Recessione

Già alla fine dell’anno scorso la caduta del commercio globale stava spingendo l’Europa verso la recessione.

Il coronavirus causerà quasi certamente una contrazione dell’economia italiana di circa il 3% nella prima metà del 2020, ma il danno inflitto potrebbe essere anche molto più ampio. Mentre l’economia cinese rallenta ancora – e molto probabilmente si contrarrà essa stessa – nel corso dei prossimi mesi, la mancanza di componenti cinesi fondamentali alla catena produttiva continuerà ad arrecare danno alla produzione e al commercio mondiale. Questo danno si sta estendendo alla Germania, che nonostante le sue sofferenze rimane la più forte economia europea e un importante mercato per la manifattura italiana.

In Italia il virus ha non solo costretto al blocco delle regioni più produttive – la Lombardia, col suo hub finanziario e di moda, Milano, e parti delle regioni Veneto ed Emilia-Romagna – ma da martedì ha portato al blocco dell’intero paese. Con la gente che sta a casa e la domanda di servizi che crolla, coloro che sono economicamente più vulnerabili – specialmente gli italiani giovani con posti di lavoro precari – perderanno i loro redditi, e la domanda si contrarrà ulteriormente. Con una delle popolazioni più anziane al mondo (circa il 23% delle persone ha più di 65 anni), la malattia e la mortalità indotta dal coronavirus – e lo stress economico e finanziario associato – potrebbe permanere più a lungo che altrove.

http://vocidallestero.it/2020/03/13/ashoka-mody-litalia-ha-bisogno-di-un-salvataggio-precauzionale-di-500-700-miliardi-di-euro-ora-che-il-coronavirus-la-spinge-sullorlo-del-baratro/

Pop Corn

Da quando Salvini ha fatto scoppiare la crisi, e a maggior ragione da ieri pomeriggio, con la caduta ufficiale del governo gialloverde, non si può pascolare sui social senza essere travolti da varianti trionfali di “L’avevo detto io!” Si tratta, con inquietante regolarità, di voci di centrosinistra, area PD e cespugli.

Ora, vista la pochezza politica del Capitano e i suoi atteggiamenti da ganassa, la caduta di questa maggioranza potrebbe essere anche vista con sollievo, se non fosse per la prospettiva di ritrovarci in Sala Macchine gli aruspici del centrosinistra, quelli che invece delle interiora leggono i pop corn, e che ora ci tengono a far sapere che “avevano capito tutto sin dall’inizio”.

Ecco, cari amici del CSX, non abbiatevene a male, però, per nutrire il vostro senso di realtà, è utile che alcune cose vi vengano ricordate.

Dopo la sconfitta elettorale del 4 marzo 2018, e dopo le innumerevoli costanti sconfitte amministrative da allora, il vostro contributo all’elaborazione politica nazionale è consistito in:

1) Rivendicare di essere sempre stati nel giusto: non uno straccio di analisi politica, non una traccia di rilettura della fase storica e della vostra collocazione in essa.

2) Attivare tutte le proprie risorse, politiche e soprattutto mediatiche, al solo fine di screditare qualunque cosa facesse il governo gialloverde, indistintamente e sempre, con un bombardamento di critiche extrapolitiche, biografiche, estetiche, grammaticali, di sfottò e fake news, senza accettare mai di discutere nel merito i temi politicamente roventi che venivano tirati finalmente fuori dai cassetti.

Il massimo livello di autocritica si è raggiunto quando, dopo essersi grattato pensosamente il capo, qualcuno di voi se ne è venuto fuori dicendo che si doveva “ritornare nelle periferie” e non si doveva più “essere il partito dei ricchi”. Solo per essere immediatamente silenziato dai compagni di partito, per aver improvvidamente ammesso che il re è nudo.

Avete sbagliato, e continuate a sbagliare, la lettura delle istituzioni europee, su cui proiettate ad uso del pubblico pagante, tinteggiature ventoteniste, mentre oramai chiunque abbia fatto lo sforzo di capire sa che si tratta di un apparato neoliberista, export-oriented, guidato a proprio beneficio da un duopolio francotedesco e costruito in modo da essere impermeabile a riforme.

