Oltre l’emergenza

Monica Boccardi12 gennaio 2022Oltre l’emergenza

Il primo aprile sarebbe stata una data più adatta per la pubblicazione del decreto legge numero 1, uscito sulla Gazzetta Ufficiale il 7 gennaio del 2022. Agli occhi di un giurista, infatti, sembra più uno scherzo, strutturato in modo da far perdere il senno anche al più preparato e intelligente degli addetti ai lavori. Poiché il tempo e lo spazio sono ridotti, ci limiteremo alla disamina di un paio di contraddizioni che riguardano le date di scadenza delle misure previste dal nuovo decreto, sorvolando sulle ben più gravi contraddizioni di merito, che sono talmente evidenti da non aver neppure bisogno si essere commentate.

Al momento attuale, grazie al Dl numero 221/2021 (non ancora convertito in legge), lo stato di emergenza (rectius di eccezione) causato dal Covid- 19 è stato nuovamente prorogato dal 31 dicembre 2021 al 31 marzo 2022, in palese violazione del Decreto legislativo numero 1/2018 (Codice dalla Protezione civile). Anche ammettendo che una fonte (quasi) equivalente possa ignorare impunemente i termini massimi previsti dal codice della Protezione civile, già ampiamente consumati, va da sé che ogni misura collegata, giustificata e motivata dall’emergenza stessa debba avere come termine ultimo di validità per la sua legittimità, quello attualmente previsto per il termine dell’emergenza. Infatti, diversamente, la normativa andrebbe considerata non emergenziale ma di natura ordinaria e ciò renderebbe illegittima la sua emissione con lo strumento del Decreto legge, vincolato all’urgenza di predisporre strumenti normativi disciplinanti situazioni contingenti che non possano attendere i tempi dell’iter legislativo normale.

Ma, scorrendo il Dl 1/2022, si scopre che in molteplici dei suoi articoli la scadenza prevista per le misure ivi contemplate non è quella del 31 marzo, bensì quella del 15 giugno 2022, cioè ben due mesi e mezzo oltre lo spirare dell’emergenza Covid-19. Ma questo, se porta a ritenere illegittima la previsione normativa in emergenza, potrebbe essere giustificato come un refuso, se non fosse per la contemporanea presenza di contradditorie previsioni che accavallano il termine del 15 giugno con quello del 31 marzo, in più di una fattispecie. E non solo a causa del solito strumento (assai deplorevole) della legislazione per richiamo ad altri provvedimenti, ancora una volta utilizzato a piene mani, col risultato di rendere ancora più difficoltosa la lettura e la comprensione della normativa, ma anche per la presenza, all’interno del Dl 1 stesso, di sovrapposizioni cronologiche incongrue e ingiustificate. Vediamo le principali.

L’articolo 1 Dl 1/22 introduce nuovi articoli al Dl 44/21, già convertito, che già prevedeva l’obbligo vaccinale per i sanitari, cui si era aggiunto quello per docenti e forze dell’ordine (Dl 172/21 non ancora convertito). Il novello articolo 4 quater recita: “Dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e fino al 15 giugno 2022, (… omissis), l’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da Sars-Cov-2, di cui all’articolo 3-ter, si applica ai cittadini italiani (… omissis) che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età, fermo restando quanto previsto dagli articoli 4, 4 -bis e 4-ter”.

Anche il successivo novello articolo 4 quinquies, relativo all’accesso sui luoghi di lavoro pubblici e privati con certificazione di vaccinazione obbligatoria per i soggetti obbligati, fa riferimento alla scadenza del 15 giugno, in particolare, esplicitamente, col rinvio contenuto nella parte finale del comma 4° secondo cui “per le imprese, fino al 15 giugno 2022, si applica l’articolo 9-septies, comma 7, del medesimo decreto legge numero 52 del 2021”.

Il lettore, ovviamente, ha necessità di conoscere il contenuto dell’articolo 9 septies comma 7, per sapere che cosa prescriva. Ebbene, esso recita: “Nelle imprese, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata di cui al comma 6, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni lavorativi, rinnovabili fino al predetto termine del 31 marzo 2022, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro per il lavoratore sospeso”.

