Vivere o ridere

E il piccolo commerciante del quartiere, lì da una vita, abbassa le serrande perché lui le tasse le paga e altri no. Accordi internazional-mortadelliani! I quaderni, le penne, le squadre, i temperini: tutti dal cinese! Il temperamine buono: 34 euri! Ma siamo matti? Ecco Cin Cian Pai col suo temperamerda che costa cinque euri: questi sono affari! E poi la fatturazione elettronica, i moduli per lo scarico, il sindacato giallo, la monnezza che sbaglia i conti, cinquanta euri di luce, ma il consumo è di sette, l’addizionale-provinciale-ma-non-erano-chiuse-‘ste-province-del-cazzo, il 730 740 770 Unico, via lungo le strade del nulla, all’Ufficio Imposte e Grassazioni a giurare che la tal roba è saldata, ma alla tizia con le unghie laccate non torna il numerino del titolo di credito, dopo quattro ore di fila, 99 canali e niente da guardare, o, forse, mi guardo la faccia da tolla che fa il compagno a 600.000 euri a settimana, va, mi voglio punire, il caffè è amaro, l’affitto è alto, i bar sono luridi, il dente che fa male lo tengo, lo tengo, in verità, da due anni, si è spaccato, me lo tengo in bocca come un feto putrefatto, si gonfia la gengiva maldita, l’alito è cattivo ma il dentista ancor di più, lo spacciatore sotto casa se la ride, piove e non c’è la pensilina, mi rigano la Panda, il marciapiede ha una crosta di sporcizia compatta, ineliminabile, la casa popolare non te la diamo, per la pensione ripassi a settanta, il bancomat mi ha ingoiato la carta, l’assegno è scoperto, il bonifico non parte, IBAN BIC TAEG TAN, l’asilo non te lo diamo, il nido non te lo diamo, la tua vita, se non l’avessi ancora capito, è al nostro servizio, per i nostri affari, quindi paga e basta. E alla fine, il paga e basta che fa? A vedere la sfilata di senegalesi col cellulare largo come una panatina diventa verde, verde scuro, di bile, e il capro è davanti a lui, un caprone negro, e lui, ogni mattino, a vederselo davanti, affila il coltello del risentimento, giorno dopo giorno, l’arrotino del male, e quando si trova l’ennesimo barcone con la lacrima incorporata esplode: negri di merda, tornate a casa! La Sardoni e la Botteri e la Berlinguer piangono: un gommone è affondato! E il nostro Gilet Giallo, dilavato da qualsiasi anelito morale, invece ride, ride della grossa, incita i marosi; e più la lacrima scende più egli ride, di un riso stavolta davvero bestiale, dimentico di tutto, della pietà e dell’avvedutezza; ride, incita, è pronto ad approvare la carneficina, il massacro, l’ecatombe.

estratto da https://alcesteilblog.blogspot.com/2019/02/mamma-li-bianchi.html

Decennale

1 gennaio
Giorgio Gaber – Cantante e attore italiano (1939-2003)
Il 1 gennaio ricordiamo i dieci anni dalla scomparsa di Giorgio Gaber. Chitarrista – impara ad utilizzare lo strumento per riabilitare il braccio sinistro a seguito di un incidente che gli procura una paralisi parziale all’arto – poi cantante e interprete di teatro canzone.
In sala multimediale esponiamo le opere possedute.
Biblioteca Comunale Bassani – via Grosoli 42 – Ferrara
L’inizio di Giorgio Gaber è figlio del jazz e del rock & roll. Siamo nella seconda metà degli anni 50 e la leggenda narra del Santa Tecla, locale un po’ equivoco a due passi dal Duomo di Milano. E’ lì che uno studente della Bocconi, diploma di ragioniere, milanese ma di radici triestine, si trasforma in chitarrista e poi perfino in cantante. D’altronde il “conservatorio”, per una intera generazione di artisti nati intorno alla guerra, è una cantina due metri sotto il marciapiede (ricordate un certo Cavern Club, in quel di Liverpool?) e Gaber non sfugge alla regola. Con lui ci sono Enzo Jannacci, Luigi Tenco, Giampiero Reverberi. Si fa del jazz (c’è anche Paolo Tomelleri), del country & western (il primo gruppo si chiama Rocky Mountains) e si scoprono Bill Haley, Elvis Presley, i Platters. Passano dal Santa Tecla Adriano Celentano (che vorrà Gaber come accompagnatore alla chitarra) e soprattutto Sergio Rapetti in arte Mogol. Sarà lui ad offrire all’incredulo studente il primo contratto discografico. In realtà Gaber sta vivendo una lunga parentesi, un gioco consapevolmente goliardico. Non crede affatto che il suo futuro professionale verrà da queste notti senza fine. Eppure fra la chitarra, il microfono e la vita da orchestrale, si sta formando una parte rilevante dell’artista Gaber. Che a questa prima stagione dovrà molto della sua energia e della sua fisicità sul palcoscenico. Oltre a un’immediatezza di riscontro col pubblico, sera dopo sera, che la generazione successiva dei cantautori non conoscerà se non a carriera avanzata. Apice dell’avventura, probabilmente, l’isterica serata del Primo Festival Nazionale del Rock And Roll, 18 maggio 1957 al Palazzo del Ghiaccio di Milano. E’ la data di nascita ufficiale del teenager italiano, urlante e scatenato come il suo omologo in ogni parte del mondo. Giorgio Gaberscik, in arte Gaber, non ha ancora diciannove anni. (…)
http://www.giorgiogaber.it/