Avete sbagliato, e continuate a sbagliare, la lettura della globalizzazione, assumendo contro ogni evidenza che si tratti di un processo win-win, mentre si tratta con evidenza oramai universale di un processo di dislocazione sociale mai visto nella storia, dove i più perdono e dove in ogni parte del mondo ‘aperta alla globalizzazione’ la forbice tra abbienti e non abbienti si amplia costantemente.

Avete sbagliato, e continuate a sbagliare, la lettura dei processi migratori, su cui proiettate un paio di fiabe multiculturali e umanitariste, senza guardare neanche per un minuto il senso complessivo del fenomeno, che depaupera senza fine sia i paesi di partenza che quelli di arrivo, nel nome dell’arricchimento di ristrette élite, nei primi e nei secondi.

E dei vostri errori si potrebbe continuare a parlare per ore.
Si potrebbe, e ne varrebbe la pena se davvero potessimo credere che sono davvero essenzialmente ‘errori’, e che perciò una correzione è possibile.

Invece, a ben vedere, non c’è qui molto di davvero ‘erroneo’ (o se c’è vale solo per i meno svegli tra i vostri sostenitori).

La vostra posizione è chiara e coerente: si tratta di difendere gli interessi a breve termine del 10% privilegiato della popolazione, e di farlo a scapito del rimanente 90%, e della sopravvivenza stessa del paese nel lungo periodo. A ben vedere voi identificate senz’altro il paese con la visione e gli interessi di quel 10%, e avete un sussulto di sconcerto e indignazione quando altre prospettive osano prendere la parola nel nome dell’interesse collettivo: vi siete autoproclamati ‘buoni’ tanto a lungo da non capire proprio come ciò sia possibile.

Ma questo gioco sarebbe stato travolto elettoralmente da tempo, se non fosse per la vostra influenza culturale e mediatica – costruita su ben altre basi nelle generazioni precedenti – che vi consente oggi di estendere la vostra propaganda anche al di là dei ristretti numeri che (nel breve termine) davvero tutelate.

Dunque cari amici centrosinistri, gioite pure per la prospettiva di rientrare sulla plancia di comando, è umano, però, per piacere, risparmiateci i “Ve l’avevo detto”, perché tutto ciò che sostenete, pressoché senza eccezioni, è o un errore per gonzi senza speranza, o un cinico strumento di dominio elitario.
In ogni caso niente di cui andare fieri.

Fonte: Andrea Zhok

Il nulla

Borgo san Giovanni
Borgo San Giovanni

Come vedete la foto è presa dal campanile di San Giovanni a Bondeno, nel maggio 1971; partendo dal ponte sono ancora presenti le seguenti attività commerciali: un bar, una macelleria, un fruttivendolo, una merceria, un negozio di alimentari, una tabaccheria.

Non visibili nella foto un negozio di macchine da cucire e un altro bar; se andiamo indietro nel tempo, c’era un deposito-riparazione di biciclette e un sarto.

Provate a passare adesso, anche in altre zone di Bondeno, e fate il confronto: tutti posti di lavoro che non esistono più (da notare anche lo zuccherificio sullo sfondo, altro illustre estinto assieme all’ospedale).

Abbiamo avuto anche il terremoto, ma cosa ci sarà da festeggiare?

Il nulla from fuori quadro on Vimeo.

MMT a Ferrara

“La disoccupazione è un crimine contro l’umanità”: questa frase sarà pronunciata in tutta Italia dal
10 al 22 giugno da Warren Mosler, quando l’economista americano, fondatore della Modern Money
Theory (MMT), percorrerà da sud a nord lo Stivale. Al suo fianco ci sarà Paolo Barnard, giornalista
che ha introdotto per primo in Italia i temi della ME-MMT (Mosler Economics Modern Money Theory)
come strumento di salvezza economica per l’Italia. I due relatori saranno ospitati di regione in regione
dai gruppi regionali degli attivisti che da mesi, anni, studiano e divulgano sul territorio i contenuti
della ME-MMT.
Warren Mosler da decenni è considerato uno dei più autorevoli esperti al mondo in materia di sistemi
monetari e gestione del debito di Stato. La Mosler Economics, da lui elaborata oltre vent’anni fa, si
fonda sull’analisi del funzionamento dei sistemi monetari con moneta sovrana, e propone un utilizzo
delle potenzialità di questi sistemi orientato al raggiungimento del pieno godimento dei diritti sociali,
piena occupazione, prosperità e benessere della collettività.
Si inizia il 10 giugno a Montalto Uffugo (Cs), luogo diventato simbolo della protesta di un commerciante:
Roberto Corsi, che ha esposto sulla sua vetrina il cartello con scritto: “Non pago il pizzo ad uno Stato
usuraio. ME-MMT, grazie Paolo Barnard”.
Il tour prosegue a Cagliari, l’11 giugno, a Caltanissetta e a Palermo il 13, e risale lo Stivale a Roma il 14,
Avezzano il 15, Santa Maria degli Angeli (Pg) il 16, Recanati il 17, Siena il 18, Varazze (Sv) il 19,

