Cronache Buranesi

IL CENTRO DI BURANA NEL 1955, ovvero
FUNERALE CIVILE NELLA “PICCOLA RUSSIA” !

Al di là dell’evento socio-politico di cui parlerò dopo, è molto significativa e preziosa questa prima foto, in quanto raro documento che ci rappresenta dal vero il nostro centro-paese nel luglio del 1955. Alla destra della strada provinciale già asfaltata, notiamo la pesa pubblica davanti all’officina dei f.lli Chiarabelli, seguita dalla tipica sagoma della cabina di proiezione, posta davanti del cinema teatro Fulgor del signor Lodi, con i tabelloni che pubblicizzano i film in programmazione. Segue poi la sequela dei Bar, Galliera, Freddi, Nerina e degli altri negozi di cui ho già dettagliato precedentemente. In fondo, nel Palazzone, sono abbastanza evidenti le tre attività commerciali, Tabacchi, Osteria e Drogheria della famiglia di Eugenio Berlato. Trovo interessantissima la visione degli edifici sulla parte sinistra. Da notare che il primo ad essere edificato fu la Casa del Fascio, attuale caserma CC, nel 1936, quando tutta questa parte era ancora terreno agricolo della grande possessione Zanluca, divisa dalla strada da una folta siepe di rovi che costeggiava un ampio fossato, rimasuglio dell’antico corso del canale Bondiolo che si gettava nel Burana attraverso la storica chiavica del Malaguzzo, a quell’epoca già scomparsa da tempo e nei pressi dov’era la quale, in questa foto di inizio luglio del 1955, vediamo il grande edificio che ha ospitato le famiglie di Umberto e Bruno(Astolfo) Bergamini, con le loro attività di macelleria e forno/panetteria. Tornando verso l’osservatore, si intravvede la Caserma, vuota perchè proprio 5 mesi prima, nel gennaio ’55, la celere intervenuta in massa, aveva sgombrato l’edificio dagli “ocupanti” che ne avevano fatto, dal primo dopoguerra, la sede della Casa del Popolo del paese. Più in qua possiamo osservare la palazzina dove si insediarono i conosciutissimi meccanici mantovani, i fratelli Bianchini, Franco(Luciano) e Lino(Napoleone). Troviamo poi la nuova costruzione dell’invalido di guerra Coletti Orfeo, il quale sarà designato ufficiale di posta del paese e che allestirà e gestirà per alcuni decenni, l’ufficio pubblico proprio al piano terra di questa sua dimora. Accanto si può notare la casa negozio che fu la drogheria dei mantovani Buelloni e attuale Zaniboni. Non era ancora stata edificata l’altra parte di questo edificio che diverrà poi la ferramenta dell’invalido Alfio Grechi, al suo posto ancora le piante di alberi da frutto. Non si vede l’abitazione che esiste a sinistra della strada in primo piano, di cui si vede però il cancello d’entrata, sulla soglia del quale si distingue inconfondibile la sagoma di Giuseppe Mori (Jusfon per gli amici) che con la sua bici sta facendo ritorno presso la sua dimora e officina, essendo egli stato lo storico fabbro del paese, cresciuto professionalmente presso la grande azienda dell’indimenticato Achille Sani che fu appunto anche una preziosa fucina dei tanti artigiani del paese che si fecero le ossa proprio al servizio dello storico magnanimo proprietario terriero della Cà Verde.
Ora veniamo all’evento documentato nella foto, trattasi del funerale di Saverio Bagnolati, morto a soli 49 anni e che era cugino del Luigi Bagnolati che nel ’21 a Livorno, assiema a Gramsci, Togliatti e all’altro buranese della via Bassa, Spero Ghedini, fondarono il Partito Comunista d’Italia. Come si vede non ci fu il supporto religioso alla mesta cerimonia che era accompagnata dalle bandiere rosse del partito, abbrunate. Viene inevitabilmente alla mente un altro funerale simile ma molto più movimentato, sempre di quel periodo. Per l’estremo saluto alla salma di un certo Casari, era stato garantito al prete di allora, il dinamico Don Enzo Beccati, che al rito funebre non sarebbe stato presente alcun simbolo di partito. Non fu così. Quando al corteo si accodarono le badiere rosse con la falce e martello, un inviperito Don Enzo prese energicamente per un braccio il chierichetto che gli stava accanto, l’attuale vivo e vegeto C.DV. (che proprio ieri mi ha confermato la sequenza nei dettagli) e una volta recuperato l’altro chierichetto che apriva il corteo con il Crocefisso, furente se ne tornò in canonica, abbandonando il mesto corteo al suo destino. Il nostro indomito “Don Camillo buranese” non aveva dunque niente da invidiare al suo più famoso collega di Brescello descritto dalla penna di Guareschi. La nomea di “Piccola Russia” il paese di Burana non se l’è conquistata a caso e ce lo conferma pure, nel suo libro sulla storia della nostra frazione, “Burana 1861-2011”, scritto con il comandante Edmo Mori, l’ex sindaco Bracciano Lodi : “Burana paese, a causa del folto gruppo antifascista di area socialista e poi comunista, politicamente guidato prima da Luigi Bagnolati e poi da Spero Ghedini, ancor più di Pilastri, Gavello e Scortichino, nei quali la reazione al regime è stata ugualmente tenace, nella convinzione collettiva e di chi ha retto il potere dopo gli anni Venti, si è guadagnato il titolo di “Piccola Russia”. Tale convincimento potrebbe essere una delle cause, se non la principale, in forza della quale, a metà degli anni Trenta, quando il Partito Nazionale Fascista, ….., ha decretato, che proprio a Burana, doveva essere costruita una Casa del Fascio”.
Ma anche dal primo dopoguerra erano in molti quelli che consideravano Burana una sorta di enclave comunista, arrivando a marchiare indelebilmente con la “falce e martello” addirittura la chiesa del paese del “povero” Don Enzo che indomito celebrò il primo matrimonio del dopoguerra unendo la coppia buranese Ido Poletti e Onelia Paganini che posaro per questa storica foto davanti il portone della chiesa, sotto l’egida del simbolo comunista, come mostra chiaramente la foto.

* Ringrazio vivamente l’amico Alan Vincenzi per la gentile concessione delle prime due foto, riguardanti il funerale di suo nonno.

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Lorenzo Berlato