Cosa mangeremo domani

Il commissario europeo per l’agricoltura, Janusz Wojciechowski, ha detto dell’agenda verde Farm to Fork: “Gli agricoltori dovranno trasformare radicalmente i loro metodi di produzione e fare il miglior uso delle soluzioni tecnologiche, digitali e spaziali per inaugurare la nuova transizione agricola.” Quindi hanno in mente una trasformazione radicale. Già questo suona minaccioso.

Portare la quota di agricoltura biologica senza pesticidi al 25% del totale dell’UE e, allo stesso tempo, ridurre l’uso dei pesticidi chimici del 30% entro il 2030 suona bene per i disinformati. Come l’affermazione di Monsanto e dell’industria degli OGM secondo cui le colture OGM ridurrebbero la necessità di utilizzare pesticidi, anche questa è una bugia. L’UE la sta usando come esca per introdurre un cambiamento radicale nelle severe regole in vigore nell’UE, per consentire l’approvazione in agricoltura di piante e animali geneticamente modificati. Nel suo documento del maggio 2020 sul Green Deal Farm to Fork, l’UE affermava che la Commissione sta “conducendo uno studio che esaminerà il potenziale delle nuove tecniche genomiche per migliorare la sostenibilità lungo la catena di approvvigionamento alimentare.” Questo significa gene-editing, modificazione genetica tramite CRISPR/Cas9.

Le nuove tecniche genomiche

Nell’aprile di quest’anno, la Commissione UE ha pubblicato uno studio sulle nuove tecniche genomiche (NGT). Le NGT consentono di produrre piante e persino animali modificati geneticamente. Il rapporto sostiene che le NGT, “tecniche per alterare il genoma di un organismo, hanno il potenziale per contribuire ad un sistema alimentare più sostenibile come parte degli obiettivi del Green Deal europeo e della strategia Farm to Fork.” Il rapporto chiede un “dibattito pubblico” per cambiare le severe leggi dell’UE sull’approvazione delle colture OGM che richiedono test approfonditi e l’etichettatura delle colture OGM.

Quella legge del 2001 ha limitato con successo l’uso degli OGM in tutta l’UE, in contrasto con gli Stati Uniti, dove gli OGM non regolamentati sono dominanti in tutte le colture chiave. Nel 2018, la Corte di giustizia europea, il tribunale dell’UE, aveva stabilito che le colture geneticamente modificate avrebbero dovuto essere soggette agli stessi rigorosi regolamenti degli organismi geneticamente modificati (OGM) di prima generazione. La chiave dell’agenda di Davos e della Farm to Fork dell’UE è una riduzione radicale nell’uso dei pesticidi, da sostituire con colture geneticamente modificate, presumibilmente in grado di resistere ai parassiti senza far uso di pesticidi.

La Commissione UE, in combutta con Bayer-Monsanto e altri della lobby dell’agribusiness degli OGM, sta lavorando alacremente per rimuovere questa restrizione giudiziaria. La commissaria per la salute e la sicurezza alimentare, Stella Kyriakides, ha detto, riferendosi allo studio UE di aprile: “Lo studio che pubblichiamo oggi ha concluso che le Nuove Tecniche Genomiche possono promuovere la sostenibilità della produzione agricola, in linea con gli obiettivi della nostra strategia Farm to Fork.” Nuove tecniche genomiche è un eufemismo per colture geneticamente modificate.

Il vicepresidente dell’UE responsabile per il Green Deal, Franz Timmermans, ha ammesso apertamente che promettere enormi tagli ai pesticidi è solo l’esca, lasciando intendere che il vero obiettivo è l’abolizione delle restrizioni sul gene-editing. In una recente conferenza alla Settimana Verde dell’UE ha detto che l’UE mira a dare agli agricoltori gli strumenti per praticare un’agricoltura di precisione e per sfruttare le scoperte scientifiche nell’ottimizzazione delle sementi: “è così che limiteremo la nostra dipendenza dai pesticidi.” L’agricoltura di precisione e le scoperte scientifiche per l’ottimizzazione delle sementi sono l’eufemismo di Bruxelles per l’introduzione massiccia del gene-editing non regolamentato. Secondo Timmermans: “Passare all’agricoltura ecologica non significa che dovremo brucare l’erba e vivere nelle caverne, dobbiamo usare le ultime tecnologie per arrivarci.” Questo significa gene-editing CRISPR.