Ferrara il 20, alle 20.30, sala cinema apollo

Treviso il 21 per terminare a Cantù (Co) il 22 giugno.
Mosler e Barnard incontreranno migliaia di cittadini, imprenditori, lavoratori ed esponenti delle
amministrazioni locali. Proporranno, contro i drammi causati dall’Eurozona, l’adozione degli strumenti
della ME-MMT: la scienza economica al servizio della popolazione e dell’economia reale.
I Temi del Tour sono: la spiegazione del corretto funzionamento e utilizzo dei sistemi monetari a moneta
sovrana; la spiegazione del perché l’Eurozona sta annientando l’economia reale e della inevitabile
distruttività delle ricette di austerità autoinflitte; la proposta ME-MMT: l’adozione del Programma di
Salvezza Nazionale ME-MMT e predisposizione di strumenti fiscali immediatamente disponibili e
utilizzabili per sostenere amministrazioni locali e imprese nell’immediato.
Gli autori del Programma di Salvezza Nazionale ME-MMT non percepiranno alcuna parcella, le spese
organizzative saranno coperte dalle donazioni libere, mentre l’organizzazione dei singoli eventi sarà
gestita interamente dagli attivisti dei gruppi regionali.

Per informazioni: Angelo Cordaro, coordinatore regionale Comitato Promotore ME-MMT Emilia Romagna, +39 335 6338772; Andrea Gilli, referente GT ME-MMT Ferrara, cellulare +39 328 3064133
http://www.youtube-nocookie.com/v/BRsCvHFP1U0?version=3&hl=it_IT

Una fine inaspettata

Se il disastro immobiliare e il mega debito dell’Irlanda hanno riempito le prime pagine dei più importanti giornali di tutto il mondo, un altra inaspettata conseguenza della recessione economica  irlandese è stata l’abbandono dei cavalli. Durante gli anni del boom economico centinaia di persone hanno comprato cavalli spesso come semplici status symbol di un benessere solo apparente, ma da quando i salari sono stati ridotti, o addirittura dimezzati, molti di quei cavalli sono stati abbandonati  in terreni pubblici. Mantenere un cavallo oggi costa circa 30€ al giorno o più, troppo per una popolazione che sta perdendo giorno dopo giorno il lavoro.

La DSPCA (Società di Dublino per la prevenzione della violenza sugli animali) e l’ISPCA (Società Irlandese per la prevenzione della violenza sugli animali) stimano che circa 20.000 cavalli vagano abbandonati nelle campagne irlandesi. Molti dei quali ormai hanno contratto delle malattie e nel 2010 “49 cavalli sono stati abbattuti, un numero mai raggiunto prima” dichiara Orla Aungier, dirigente del DSPCA. Due luoghi a Dublino sono diventati simbolo di questa drammatica situazione. Il primo è il mercato equino di Smithfield, situato in una vecchia area della capitale irlandese, l’altro è la discarica di Dunsink a nord della contea di Dublino.

Il mercato equino di Smithfield è un mercato oramai illegale e non regolamentato. Qui, ogni prima domenica del mese chiunque, spesso adolescenti o addirittura ragazzini, senza alcuna conoscenza in merito può acquistare e vendere cavalli a volte anche per soli 10€ o addirittura scambiarli con telefoni cellulari e oggetti high tech. I cavalli vengono poi galoppati senza sella sul ciottolato della piazza causando spesso danni agli equini che stendano a mantenere l’equilibrio. La polizia nella maggior parte dei casi rimane a guardare. L’altro luogo dove è possibile misurare la gravità del problema è la discarica di Dunsink dove i tubi di sfiato rilasciano gas dannosi provenienti dal sottosuolo dove sono depositate tonnellate di rifiuti in decomposizione. Qui è possibile trovare decine e decine di cavalli e pony abbandonati, spesso durante la notte, da proprietari che non possono più permetterseli.