Ovviamente, si pensa che il contrasto fra i due diversi termini sia dovuto al rimando a una norma precedente, con un termine calibrato sulla scadenza dell’emergenza, che ci si sia dimenticati di coordinare. Invece, approfondendo, si scopre che l’originario comma 7 dell’articolo 9 septies del Dl 52/21 è stato sostituito, dall’articolo 3 comma 1, lettera c Dl 1/22, proprio col testo sopra richiamato, contenente la previsione del termine del 31 marzo per la possibilità di sostituzione del lavoratore sospeso per inadempimento dell’obbligo vaccinale, senza conseguenze disciplinari e con conservazione del posto di lavoro. Il che lascia il dubbio circa la possibilità di licenziamento e procedimento disciplinare, nell’inottemperanza all’obbligo vaccinale che si prolunghi oltre il 31 marzo 2022. Mero errore o voluta incongruenza?

Ma questo è nulla. Infatti, tornando al testo dell’articolo 4 quinquies, si legge al comma 1: “A decorrere dal 15 febbraio 2022, i soggetti di cui agli articoli 9-quinquies, commi 1 e 2, 9-sexies , commi 1 e 4, e 9-septies, commi 1 e 2, del decreto legge 22 aprile 2021, numero 52 (… omissis), ai quali si applica l’obbligo vaccinale di cui all’articolo  -quater, per l’accesso ai luoghi di lavoro nell’ambito del territorio nazionale, devono possedere e sono tenuti a esibire una delle certificazioni verdi Covid-19 di vaccinazione o di guarigione di cui all’articolo 9, comma 2, lettere a) , b) e c-bis ) del decreto legge numero 52 del 2021. (… omissis) I lavoratori di cui ai commi 1, nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde Covid-19 di cui al comma 1 o che risultino privi della stessa al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, fino alla presentazione della predetta certificazione, e comunque non oltre il 15 giugno 2022”.

Chi sono i “i soggetti di cui agli articoli 9-quinquies, commi 1 e 2, 9-sexies, commi 1 e 4, e 9-septies, commi 1 e 2, del decreto legge 22 aprile 2021, numero 52”? Per scoprirlo, bisogna andare a leggere i relativi articoli del Dl 52/21 e si scopre quanto segue. L’articolo 9 quinquies recita: “Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 marzo 2022, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’infezione da Sars-Cov-2, al personale delle Amministrazioni pubbliche (… omissis), ai fini dell’accesso ai luoghi di lavoro (… omissis), è fatto obbligo di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde Covid-19 di cui all’articolo 9, comma 2”.

L’articolo 9 sexies:Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 marzo 2022, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza, i magistrati (… omissis) non possono accedere agli uffici giudiziari ove svolgono la loro attività lavorativa se non possiedono e, su richiesta, non esibiscono la certificazione verde COVID-19 di cui all’articolo 9, comma 2”.

L’articolo 9 septies: “Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 marzo 2022, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’infezione da Sars-Cov-2, a chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell’accesso ai luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde Covid-19 di cui all’articolo 9, comma 2”.

Lo stato di emergenza, come detto, è stato surrettiziamente prorogato fino al 31 marzo 2022, salvo ulteriori proroghe e dunque, al momento, è questo il termine ultimo di validità (sempre che siano valide) delle norme emergenziali. Pertanto, come si può pretendere di applicare fino al 15 giugno una normativa emergenziale la cui validità è esplicitamente prevista solo fino al 31 marzo? Non solo: la scadenza del 31 marzo 2022 è stata introdotta al posto di quella originaria del 31 dicembre 2021, dall’articolo 8, comma 3, del Dl 24 dicembre 2021, numero 221, non ancora convertito in Legge, con la conseguenza che la mancata conversione farebbe decadere anche il termine prorogato, riportando la sua scadenza di validità ad una data addirittura precedente all’entrata in vigore del DL 1/22. Si assiste così a una stratificazione di normative urgenti, che si sovrappongono, modificando le precedenti senza alcun coordinamento tra le stesse.

