Il complesso edilizio

«In questo blocco si raccoglie un coacervo di forze che fa pensare ad alcune pagine del 18 brumaio di Luigi Bonaparte. Ci sono tutti: residui di nobiltà fondiaria e gruppi finanziari, imprenditori spericolati e colonnelli in pensione proprietari di qualche appartamento, grandi professionisti e impiegati statali incatenati al riscatto di una casa che sta già deperendo, funzionari e uomini politici corrotti e piccoli risparmiatori che cercano nella casa quella sicurezza che non riescono ad avere dalla pensione, oppure che ritengono di risparmiare in avvenire sul fitto pagando intanto elevati tassi di interesse, grandi imprese e capimastri, cottimisti ecc. Un mondo nel quale, all’infuori di poche sicure coordinate (quelle di sempre, della potenza economica e del potere politico) vasta è l’area magmatica delle improvvise fortune e della prigione, del triste esproprio (pensiamo solo alla sorte di molti piccoli proprietari di case a fitto bloccato). Un mondo, però, che si tiene saldamente insieme strumentalizzando – per rafforzare i più solidi legami di interesse economico – il fanatismo dell’ideologia della casa, la drammatica necessità di ottenere una casa anche a costo di sacrifici, la necessità di avere un lavoro: il contadino fattosi edile, di fronte alla minaccia di non lavorare, è naturalmente portato a considerare inutili e dannose sottigliezze tutti i perfezionamenti democratici dei regolamenti edilizi. Il fatto che questo sistema non sia in grado di dare la casa a tutti finisce con l’essere la condizione di forza del “complesso edilizio”» (Valentino Parlato, Il complesso edilizio, 1970).

Il “complesso edilizio” non fu sconfitto. Sembrò averlo incrinato la poderosa spallata data nel biennio 1968-69 da un blocco alternativo di forze sociali, che andava dagli studenti, alle donne, ai lavoratori delle fabbriche e degli uffici. Quella spallata che culminò nel grande sciopero generale nazionale per la casa, i trasporti, l’urbanistica e il Mezzogiorno del 19 novembre 1969. Un mese dopo, il 12 dicembre dello stesso anno, cominciarono ad esplodere le bombe del terrorismo.

Fonte: http://archivio.eddyburg.it/article/articleview/16079/0/15/

La casa del vicino

La casa del vicino (in fallimento) è sempre più verde

Una stradina di periferia residenziale negli Stati Uniti. Una casa è stata pignorata dalla banca dopo la scadenza dei termini del riscatto ipotecario ed è vuota; la successiva, invece, è abitata da chi è riuscito a pagare i propri debiti fino all’ultimo, ma, grazie alle nostre predilette banche, è nei guai lo stesso.

Chi perde la casa finisce in miseria, si sa: ora deve pensare a mettersi un tetto sulla testa, ma al tetto di prima almeno deve pensare qualcun altro. Il qualcun altro dovrebbe essere la banca che ne ha acquisita la proprietà, se ne avesse voglia e tempo. Ma nell’economia di una grande impresa bancaria, una casa è un valore esiguo e non merita soldi di manutenzione; si provvederà alle riparazioni prima della vendita, con tanto di cartello “For Sale” davanti.

Il vicino di casa, però, ci perde. La casa abbandonata potrebbe essere facilmente presa d’assalto dalla piccola delinquenza e usata come covo notturno o altro, mettendo a repentaglio la reputazione del quartiere e quindi ribassando il valore delle case vicine. La lesione degli interessi è minima per la banca proprietaria è minima, ma massima per il vicino: la casa è molto probabilmente tutto quello che ha.

Il proprietario ha quindi interesse a interessarsi della manutenzione della casa vicina di proprietà della banca. Chiaro, può sempre tampinare le banca stessa, scrivere petizioni e farle firmare dai comitati di quartiere. Ma ne ha proprio il tempo? Ne ha la forza, dopo aver lavorato dieci ore per non perdere la propria reputazione di produttività? E poi, come risponderà la banca? Molto probabilmente, disinteressandosene del tutto: le case pignorate son tante, se ci si dovesse occupare di tutte…

Perciò ogni sabato il proprietario vicino tranquillo e adempiente presta l’estremo servigio alla banca che ha appena terminato di succhiargli tutti gli interessi possibili sul prestito immobiliare: si rimbocca le maniche, entra nella casa vicina, mette le tendine alle finestre, magari ri-tinteggia le pareti e rasa il prato di fronte per paura che la propria casa, a cui potrà usare le stesse attenzioni solo dopo, perda di valore. Un giorno la banca venderà la casa pignorata a un buon prezzo, dopo che il vicino l’avrà tenuta bene; ma al vicino non spetterà nulla: i servi non si ringraziano.

Corrispondenza di Andrea Malaguti