A due anni di distanza dalla realizzazione del progetto la situazione per questi cavalli non è per nulla migliorata. Il problema rimane di grande attualità, anche se il governo irlandese non riesce a porre rimedio ad una situazione che, come strana conseguenza, si sta ripercuotendo sugli stessi cittadini irlandesi. E, infatti, notizia recente che da alcune analisi di laboratorio fatte su un campione di hamburger venduti nei supermercati e garantiti come 100% carne bovina irlandese contenesse tracce di carne equina. I due fatti non sono necessariamente legati, ma di certo testimoniano un’altra fine inaspettata di un mercato del bestiame che è in continua evoluzione.

An Unexpected End è un progetto fotografico realizzato nel 2011 dal fotografo freelance Gianpaolo La Paglia durante il workshop in fotografia documentaria presso la Gallery of Photography di Dublino. Il progetto ha riscosso molto successo all’estero con pubblicazioni su magazine cartacei e on-line come Esquire Russia, Lens.blogs.nytimes.com (Blog di fotografia del New York Times), Repubblica.it; è stato inoltre premiato con la medaglia d’argento al prestigioso PX3 – Prix de La Photographie Paris 2011 nella sezione “Feature story” e ricevuto la mansione d’onore all’ IPA – International Photography Award 2011. Nello stesso anno fa parte della collettiva in mostra al Rome International Photo Festival con 100 Click 4 Change presso Palazzo Valentini.

L’intero progetto viene ora presentato per la prima volta in Italia presso la galleria bin11.

Venerdì 1 febbraio 2013 | h 19:30 | bin11 | via Belfiore 22A , TORINO

Per la rassegna fotografica “Reportage from Babylon – I linguaggi del reportage” a cura di Giampiero Vietti, Valeriu Ceobanu e Ivan Catalano, bin11 presenta:

Una Fine Inaspettata/An Unexpected End di Gianpaolo La Paglia

1 – 15 Febbraio 2013

Scialuppe a mare!

di Carlo Bertani

“…Non leggere,

non soffrire, non scrivere, non pagare conti,

vivere come un nobile in rovina

tra le rovine della mia intelligenza.”

Jaime Gil De Biedma – De vita beata – da Antología Poética – Alianza Editorial – Madrid – 1990.

Traduzione di Francesco Dalessandro

Vivere in Italia, oggi, fa venire la voglia di seguire il consiglio di Jaime Gil De Biedma e di ritirarsi in un’anonima dissoluzione del sé, vagando fra le colline ed il mare: osservando tutto, non registrando nulla.

Come si fa, oggi, a parlare dell’Italia?

Mi scuseranno i lettori, ma sono giunto al termine della mia pazienza, della mia sopportazione e del pensiero che, in fondo, “torneremo a riveder le stelle”. Ma quali stelle? In quale eone? Persino Monti dice di vedere la luce in fondo al tunnel, ma sono solo i fari di un TIR che procede in senso opposto.

Come se la luce fosse un qualche spread, un qualche PIL lanciato come una palla da bowling pronta a sbaragliare la fila dei birilli, ed a rendere impareggiabile un giorno fra gli altri.

Bersani e Berlusconi hanno aperto ufficialmente la caccia al voto, ma non sanno nemmeno loro cosa dire, cosa raccontare agli italiani per farli sognare, per imbonirli per l’ennesima volta. Due interviste scialbe, piene di luoghi comuni (copiati) mentre Monti fa capire che, dopo le elezioni, resterà lui: a loro, il compito di spiegare perché sia “un bene” che resti in sella un “tecnico”, questa volta politico. Perché, che differenza fa? Ogni governo è politico, suvvia.

Il primo si limita ad evocare scenari tragici, ed a raccontare che loro avrebbero fatto senz’altro meglio, ma, ma…quando fu il momento non ebbe il coraggio, non se la sentì ed oggi – ogni giorno che passa – il logorio aumenta con un Renzi che lo tallona e gli elettori che gli voltano le spalle. Fra la vera destra di Renzi e quella falsa di Bersani, scelgono la prima.

