Tutti i tempi vengono, diceva la nonna. Mai come negli ultimi anni ha avuto ragione. Ne abbiamo viste e subite davvero troppe e l’ultima sembra sempre la peggiore. Questa però è proprio grossa: il presidente ucraino Zelensky parteciperà al festival di Sanremo, in collegamento dal bunker in cui vive, probabilmente con la consueta tenuta verdastra da combattimento. Un attore anche nelle modalità della comunicazione.
Non è dato sapere il cachet della prestazione a carico del contribuente italiano, che paga una tassa per il possesso del televisore direttamente con la bolletta elettrica, sia o meno sintonizzato sull’ex vetrina della musica, diventata da tempo un insopportabile, ipertrofico carro di Tespi teso non a valorizzare talenti canori, ma a promuovere l’ideologia dominante.
Il festival del neo conformismo obbligatorio mostra la verità dell’intuizione di Guy Debord sulla società dello spettacolo. L’ intero sistema economico, sociale e politico del capitalismo moderno ha prodotto una trasformazione devastante. La profezia del situazionista Debord si è realizzata e ci troviamo immersi nello spettacolo generalizzato, elemento unificante di un teatro permanente, frutto maturo della globalizzazione. Realtà e virtualità si intrecciano davanti a un pubblico plaudente, passivo, il cui compito è assorbire come una spugna il messaggio del potere sotto forma di intrattenimento.
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