebbe in quanto paga decine di miliardi annui di interessi sul cosiddetto debito. I salvatori della patria e dei conti pubblici, dall’ineffabile senatore a vita Monti (munito di impeccabile curriculum) all’emotiva professoressa Fornero sino al prode ministro Padoan non hanno invertito la rotta. I conti sono in sicurezza, recita il bollettino ufficiale, ma il debito aumenta costantemente e gli italiani stanno sempre peggio.

Il debito è la fake news per eccellenza, ma farlo capire alla massa è una missione impossibile quanto lo scudetto all’Empoli. Una volta tentammo un ragionamento con un esponente del ceto medio semicolto, nerbo del consenso al sistema. Osservammo che se esiste un debitore, ci deve essere un creditore. La risposta fu prontissima: sono le banche. Bene, ma chi ha dato i soldi alle banche? Noi, perbacco. Se questo fosse vero, saremmo indebitati con noi stessi, una partita di giro preoccupante, forse, ma non drammatica, come in Giappone che ha una banca centrale sovrana. Al contrario, siamo – saremmo- indebitati con un’entità chiamata mercati e in particolare con le banche centrali. Mercati e banche centrali hanno nomi e cognomi, diceva un economista scomparso misteriosamente, Federico Caffè, ma alla gente si fa credere che le mitologiche “autorità finanziarie” siano entità pubbliche. Banca d’Italia è una clamorosa fake news, giacché i suoi partecipanti sono istituti con nomi italiani (Intesa, Unicredit, eccetera) posseduti in gran parte da soggetti esteri speculativi.  I principali figurano tra gli azionisti di tutte le banche “italiane”: Black Rock, Vanguard, Hsbc.

Siamo indebitati con questi gentiluomini, ma qui casca l’asino, peggio del curriculum di Conte. Il debito mondiale è di 164 mila miliardi di dollari, due volte e mezzo il Prodotto Lordo, ossia di tutte le attività economiche del pianeta. E’ dunque evidente che lorsignori ci hanno prestato denaro che non rappresenta nulla, o meglio lo hanno creato ex nihilo. Eppure passa come la sparata di qualche cretino (populista!) che sia possibile cancellare 250 miliardi di debito pubblico italiano in mano alla BCE semplicemente perché essa lo ha finanziato stampando carta con cui ha acquistato altra carta e l’ha chiamata moneta attribuendosene la proprietà. Diavolerie di paranoici complottisti, pur se lo ha spiegato tranquillamente, negando controindicazioni, un esperto come Paul De Grauwe professore della London School of Economics, non un leghista delle alte valli in preda ai fumi dell’alcool.

La pratica del quantitative easing rappresenta egregiamente il concetto. I padroni del mondo ci vogliono tutti pesciolini nell’acquario di Fantozzi, quindi celano ogni cosa dietro parole nuove, criptiche, misteriose, scritte e pronunciate in una lingua iniziatica. Quantitative easing, acronimo QE, è la creazione di denaro contabile e scritturale da parte della Banca Centrale, ufficialmente per sostenere l’economia, in realtà per evitare il crac delle banche alle quali prestano il denaro a tasso pressoché zero. Il sistema creditizio si guarda bene dal fare prestiti all’economia reale e reinveste nel gigantesco azzardo chiamato mercato finanziario ovvero rastrella quote di bond pubblici. Miliardi di Fantozzi sudano per riprodurre un potere che li rende schiavi, sognando le meraviglie dell’acquario.

Il consenso drogato nei confronti di un sistema criminale, ma padrone innanzitutto della “narrazione” corrente, non è troppo differente dalla sicurezza con cui alcuni islamisti vanno incontro alla morte certi di trovare, nell’Aldilà, giardini dove scorrono ruscelli e le Urì, le fanciulle destinate al godimento dei beati.

 

Roberto Pecchioli estratto da

L’articolo L’ACQUARIO DI FANTOZZI proviene da Blondet & Friends.

Quanto ci costa la UE

Sorgente: http://ilpedante.org/app/counter_ue

In questi giorni i viaggiatori di alcune grandi stazioni ferroviarie italiane, già ridotte a Sodoma pubblicitarie e suk in franchising, sono accolti da un contatore su maxi-schermo che li aggiorna «in tempo reale» sull’incremento del debito pubblico italiano. L’idea è dell’Istituto Bruno Leoni, già autore di un widget sullo stesso tema.

Il senso di angoscia che questa inesorabile caduta nel gorgo dell’indebitamento genera in coloro che, tra l’obliterazione di un biglietto e un caffè, si scoprono vieppiù schiacciati dal «macigno» dei soldi dovuti, si spiega solo omettendo ciò che nei maxi-schermi non è spiegato. Cioè, che ad esempio:

  1. il’Italia si indebita perché è obbligata a farlo. Diversamente da quanto accade nei Paesi che hanno una banca centrale di Stato (quasi tutti), il Trattato di Maastricht (artt. 7 e 21.1) non prevede altri strumenti per immettere liquidità nell’economia pubblica;
  2. spende regolarmente meno di ciò che incassa (saldo primario positivo), sicché si indebita solo per pagare i debiti non potendoli onorare in altro modo (vedi punto precedente);
  3. ha il debito pubblico più sostenibile d’Europa;
  4. il debito pubblico italiano è un credito, cioè ricchezza, per due terzi in mano a imprese e cittadini italiani.

I numerini che dovrebbero ossessionare pendolari e capitreno non sono quindi altro che la conferma sintetica e un po’ pacchiana di un sistema di finanza pubblica disfunzionale. E del fatto che, nonostante quel sistema e nonostante gli appelli di chi identifica la «virtù» con la serenità degli speculatori, il nostro Paese si sforza ancora di mantenere livelli di spesa compatibili con la propria civiltà. A ciascuno scatto del contatore dell’Istituo Bruno Leoni corrisponde infatti un mancato «taglio» a cure mediche, scuole, forze dell’ordine, strade, ricerca e altri servizi pubblici già drammaticamente sottofinanziati.

Ogni aumento del contatore leonino, stanti le attuali norme di finanza pubblica, è quindi un’ottima notizia.

https://nicolettaforcheri.wordpress.com/2018/02/15/quanto-ci-costa-lue/

Pillole di economia

Da una recente indagine OCSE risulta che l’Italia è all’ultimo posto anche per cultura finanziaria; anche su bondeno.com abbiamo pubblicato molti articoli di economia (sempre poco letti) e poi li abbiamo raccolti anche in un quaderno per utili ripassi.

Spesso e, ahimè, poco volentieri, si sente, in occasione di dibattiti pubblici ed anche dai discorsi della gente comune, l’affermazione che l’attuale situazione debitoria sia un retaggio dei malgoverni e delle spese folli dei nostri padri che sono vissuti al di sopra delle proprie possibilità.

Ora, quel che può esserci di vero in questo ricorrente luogo comune, verrà confrontato con i dati reali, estrapolati da una delle fonti ufficiali disponibili sulla rete, ovvero l’Annual Macroeconomic Database della Commissione Europea.

Essendo indispensabile la consultazione di grafici e tabelle, vi rimandiamo all’articolo nella sua interezza:

http://www.appelloalpopolo.it/?p=9923