Sicuramente vi sono altre critiche, anche assai più gravi, da sollevare nei confronti di questo nuovo decreto legge, ma si può affermare senza tema di smentita che già quanto qui analizzato dia la misura della protervia giuspositivista di tale modo di legiferare, giunta al punto da sorvolare addirittura sulla forma (che nel diritto è sostanza!), sulla logica (che nel diritto è giustizia!), sulla imparzialità (che nel diritto è tutto!), pur di raggiungere l’unico scopo evidente di mesi e mesi di normazione illeggibile, cioè la vaccinazione obbligatoria del 100 per cento della popolazione residente, senza presa di responsabilità alcuna rispetto alle eventuali conseguenze da ciò derivanti. E, nella peggiore delle ipotesi, nemmeno i posteri potranno emettere un’ardua sentenza su quanto sta accadendo solo in Italia.

http://www.opinione.it/societa/2022/01/12/monica-boccardi_emergenza-covid-decreto-legge-stato-emergenza/

Forzati del lavoro

Anna Lombroso per il Simplicissimus

I poliziotti che non si sono muniti di Green Pass sono sospesi dalle loro mansioni, non percepiscono il salario, devono restituire il distintivo e l’ormai superfluo tesserino di riconoscimento sostituito dal lasciapassare, l’arma di ordinanza e viene meno  la maturazione delle progressioni di carriera.

Lo stesso vale per l’altro lavoro strategico, quello di insegnante. E così  è già successo per il personale sanitario, la categoria la cui disobbedienza suona come un affronto inammissibile per la “comunità scientifica” ufficialmente riconosciuta, che esige venga perseguito con ogni mezzo il nemico in casa che mina la sua credibilità e il suo prestigio di sacerdoti della nuova religione, officiata a suon di siringhe.

Molte badanti straniere – quelle dalle quali si pretende abnegazione e spirito di sacrificio come qualità professionale inderogabile, perché dovrebbero  prodigarsi per affetto e non per il salario dovuto in cambio dello svolgimento di mansioni pesanti e sgradevoli che i congiunti non vogliono o possono esercitare – sono in procinto di andarsene o di darsi alla macchia, pentendosi dell’avvenuta e sofferta regolarizzazione che le obbliga al vaccino per garantirsi la paga.

Uno degli effetti collaterali  delle politiche pandemiche è dunque anche quello della svalutazione del lavoro tramite l’umiliazione dei lavoratori,  e grazie alla combinazione di più fattori.

Si stabilisce intanto che nessuno è necessario e insostituibile, al posto dei professori si raccattano neolaureati disposti al doveroso precariato, lo stesso succede per il personale sanitario già abituato a tagli e demansionamenti, al posto delle forze dell’ordine ormai retrocesse a vigilantes adibiti al controllo del pass, vengono bene le polizie municipali o quelle private. Nella Pubblica Amministrazione dopo le severe prese di posizione del ministro che nega lo smart working ai nopass, c’è da prevedere il ricorso a varie forme di caporalato e cottimo, con un particolare interesse per i laureati Stem ( Utilizzando il termine “laureati STEM” ci si riferisce comunemente ai laureati in discipline scientifiche (Science, Technology, Engineering and Mathemathics – ossia Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) che hanno dimostrato il loro valore in occasione dei concorsi e dei bandi per i ruoli professionali necessari a spartire le mazzette del prestito europeo.

E in tutti questi comparti ad alto contenuto sociale, si fanno avanti le milizie del Terzo Settore, quella forma sottile di privatizzazione, che fa sembrare più nobili mansioni mercenarie o commercializzate, cui anche il Pnrr delega una infinita varietà di compiti ben remunerati, di cura, assistenza,  docenza, sorveglianza.

leggi tutto su https://ilsimplicissimus2.com/2021/12/21/157957

Riepilogando

Dopo questa inquietante cronostoria, arriviamo alle ultime notizie e agli ultimi dati scientifici emergenti, infatti, secondo il nuovo rapporto aggiornato dell’Istituto superiore della Sanità (Iss) riguardo alla mortalità per il Covid-19, il virus avrebbe causato un numero di morti assai inferiore a quello causato da una comune influenza. Solo il 2,9 per cento dei decessi registrati dalla fine del mese di febbraio 2020 sarebbe determinato dal Covid-19, perciò dei 130.468 decessi computati dalle statistiche ufficiali solamente 3.783 sarebbero morti a causa del virus. Infatti, dal citato report emerge che il resto dei deceduti soffrivano di diverse patologie, che secondo lo stesso Iss lasciavano loro pochi margini di vita.