Tradotto in parole povere, il vero scopo di Farm to Fork è un prossimo ribaltamento della sentenza della Corte di giustizia europea del 2018, che assoggetta le piante e gli animali modificati geneticamente tramite CRISPR alle stesse severe regole del “principio di precauzione” usato per gli OGM. Senza restrizioni, le aziende di gene-editing come Bayer-Monsanto saranno libere di introdurre nella nostra dieta, e senza etichettatura, piante e animali geneticamente modificati, sperimentali e senza test di sicurezza.

Un tale regime di gene-editing libero esiste già negli Stati Uniti, dove l’USDA e i regolatori permettono la produzione di olio di soia modificato geneticamente tramite CRISPR, funghi che non scuriscono, grano con più fibre, piante di pomodoro a resa maggiorata, canola resistente agli erbicidi e riso che non assorbe l’inquinamento del suolo in fase di crescita. I progetti statunitensi di modificazione genetica su pesci e animali tramite CRISP ne includono di discutibili, come mucche che partoriscono solo vitelli maschi, maiali che non hanno bisogno di castrazione, mucche da latte senza corna e pesci gatto a crescita potenziata, usando il CRISPR per aumentare il numero delle loro cellule muscolari. Fa venire l’acquolina in bocca…

CRISPR. Il rischio è grande, i vantaggi no

La maggiore spinta lobbistica alla rimozione dei regolamenti UE sulle colture e sugli animali geneticamente modificati viene da Bayer-Monsanto e dagli altri giganti dell’agribusiness OGM, tra cui Syngenta, BASF e Corteva di DowDupont. Nel novembre 2020 Liam Condon,  presidente della divisione ‘Scienza delle colture’ di Bayer-Monsanto, aveva dichiarato ad una conferenza della Bayer Future of Farming, che Bayer stava facendo “intense pressioni” per modificare i regolamenti OGM dell’UE e liberalizzare l’editing genico. Condon aveva affermato, “[Stiamo] facendo intense pressioni, perchè i regolamenti dovrebbero mettersi al passo con la tecnologia e consentire l’utilizzo di questa tecnologia, [non solo] a beneficio degli Europei, ma anche di tutti quelli che, nel mondo, guardano all’Europa per i regolamenti.” Condon aveva definito l’editing genico e la tecnologia CRISPR un “incredibile passo avanti” che avrebbe permesso all’agricoltura di essere più sostenibile. Ciò che aveva omesso è che la deregolamentazione delle colture geneticamente modificate permetterà a Bayer-Monsanto e alle altre grandi multinazionali degli OGM di far pagare agli agricoltori i loro semi “sostenibili” brevettati.

Il gene-editing delle piante o degli animali non è per nulla privo di rischi come sostenuto. La tecnologia non è affatto precisa o controllata e spesso ha esiti imprevisti, come un’alterazione genetica o l’aggiunta involontaria di DNA estraneo proveniente da altre specie (o addirittura di interi geni estranei) nel genoma degli organismi geneticamente modificati.

Questa è ancora una tecnologia nuova e sperimentale. I suoi fautori, come Bayer-Monsanto, sostengono che l’editing genico delle piante è preciso. Ma la ricerca ritiene questa affermazione tutt’altro che provata. La dottoressa Allison K Wilson del Bioscience Resource Project, afferma che “i metodi di editing genico delle piante possono anche introdurre UT (Unintended Traits o danni genetici)… nuove prove, sia su animali che su piante, indicano che l’editing genico stesso può provocare mutazioni non volute al sito di destinazione o nelle sue vicinanze. Queste includono l’inserimento di vettori, batteri e DNA superfluo, e l’introduzione involontaria di grandi delezioni e riarrangiamenti del DNA.”

Questi non sono difetti di secondaria importanza da poter essere ignorati. La Wilson conclude che “i risultati dell’editing genico delle piante sono imprecisi e imprevedibili, e,  a seconda della combinazione di tecniche utilizzate, l’editing genico può essere altamente mutageno. Anche se, un giorno, fosse in teoria possibile creare una coltura geneticamente modificata che soddisfi i requisiti generali dell’agricoltura sostenibile, in pratica, sembra assai improbabile che questo possa mai accadere.”