Il secondo va a tutto campo e se la prende con l’euro, la Germania, la Merkel…dimenticando, dimenticando…lui dov’era?

Un povero vecchio cui manca persino il coraggio di entrare in un bordello, per scegliere fra i seni candidi di una slava – lattei, prorompenti, rassicuranti – e le natiche di una nera, allenati dall’evoluzione ad essere sodi, scattanti, essenziali. Lui, si fa accarezzare da una Minetti acconciata da infermiera sexy, cercando di dribblare con una penosa rimozione, o pessima alchimia trasgressiva, le sue paure, le paure di un vecchio: malattia, morte.

Intanto, Mario Monti tutto macina e tutto trita nel suo incedere: lui preferisce l’appoggio di Obama, del FMI, della Banca Mondiale, delle burocrazie europee, della Germania e se ne frega di quanto blaterino quei due, ridotti – nella realtà – ad un  eterno, biascicante e noioso Bagaglino.

Oggi sono a casa: sciopero. Uno sciopero dell’UGL (!) al quale non ho saputo resistere, perché sull’altro piatto della bilancia c’era una mattinata di lezione ed un pomeriggio di riunioni: ebbene sì, oramai si decide in base all’orario quale sigla sindacale scegliere.

Oggi c’è anche uno sciopero della CGIL, ma solo dell’Università e della Ricerca, la Scuola sciopera il 12 Ottobre: magnifico affresco, per evitare una “massa critica” che possa spaventare chicchessia. Dividere i lavoratori; il compito delle sigle sindacali “embedded” sembra essere proprio questo: fare in modo che si protesti, sì, ma poco, con garbo, per lasciare a loro il compito, dopo, di contrattare. Le briciole.

Intanto, si procede in questo modo schizofrenico: da un lato i richiami e le solite prolusioni di Monti, dall’altra la realtà. Fulgide promesse ed un Paese in ginocchio: i consumi sono crollati al livello del dopoguerra, l’apparato industriale pure.

Eppure, gli italiani reagiscono ma non come spagnoli e greci – ovvero con dignità – bensì nel solito modo: la vicenda della Polverini & Co. non ha suscitato moti di repulsione, non ha fatto gridare allo scandalo, all’eterna ingiustizia, al parossismo di tagli spaventosi al welfare e di un ceto politico che continua a gozzovigliare come vuole.

No, la risposta degli italiani è che “se rubano loro, e così tanto, posso rubare anch’io, nel mio piccolo, s’intende”: nelle piccole aziende c’è quasi il gusto di “fottere” Monti. Si torna all’antico: cosa vuoi? Ecco i due prezzi, con o senza ricevuta. Ovvio che…

Nei luoghi di lavoro si sviluppa una sorta di piccola corruzione molto simile a quella che c’era in URSS: ho rubato questo, t’interessa? Anzi, te lo regalo: sarai tu a sdebitarti come preferirai.

Così inizia una catena di baratti – che è anche curiosa e provvida di significati antichi – che partono da un paio di gomme per auto e terminano con una cassetta d’uva, passando per una cestina di funghi, due sacchi di concime organico, una mola, una cesta di limoni, due contenitori in acciaio inox, tre sacchetti di melanzane congelate…

E’ incredibile come, in queste catene di S. Antonio, ciascuno si libera di qualcosa che ha prodotto o rubato – non fa differenza – nei confronti d’altri che assegnano, invece, un elevato valore d’uso all’oggetto: se hai due gomme di una Cinquecento (dimenticate, fottute, rubate, scambiate…) e non  hai l’automobile, meglio ricevere in cambio una mola cinese (dimenticata, fottuta, rubata, scambiata…)  che può tornare utile.

La morale è oramai un optional: di questo dobbiamo ringraziare Monti, e la sua insipienza nel dimenticare il ceto politico. Basta che votino, del resto non mi fotte un accidente, io metto a posto dei numeri, loro ne rubano altri…embè?

E’ curioso come, da un anno a questa parte, si siano moltiplicati questi comportamenti: dal professionista che non sgarrava una fattura ed oggi evade contento al commerciante che, se non fa parte di una catena, ti fa lo scontrino solo se non ti conosce.