In particolare, il 67,7 per cento avrebbe patito più di tre malattie contemporaneamente, mentre il 18 per cento ne avrebbe sofferto contemporaneamente due. Dopo questa elencazione statistica, se si evince che non è stato il Covid-19 a causare una percentuale alta di decessi, con quale criterio scientifico, i Governo Conte e ora il Governo Draghi, con il loro ministro Speranza e “l’onnisciente” Comitato tecnico scientifico, hanno imposto tutte queste restrizioni (peraltro incostituzionali nel merito e nel modo con cui sono state legiferate)!? La risposta risiede nella natura delle vere motivazioni che hanno determinato tutto ciò, che non è scientifica ma è politica. Infatti, rimane indelebile il ricordo di quando all’inizio della diffusione del virus l’Iss e la Protezione civile, durante le loro quotidiane conferenze stampa, minimizzavano sulle cause dei decessi, attribuendole ad altre patologie pregresse e non al Covid-19, per poi sostenere la tesi completamente opposta, per incentivare la campagna vaccinale.

Quindi è iniziata la sistematica e martellante campagna mediatica del terrore, secondo la quale i farmaci anti Covid-19 erano l’unico strumento per salvare l’umanità, al punto che lo stesso Draghi affermava, durante una sua conferenza stampa, il falso, ossia che chi si vaccina non contagia e non si contagia e chi non si vaccina è condannato a morire, una tesi smentita ripetutamente dal suo stesso Cts e anche dal suo ministro delle Infrastrutture e delle Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, durante la sua partecipazione a una puntata del programma televisivo “Porta a Porta”, lasciando incredulo e sbigottito il suo stesso presentatore, Bruno Vespa, che non riuscì a trattenersi dal proferire l’osservazione “allora è una presa in giro”.

Inoltre, a peggiorare la situazione in cui si trovano i responsabili di questa deriva terroristica, di cui prima o poi dovranno rispondere, è intervenuto il British Medical Journal, una delle riviste scientifiche più prestigiose al mondo, il quale ha recentemente affermato che “i livelli di malattia dopo la vaccinazione non hanno precedenti e il personale si ammala gravemente e alcuni presentano sintomi neurologici che stanno avendo un enorme impatto sulla funzione del servizio sanitario. La vaccinazione obbligatoria in questo caso è senza senso, immorale e irresponsabile quando si tratta di proteggere i nostri lavoratori e la salute pubblica (…). Questi prodotti vaccinali non forniscono immunità, né prevengono la trasmissione. In tal caso perché lo stiamo facendo? Non ci sono dati di sicurezza longitudinali (solo pochi mesi di dati di studio nelle migliori delle ipotesi) e questi prodotti sono approvati solo per uso emergenziale. La coercizione e l’obbligo di cure mediche sui nostri dipendenti, sui membri del pubblico, specialmente quando i trattamenti sono ancora in fase sperimentale, sono saldamente nel regno di una distopia nazista-totalitaria e ben oltre i nostri valori etici (…)”.

Dopo questa dettagliata analisi dei fatti, voglio porre proprio a voi lettori delle domande che mi sorgono spontaneamente, non pensate che sia sempre più palese la responsabilità di tutto un sistema, ossia del mainstream, delle Istituzioni e in particolare di Conte e di Draghi e dei loro rispettivi Governi con il ministro Speranza!?

Non pensate che la loro responsabilità possa essere suscettibile di imputazione del reato configurato nel dispositivo dell’articolo 658 del Codice penale: “Chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l’Autorità, o presso Enti o persone che esercitano un pubblico servizio, è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da euro 10 a euro 516”!? Il suscitato allarme configurato nel citato dispositivo è l’elemento costitutivo del reato, inteso come evento di pericolo. Perché sussista l’esistenza di questo reato è sufficiente che l’annuncio di disastri o pericoli (come appunto può essere quella di dichiarata pandemia) inesistenti sia idoneo a suscitare allarme ingiustificato e quindi a configurare la responsabilità per la commissione di un illecito.