Secondo un’analisi della politica Farm to Fork dell’UE da parte di Global Ag Media, “l’effetto di queste strategie sarà una riduzione senza precedenti della capacità produttiva dell’UE e del reddito dei suoi agricoltori. Tutti i settori mostrano cali di produzione dal 5% al 15%, con i settori dell’allevamento tra i più pesantemente colpiti… Nel frattempo, qualunque sia lo scenario, i prezzi di produzione mostrano un aumento netto di circa il 10% con un impatto negativo sui redditi della maggior parte degli agricoltori.” Il sindacato degli agricoltori dell’UE, il Copa-Cogeca, avverte che questa politica si tradurrà in una riduzione senza precedenti della capacità agricola [dell’UE]. Ma questo è il vero intento dell’”agricoltura sostenibile.”

Davos e il Farm to Fork dell’UE

La radicale agenda verde Farm to Fork  dell’UE trova la sua eco nel Forum economico mondiale di Davos che, già nel 2014, aveva promosso quello che aveva definito “Enabling Trade: From Farm to Fork.” Un rapporto del WEF del gennaio 2018 affermava: “Le tecnologie di gene-editing, come CRISPR-Cas, potrebbero fornire il mezzo per ottenere miglioramenti multi-trait, producendo un cambio di passo nella produttività e migliorando al contempo la resistenza alla siccità e il contenuto nutrizionale del cibo.”  Questo è stato fatto insieme a McKinsey & Co come parte del WEF Food Security and Agriculture Initiatives e il loro Grande Reset. I partner del WEF Forum includono Bayer, Syngenta, BASF. Secondo il sito web del WEF, “Il World Economic Forum nel suo meeting annuale a Davos, nel gennaio 2020, ha fatto incontrare i leader dell’industria e del business con il vicepresidente esecutivo, Frans Timmermans, allo scopo di studiare le strategie su come catalizzare il Green Deal europeo.” Era presente anche Liam Condon di Bayer, così come i CEO di Syngenta e BASF.

Se il settore agricolo dell’UE viene integrato nel regime degli OGM geneticamente modificati e, di conseguenza, la sua produzione radicalmente ridotta, questo porterà ad una sempre maggiore scarsità di cibo in tutto il mondo. Questo è il piano di Davos, che procede insieme al programma eugenetico COVID-19 e al Grande Reset.

Chiamarlo Farm to Fork lo fa sembrare innocuo. Chiaramente, non lo è.

Fonte: journal-neo.org
Link: https://journal-neo.org/2021/09/29/farm-to-fork-how-the-eu-and-the-davos-cabal-plan-to-control-agriculture/
29.09.2021
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

Autarchia

zuccherificioLa crisi del Covid19 ha messo in luce alcune verità che nessuno osava rivelare, ma tutto sommato latenti nell’inconscio collettivo. I grandi ragionamenti sulla solidarietà globale e sull’amicizia senza confini sono velocemente stati smentiti da una realtà in cui gli stati, principalmente in Europa, si sono messi a litigare per le forniture di mascherine, cercando di rubarsele l’un l’altro senza troppi scrupoli. Qualche secolo fa nell’Atlantico, i corsari fedeli all’Inghilterra depredavano le navi spagnole, oggi Italia, Francia e Germania si litigano i presidi medici.

Questa situazione disvela una verità ben più grande. In tempi di magra, ogni governo fa per sé e, prima di aiutare gli altri, pensa ai propri connazionali. Ciò che un tempo era logico, ora fa sobbalzare dalla sedia come sardine. Dunque, è ora di pensare al nostro futuro in un mondo che nei prossimi anni potrebbe essere un po’ meno globale di come lo conosciamo, aspettandoci che un giorno la lotta non sia per le mascherine, ma per la farina, il latte, la frutta. Chi garantisce infatti che i produttori stranieri a cui oggi abbiamo demandato una parte importante della nostra produzione alimentare, in tempi di magra, smettano di produrre per noi e inizino a produrre, banalmente, per i loro vicini?

E’ ora di urlare a gran voce un’ulteriore e scomodissima verità. L’Italia non è autosufficiente in campo alimentare. Il Bel Paese compra all’estero materie prime di ogni tipo, basti pensare che non produciamo neanche tutto il grano che mangiamo, ma ne importiamo circa il 30%. Stesso discorso per settori in cui non dovremmo avere bisogno di nessuno, fra cui pomodoro, latte, olio o barbabietole da zucchero. Appare chiaro che un sistema che non produce ciò che mangia è preda delle tempeste economiche, dei prezzi che salgono o scendono senza controllo e rischia, soprattutto, di non avere i mezzi produttivi adeguati per fare fronte a crisi economiche di lunga durata.