I lavoratori dipendenti sono l’ultimo anello della catena – sarebbe stupido non riconoscerlo – però s’arrangiano anch’essi: devi imbiancare la casa? Quanto vuole l’imbianchino “ufficiale”? Ma sei matto!?! Vieni qui, senti a me…

Ciascuno ha il suo piccolo commercio ai limiti della legalità – sempre borderline, sempre sul confine, sempre piccole cifre che non compaiono, si dileguano, scompaiono nel gran marasma dei ladri di regime – e qui c’è una sorpresa.

Chi è il grande sponsor dei Fiorito & Co.?

Monti.

Sembra strano, vero?

No, non lo è.

Monti ha rinunciato, sin dall’inizio, a leggi restrittive nei riguardi della casta politica: Province cancellate poi “affidate” alle Regioni (hai visto mai…), nessuna legge anti-corruzione, nessun taglio effettivo ai bilanci della politica, niente di niente. S’è limitato ad affermare una sorta di “autogoverno” del Parlamento sui soldi, che s’è visto che fine fanno.

Passera non ha fatto nulla per l’economia, varando piani “Sviluppo Italia 1,2,3…”: sembra quasi Marchionne.

La Fornero non fa più nulla: ha già fatto abbastanza.

Cosa aspetta questa banda di rubagalline?

Che i vecchi partiti si rovinino con le loro stesse mani, poiché sono rubagalline di serie Z, mentre loro arrivano almeno alla C. Ogni giorno uno scandalo, che mostra i suoi effetti mediatici per circa una settimana, poi è pronto quello successivo: una serie di esplosioni controllate, con susseguente boato che fa arrabbiare gli italiani.

I quali, non sanno a che santo votarsi e quindi non succede nulla.

Ci sono Grillo, certo, e Di Pietro, che sembrano fuori della mischia.

La classe politica guarda alla ricetta salvifica di una nuova legge elettorale – dal Procellum al Porcellinum – la quale, se venisse approvata, consegnerebbe l’Italia all’impossibilità di governare, a meno di clamorosi ribaltamenti e d’alleanza innaturali.

Si consegna, mani e piedi, a Calderoli: così, dopo le feste travestiti da porcelli di Fiorito, arriveranno i veri porcelloni, quelli elettorali.

A Mario Monti, della cosa, frega assai poco: ritiene molto improbabile che un’alleanza di partiti raggiunga il 45% (per avere il premio di maggioranza che lo porti al 55%…già…e il Senato?) e si frega le mani.

Il salvatore della Patria designato da Napolitano è lui, che ha stramazzato il Paese facendo ancora crescere il debito pubblico: se è vero che le bugie hanno le gambe corte, Mario Monti dovrebbe oramai camminare con le chiappe.

Domani ci sarà un altro scandalo – tutti noti da tempo – con il quale le rotative – dal Fatto a Libero – ci spiegheranno con dovizia di particolari lo scempio italiano.

Su tutti, l’aquila selvaggia Monti e l’arido scribacchino Napolitano che tramano, aggiungono le virgole ed i paragrafi ad un disegno che di veramente costituzionale ha oramai ben poco: non s’affanni Vendola a biascicare invettive contro il mercato, ci hanno provato prima di lui Foa, Libertini, Cossutta, Bertinotti, Di Liberto…e gli esiti sono stati sempre i soliti.

A sinistra del PCI, PDS, PD ci può essere solo appoggio incondizionato ad un disegno liberista, appena edulcorato con mezzo cucchiaino di zucchero in un litro di caffé amaro: vorremmo che qualcuno si facesse sentire, per affermare chiaramente la primazìa dello Stato sul mercato, della gente sui numeri, della popolazione sulle banche.

Che, quando erano “enti senza fine di lucro”, funzionavano benissimo ed elargivano ottimi stipendi ed una generosa beneficenza: oggi, per avere un mutuo, devi essere già quasi ricco di tuo.

Per questa ragione, per questo silenzio dei tanti e le scarne urla dei pochi, ci viene la voglia di seguire il consiglio di Jaime Gil: “vivere come un nobile in rovina, tra le rovine della mia intelligenza”.

Che nessuno reclama.

http://www.lolandesevolante.net/blog/2012/10/scialuppe-a-mare/

Il secchio senza fondo

http://www.lulu.com/shop/araba-fenice/quaderni-di-terzapaginainfo/paperback/product-20214310.html?showPreview=true

Ci permettiamo di aggiungere una piccola nota al falso problema di uscita o no dall’Euro: anche dentro hanno trovato il modo di tartassarci con l’invenzione dello spread;  finché non ci libereremo della finanza, ci giostreranno come vogliono e solo la politica (da non confondersi con i politici) può farlo.