Inoltre, non pensate che sia illegittimo l’atto commesso dal Governo Draghi con l’imposizione della somministrazione di farmaci ancora sperimentali e quindi non pensate che abbia violato di conseguenza l’ultimo comma dell’articolo 32 della Costituzione, secondo il quale “la Legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”!? Infatti, il suddetto articolo costituzionale presuppone che nessuno possa imporre o indurre alcuno a ricevere un trattamento sanitario obbligatorio qualora esso non sia effettivamente proficuo per la tutela della salute della collettività e siccome questi farmaci sono ancora sotto sperimentazione o più precisamente come afferma il sito dell’Aifa, ancora sotto sorveglianza, non danno alcuna certezza scientifica che possono tutelare la salute della collettività, anzi rappresentano un pericolo per gli effetti collaterali che questi stessi farmaci possono generare nel medio e lungo termine, dal momento che quelli immediati, in diversi casi, sono già emersi (nonostante i tentativi di dissimulazione del mainstream). La salute individuale e collettiva non può essere compromessa da interessi politici o farmaceutici, come invece dai suddetti dati statistici e scientifici riportati emergerebbe.

estratto da http://www.opinione.it/politica/2021/10/25/fabrizio-valerio-bonanni-saraceno_covid-epidemia-mattarella-draghi-cossiga/

Orwell in Baviera

Dunque la condanna a 3500 euro di multa è arrivata perché – come ha avuto l’ardire di sottolineare  il giudice Hagenfeldt –  le proprietarie erano note per essere critiche nei confronti delle misure del coronavirus e che dunque si erano “ribellate deliberatamente” e con rischio di ripetizione. In pratica è stata una condanna verso un’opinione visto che nessuna ribellione ha potuto essere provata. Il bello è che un Paese con questo sistema giudiziario da Terzo Reich fa anche le pulci ad altri benché questi ultimi abbiano sistema più libero dall’oppressione del governo sui tribunali. 

Ad ogni modo ci sarà probabilmente una denuncia contro il giudice mentre messaggi di solidarietà arrivano a migliaia a Michaela e Laura Wagner – Adams, le proprietarie del Fischerwirt e le due sono state accolte con una standing ovation fuori dal tribunale. Ma ciò non toglie che c’è stata una condanna senza alcun reato provato, ma solo in base alla supposta opinione del proprietario del ristorante e anche quella non provata. Persino Orwell impallidisce.

A difesa del diritto alla salute

di NINO DI CICCO (RI Roma)Vedendo molti gioire alle proposte di negare le cure a chi non si vaccina, temo non sia abbastanza chiara una cosa. Qui non si tratta dei vaccini. E non si tratta nemmeno del Covid.Si tratta di un attacco frontale a uno dei pilastri fondanti della nostra società e della nostra Costituzione: la salute come diritto universale. Si tratta della spallata finale (preparata con vent’anni di tagli) al Sistema Sanitario Nazionale, verso una sanità privata in cui chi ha i soldi si cura e chi non li ha crepa.Un giorno sarà chiaro a tutti. Quel giorno venite a cercarci, ci troverete dove siamo sempre stati: a difesa del diritto universale alla salute, che può essere garantito solo da un sistema sanitario pubblico e gratuito. Per tutti.

Crimine contro l’umanità

Crimine contro l’umanità che si sta perpetrando nell’impossibilità di visitare i parenti in ospedali, gli anziani nelle RSA e i moribondi negli hospice. Una barbarie inammissibile che tra l’altro mette al riparo da occhi indiscreti e amorevoli, quello che succede negli ospedali: quali protocolli vengono applicati?

La clorochina che aveva permesso al Dott Raoult di azzerare la curva dei decessi in quel di Marsiglia è stata vietata in Francia – e lui sta facendo ricorso – resa indisponibile, e anche sconsigliata in Italia. Di plasmaferesi che è una pratica che funziona, come sappiamo, e collaudata oltre che gratuita, non se ne parla più. Solo rimane il Remdesivir della Gilead, poiché l’UE ha comprato grosse quantità da smaltire solo che secondo lo stesso Dott Raoult è tossico per i reni e inefficace. Gli ospedali, da quanto mi dicono, non possono più curare in scienza e coscienza ma solo secondo protocolli calati dalle case farmaceutiche e OMS. Pure una influenza in un anziano, curata secondo un protocollo Covid, può diventare doppiamente letale, soprattutto se si è vaccinato contro l’influenza (come dimostrato in questa raccolta di studi scientifici https://childrenshealthdefense.org/news/vaccine-misinformation-flu-shots-equal-health/).