La contrazione del settore agricolo e dell’allevamento è soprattutto un disastro dal punto di vista occupazionale, perché proprio l’ambito che dovrebbe fornire una maggiore sicurezza e stabilità lavorativa a tutte le fasce di popolazione, viene inesorabilmente meno.
Si tratta di un problema sociale, perché i borghi rurali si spopolano e laddove sorgevano decine di cascine ne sopravvivono pochissime sempre più in difficoltà. Le terre diventano aride, il paesaggio e la qualità della vita peggiorano.

Economia. L’Italia torni a produrre ciò che mangia: la sfida del ritorno all’agricoltura

Agricoltura naturale

L’agricoltura naturale non crea un PIL elevato ma sicuramente aumenta il BIL (benessere interno lordo).

Per avere successo con l’agricoltura naturale è indispensabile rendere il terreno sempre più fertile. Per ottenere questo risultato è necessario che ci sia sempre materia organica in decomposizione, come avviene nel bosco. Questo fa sì che il terreno si arricchisca di microorganismi, che rappresentano l’indice di fertilità del suolo. È indispensabile incrementare il più possibile la biodiversità del luogo con più essenze vegetali, fiori, alberi, in modo che vengano attirati anche tanti insetti, uccelli, rettili, anfibi. È necessario mantenere un equilibrio naturale dove ogni insetto e/o animale ha il suo naturale predatore.

Di recente ho conosciuto Charles e Perrine di La Ferme Du Bec Hellouin in Francia. Hanno un’azienda agricola di circa 3 ettari dove lavorano 8 persone. In proporzione in 100 ettari potrebbero essere impiegate oltre 250 persone e si spartirebbero l’introito che, in un’azienda agricola artificiale, viene girato all’industria meccanica, petrolifera e chimica. I loro terreni sono coltivati solo manualmente e nonostante inizialmente fossero molto poveri oggi proliferano di vita. Riescono a produrre in pochissimo spazio un enorme quantità di frutta e di verdure e i loro prodotti sono ricercati dai migliori chef del territorio, i quali sono in grado esaltarne le incredibili proprietà organolettiche. In pochi anni hanno dimostrato al mondo, come il loro modo di fare agricoltura senza chimica e senza macchine a combustibili fossili, potrebbe sfamare l’intera umanità e sostenere anche un importante crescita demografica. La loro azienda non produce rifiuti, non inquina l’acqua e l’aria e, nonostante ciò, produce molto più reddito di quello che potrebbe fare un’azienda industriale. Qual è il loro segreto? Una grande conoscenza della biologia, della chimica e della botanica grazie a tanti anni di studi e prove sul campo.

Quello che oggi succede con l’agricoltura purtroppo accade in egual modo con gli esseri umani, ma forse facciamo più fatica a comprenderlo e proprio per questo l’agricoltura naturale può essere un nuovo portale, una direzione che può cambiare le nostre vite. Non esiste alcuna differenza fra un farmaco e un pesticida, se non che uno inquina l’essere umano e l’altro inquina la terra. In continuazione veniamo bombardati da una propaganda, spesso occulta, che ci induce sempre più ad allontanarci dalla vita naturale. L’uomo ha vissuto per centinaia di migliaia di anni come parte della Natura: ora, nel giro di pochi decenni, si è trovato a vivere in mezzo a cemento, asfalto, inquinamento, onde elettromagnetiche, smog, facendo cose che non aveva mai fatto prima, entrando a contatto con prodotti chimici di ogni sorta che non aveva mai conosciuto prima… fino al punto che oggi parliamo di Natura come un elemento terzo rispetto a noi stessi.