La casa del vicino

La casa del vicino (in fallimento) è sempre più verde

Una stradina di periferia residenziale negli Stati Uniti. Una casa è stata pignorata dalla banca dopo la scadenza dei termini del riscatto ipotecario ed è vuota; la successiva, invece, è abitata da chi è riuscito a pagare i propri debiti fino all’ultimo, ma, grazie alle nostre predilette banche, è nei guai lo stesso.

Chi perde la casa finisce in miseria, si sa: ora deve pensare a mettersi un tetto sulla testa, ma al tetto di prima almeno deve pensare qualcun altro. Il qualcun altro dovrebbe essere la banca che ne ha acquisita la proprietà, se ne avesse voglia e tempo. Ma nell’economia di una grande impresa bancaria, una casa è un valore esiguo e non merita soldi di manutenzione; si provvederà alle riparazioni prima della vendita, con tanto di cartello “For Sale” davanti.

Il vicino di casa, però, ci perde. La casa abbandonata potrebbe essere facilmente presa d’assalto dalla piccola delinquenza e usata come covo notturno o altro, mettendo a repentaglio la reputazione del quartiere e quindi ribassando il valore delle case vicine. La lesione degli interessi è minima per la banca proprietaria è minima, ma massima per il vicino: la casa è molto probabilmente tutto quello che ha.

Il proprietario ha quindi interesse a interessarsi della manutenzione della casa vicina di proprietà della banca. Chiaro, può sempre tampinare le banca stessa, scrivere petizioni e farle firmare dai comitati di quartiere. Ma ne ha proprio il tempo? Ne ha la forza, dopo aver lavorato dieci ore per non perdere la propria reputazione di produttività? E poi, come risponderà la banca? Molto probabilmente, disinteressandosene del tutto: le case pignorate son tante, se ci si dovesse occupare di tutte…

Perciò ogni sabato il proprietario vicino tranquillo e adempiente presta l’estremo servigio alla banca che ha appena terminato di succhiargli tutti gli interessi possibili sul prestito immobiliare: si rimbocca le maniche, entra nella casa vicina, mette le tendine alle finestre, magari ri-tinteggia le pareti e rasa il prato di fronte per paura che la propria casa, a cui potrà usare le stesse attenzioni solo dopo, perda di valore. Un giorno la banca venderà la casa pignorata a un buon prezzo, dopo che il vicino l’avrà tenuta bene; ma al vicino non spetterà nulla: i servi non si ringraziano.

Corrispondenza di Andrea Malaguti

Simbolo e realtà

Angelo Morbelli (1853-1919)Giorno di festa al Pio Albergo Trivulzio1892Olio su telaCm 78 x 122Parigi, museo d'Orsay© RMN (Musée d'Orsay) / DR

Il Pio Albergo Trivulzio era un ricovero per malati e un ospizio per anziani. Morbelli comincia sin dai primi anni ottanta del XIX secolo ad interessarsi all’atmosfera di questo luogo raffigurando, a più riprese,da diverse angolazioni e con varianti negli effetti di luce, questo ampio salone. Ogni volta, tuttavia, l’artista inserisce nella sua composizione alcune figure di anziani che sono descritti con estrema minuzia.

L’originale di quest’opera è custodito presso il Musée d’Orsay, ma attualmente lo potete ammirare nella mostra sul simbolismo a Padova, di cui abbiamo già parlato in un articolo precedente.

Ma, come probabilmente molti di voi ricorderanno, l’ospizio raggiunse la notorietà con l’arresto del suo presidente Mario Chiesa, primo arrestato di Tangentopoli, il 17 febbraio 1992 (circa vent’anni fa).

Il terremoto politico seguente vide l’ascesa al governo di Giuliano Amato, noto per aver inventato,  tra le altre misure anti-crisi, il prelievo del 6 per mille dai conti correnti degli italiani, nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1992.

Considerando l’analogia con la missione dell’attuale governo, non vi sembra che il quadro del 1892  dia un nuovo significato all’espressione “giorno di festa”?