Tanto più che al personale medico viene fatto divieto dalle Asl di fornire dati e informazioni all’esterno.

estratto da https://nicolettaforcheri.wordpress.com/2020/11/02/un-regime-totalitario-basato-sulle-balle-per-la-grande-transizione/

Dittatura sanitaria

di

Michele Sanfilippo29 gennaio 2021“Dittatura sanitaria”? Un concetto utile per decidere

Dittatura sanitaria”, locuzione di cui non ne conosco propriamente la genesi ed ho il timore di esserne, in qualche modo, l’ispiratore, allorquando, in tempi non sospetti, nel 2018, pubblicai il mio corso di Diritto sanitario nel quale, contestualizzando storicamente il diritto alla salute, in relazione ai vari diritti costituzionali, facevo presente che alla base del nazismo vi era una “medicalizzazione della società” e, per l’effetto, lanciavo un monito per il futuro. La “dittatura sanitaria” non è altro che un contesto dove viene utilizzato l’espediente di una emergenza, per instaurare un regime lesivo delle libertà fondamentali.

La forzatura interpretativa dei poteri previsti dal cosiddetto codice della Protezione civile, che consente l’emanazione dei famigerati Dpcm, è, per me, palesemente incostituzionale nella applicazione generalizzata all’intero Paese. A maggior ragione, perché esclude il Parlamento dalle funzioni proprie. Non sto a dilungarmi su eventuali altre soluzioni alternative, che probabilmente avrebbero comportato minori gravami per le persone e le aziende, ma vado direttamente ad analizzare lo sconquasso che il governo giallorosso ha provocato. Perché è utile parlarne ora, ora che vi sono “i volenterosi”, “i responsabili”, “i pronti all’uso” ed “i sempre pronti”, tipici personaggi del sistema parlamentare, da non demonizzare. Anche se a certi fondamentalisti della rappresentatività diretta, non avvezzi ai sistemi costituzionali, può sembrare uno scenario ancillare (ossia un mercimonio); fa parte del gioco che rende le crisi meramente politiche e non di sistema?

É doveroso parlarne ora, perché, proprio in un contesto di incertezza, si possono e devono mettere i paletti per l’azione del prossimo esecutivo, qualsiasi specie o faccia abbia. La prima verifica che deve essere fatta è se l’esecutivo passato abbia in qualche modo speculato su questa emergenza, casomai avvantaggiandosene per rimanere al potere o per far passare qualcosa di indigesto alla collettività. A seguito di questa analisi, dovrà pesarsi il comportamento, ovvero verificarne l’ampiezza: se sporadico o sistemico. Nel primo caso vi è, certamente, un comportamento censurabile, nel secondo siamo di fronte ad un tentativo di instaurazione di una “Dittatura sanitaria” che pretende e necessita una vigorosa reazione. In ogni caso dobbiamo vigilare.

Sotto il profilo tecnico-giuridico, dopo a livello di fonte primaria, ben 24 decreti legge (di cui 14 non ancora espressamente abrogati o decaduti), il decreto “Milleproroghe” e la legge di bilancio (composta da venti articoli, di cui uno di 450 pagine e 1150 commi) e 25 Dpcm (a livello di fonte secondaria-amministrativa) di cui quattro attualmente ancora vigenti, è avvenuto un potenziale sovvertimento delle fonti normative, che rendono assolutamente non trasparente il sistema normativo. Oltre a ciò, non si capisce chi decideva, se sedicenti tecnici e membri della pletora di commissioni composte da variegate congerie di categorie (esemplificativamente, nella commissione della ministero della Salute sulle Rsa, oltre all’alto prelato quale presidente, si trovano poetesse, giornalisti, registi) o il soggetto preposto dalla Costituzione, il quale è lì perché deve fare una sintesi di tipo politico e non delegare ai tecnici, instaurando un regime tecnocratico.

L’insidia maggiore, però, presente nella locuzione “dittatura sanitaria”, sta nella “medicalizzazione della società”, perché nell’incentrare tutta la nostra vita sul profilo della salute si innescano dei meccanismi psicologici di paura, irrazionalità, di classificazione per categorie che sono foriere della violazione della libertà personale e di quella collettiva. Ho trovato gravissima l’affermazione, che in realtà è un dato applicativo ed un dovere giuridico, che si deve usare il triage in questa pandemia, perché certe cose non si scrivono. Perché, scrivendole, si attribuisce un grado di sistematicità che non è consono, giacché dette drammatiche scelte dipendono dallo specifico caso concreto. Una siffatta opzione ci riporta a lugubri epoche, che speravamo superate dal principio di eguaglianza, ispirato dal caposaldo della “Dignità umana”.