https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=61017

Agro-business

Dopo gli anni ’50, negli USA l’allevamento di maiali, vacche, bovini e pollame diventò gradualmente industrializzato. I pulcini vennero confinati in spazi così minuscoli che potevano appena stare in piedi. Per farli crescere più in fretta vennero riempiti di antibiotici e nutriti di mais e soia OGM. Secondo il Consiglio per la Difesa delle Risorse Naturali, l’80% degli antibiotici venduti negli Stati Uniti viene usato negli allevamenti animali, non dagli esseri umani. Gli antibiotici vengono somministrati agli animali mescolati al cibo o all’acqua, per accelerare la crescita. Dopotutto, il tempo è denaro. Gli agricoltori tradizionali, com’era stato mio nonno in Nord Dakota, vennero in gran parte fatti lasciare la terra dalle politiche del ministero per l’agricoltura, che hanno favorito l’industrializzazione senza curarsi della qualità del cibo risultante. I trattori diventarono macchine mastodontiche computerizzate, guidate dal GPS. Un trattore così poteva essere telecomandato e fare il lavoro di molti agricoltori. Il risultato finanziario è stato favoloso… per gli industriali come ADM, Cargill, Monsanto e per i venditori come Kraft, Kelloggs, Nestle, Unilever, Toepfer e Maggi. Il modello americano di agrobusiness Rockefeller-Harvard venne globalizzato a partire dai negoziati del GATT tenutesi in Uruguay a fine anni ’80 per la liberalizzazione del commercio, nei quali l’Unione Europea abbandonò la tradizionale protezione degli agricoltori locali per favorire il libero commercio. Mentre i negoziati del GATT stavano per dare ai giganti statunitensi dell’agrobusiness quello che volevano (ovvero la libertà di violentare l’UE e altri mercati agricoli con i loro prodotti industriali, e di distruggere milioni di agricoltori europei che avevano coltivato la terra con passione per generazioni) mi recai a Bruxelles per intervistare da giornalista un burocrate UE di alto livello, responsabile per l’agricoltura. Sembrava ben istruito, era multilingue, danese di nascita. Ebbene, questi argomentò in difesa del libero commercio, dichiarando: “Perché dovrei pagare tasse in Danimarca per permettere agli agricoltori bavaresi di restare sul mercato con i loro appezzamenti minuscoli?” La risposta, che allora tenni per me, è: semplicemente perché l’agricoltore familiare tradizionale è il solo adatto a fare da intermediario tra noi e la natura e a produrre cibo sano per gli uomini e gli animali. Nessuna macchina può sostituire la devozione e passione personale che ho visto ogni volta in tutti gli agricoltori che ho incontrato, i quali davvero si prendono cura del loro bestiame e raccolto. Ora la stessa gente molto ricca e molto arida, quelli che io chiamo gli “oligarchi americani”, sta sistematicamente facendo tutto il possibile per distruggere la qualità del cibo.

leggi tutto su https://www.controinformazione.info/perche-i-rockefeller-cercano-di-distruggere-gli-agricoltori/

*F. William Engdahl è un consulente e docente di rischi strategici; laureato in politologia alla Princeton University e autore di best-seller sul petrolio e la geopolitica. Fonte: Journal-neo Traduzione: Anacronista

Di chi è la terra?

Dal rapporto emerge un dato insospettabile: in Europa il 3% dei proprietari di terreni agricoli detiene il 50% di tutte le superfici agrarie; una situazione paragonabile a quanto avviene attualmente in paesi come il Brasile, la Colombia e le Filippine. Dopo Ungheria, Romania, Serbia e Ucraina, multinazionali e fondi sovrani stranieri hanno infatti spostato il mirino verso l’Europa occidentale: dapprima i cosiddetti Pigs, con in testa regioni come l’Andalusia e la Catalogna, poi Germania, Francia e Austria sono diventati oggetto di speculazione economico-finanziaria da parte dei colossi attivi nell’agro-business, degli hedge fund, delle aziende cinesi in espansione e degli oligarchi russi.

E l’Unione Europea? Certo in questi anni, con la Politica agraria comune, non ha frenato il diffondersi del fenomeno; anzi, lo ha favorito tramite l’elargizione di sussidi destinati quasi esclusivamente alle grandi aziende agricole. Una politica non lungimirante che da un lato ha di fatto impedito l’ingresso nel mercato agricolo di nuovi soggetti (piccoli proprietari in grado di contrastare lo strapotere dei “big”), dall’altro ha confermato una volta di più quanto il Vecchio Continente sottostimi il problema della terra, che non viene considerata alla stregua di un bene comune.

estratto da http://www.limesonline.com/il-land-grabbing-arriva-in-europa/47647

Siamo in guerra

http://www.youtube-nocookie.com/v/d9-rd-BoSYQ?version=3&hl=it_IT&rel=0

“Siamo in guerra, i nostri politici sono come il comandante Schettino: rimangono a guardare mentre la nave affonda”. Queste sono le parole di Beppe Grillo durante la presentazione del suo libro a Roma. “I partiti sono morti e la gente presto impugnerà un fucile”. Ecco l’intervista di Francesca Fagnani a Grillo.

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