Non so e, più che altro, non voglio esprimermi, sul fatto se si sia instaurato un regime di “dittatura sanitaria” o meno. Certamente, dico con forza che dobbiamo vigilare, perché gravi tensioni si sono verificate. E con questo porgo l’invito ai “pronti a tutto” a valutare per bene, mettendo al primo posto il rispetto dei principi e valori più profondi della nostra Costituzione, da usare quale bussola in questo tempestoso contesto.

http://www.opinione.it/societa/2021/01/29/michele-sanfilippo_dittatura-sanitaria-protezione-civile-dpcm-esecutivo-costituzione-emergenza-soluzoni-alternative/

O capitano, mio capitano

O capitano, mio capitano, a processo con i voti determinanti di quelli con cui condividevi responsabilità di governo e tacquero- forse segretamente applaudirono – alle tue mosse nei confronti dell’’immigrazione clandestina. Gente che afferma che “uno vale uno”, ma non è vero, perché per essere “uno” occorre intanto essere uomini. A Catania capiremo se l’Italia è ancora uno Stato di diritto, se possiamo sperare nel futuro o se la scelta più saggia è quella di abbandonare questa ex nazione folle e disgregata. Probabilmente altrove, pur da stranieri, saremo trattati con maggiore rispetto che in Patria. Il passaggio è cruciale: è forse entrato in vigore, a nostra insaputa, il cosiddetto “diritto penale del nemico “? Ne parleremo più ampiamente in uno specifico intervento, ma il nostro timore è che stia vincendo la corrente del diritto penale contemporaneo chiamata “funzionalismo normativo”, nota anche come diritto penale del nemico, il cui massimo teorico europeo è il tedesco Günther Jakobs. Per Jakobs devono sussistere due binari giuridici divergenti, rivolti a due categorie differenti di soggetti: il primo vige per il cittadino ordinario, il secondo è uno strumento da utilizzare contro chi, di volta in volta, è identificato come nemico all’interno di una società politica. In sostanza, attraverso tale arbitraria costruzione giuridica, non si analizza il profilo di reato di un fatto, ma si persegue l’autore in quanto “nemico” dello Stato, della società, dell’ordine civile.

Roberto Pecchioli in

Domanda ai costituzionalisti

Se la mozione di sfiducia al governo non è stata votata perché non è stata mai calendarizzata, e se in cambio il 20 agosto il premier Conte ha annunciato le sue dimissioni e Salvini nel frattempo ha ritirato la mozione – che non penso che qualcuno abbia letto –  con quale diritto, alla luce dell’art. 94 della Costituzione, si sta facendo un “Conte bis” – se costui si era dimesso – e senza Salvini?

Un rimpasto con il premier dimissionario e senza il primo partito alle ultime europee…

Per costoro che dicono di avere tanto a cuore il parlamento, o di voler “parlamentarizzare” la crisi (cfr Conte), come mai non è stata votata in parlamento alcuna mozione di sfiducia al governo, ma si procede lo stesso al rimpasto escludendo Salvini che ha avuto il maggiore numero di voti alle europee?Résultat de recherche d'images pour "costituzione italiana"

In barba al diritto costituzionale, con quale legittimità si sta procedendo a un governo alle spalle e sulle spalle degli italiani?

Non mi sembra che ci sia alcun fondamento costituzionale e stiamo assistendo al solito golpetto tecnico per rifilarci sempre più tasse, e sempre più portiaperti.

Tutto questo per vietare al popolo italiano, per l’ennesima volta, di esprimere ed esercitare il suo diritto di essere rappresentato nelle istanze del governo, del parlamento e dello Stato.

A prescindere dal giudizio che uno può avere del tentato e apparentemente goffo gesto di Salvini, o della simpatia politica o meno per la Lega, questo è a tutti gli effetti l’ennesimo golpetto in piena regola – vedi golpe a suo tempo a Berlusconi – probabilmente come frutto di un accordo tra il M5S e gli ambienti europeisti della Von der Leyen, per arrivare a una soluzione “tecnica”, sicuramente non a quella voluta da Salvini: meno tasse, e porti chiusi.

Lacrime e sangue, la Grecia è vicina

Nforcheri  27/8/2019

Art 94

Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.(…)
Il voto contrario di una o d’entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.
La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione (1).

(Inoltre, la mozione di fiducia dev’essere presentata nei confronti del governo intero e non nei confronti di un singolo ministro.)