Rimodulata la 18App per i 18enni: arrivano due nuovi bonus, basati sul reddito e sul merito, la Carta della cultura Giovani, per i residenti nel territorio nazionale appartenenti a nuclei familiari con Isee fino a 35mila euro, assegnata e utilizzabile nell’anno successivo a quello del compimento di 18 anni, e la Carta del merito, per chi si è diplomato con 100 centesimi. Valgono 500 euro ciascuna e sono cumulabili. Torna la possibilità di rinegoziare il mutuo passando dal tasso variabile al tasso fisso e cambia la norma che rivede per il 2023 e 2024 la rivalutazione automatica delle pensioni: sale dall’80 all’85 per cento la rivalutazione per gli assegni tra 4 e 5 volte il minimo (circa 2.000-2.500 euro), mentre per le pensioni più alte gli scaglioni vengono rivisti con una riduzione della percentuale
Mese: dicembre 2022
Non mollano
E’ tornato alla ribalta il MES di cui avevamo già scritto temendolo nel 2021:
Ma non siete stufi di trovarvi nel piatto, senza lenticchie, tutta questa aria fritta, o meglio fried air, confezionata da chi manda i figli nei college, si cura nelle cliniche, accumula incarichi e prebende in libero regime di conflitto d’interesse, delocalizza ( i 475 miliardi che imprenditori italiani hanno speso all’estero per impiantare linee produttive se fossero stati investiti nel paese avrebbero generato 2,6 milioni di posti di lavoro), rinomina i crimini chiamandoli transizione ecologica e rivoluzione Hi Tech, con la lingua dell’impero o con il gergo dei fantocci bocconiani, per abbellire sopraffazione e sfruttamento, quelli che hanno voluto la scuola come anticamera della servitù specialistica, e convertito la servitù già brutta in schiavitù?
Tra cultura e cibo
Di Marcello Veneziani
Ma davvero nel nome della ricerca scientifica e dello sviluppo, anzi del progresso, dobbiamo difendere e perfino benedire il cibo sintetico? Da giorni leggo sui giornali conformati un attacco continuo alla campagna promossa dal governo e in particolare dal ministero dell’agricoltura e sovranità alimentare, per difendere il cibo naturale, la carne che proviene dagli animali e la frutta e verdura che provengono dagli orti e dagli alberi. Magari se fosse stata una campagna degli ecologisti rosso-verdi sarebbero trattati con più indulgenza, come idealisti e nobili sognatori. Ma trattandosi di un governo di destra si prendono due piccioni con una fava. Da una parte difendono le multinazionali dell’International Food, col suo grande giro d’interessi, e dall’altra attaccano il governo Meloni.
Un attacco che partì già all’annuncio della formazione del governo, con la solita orchestrina di politici e stampa che ironizzavano sul ministero della sovranità alimentare. Ah, ah che ridere, i pomodori sovranisti e i cetrioli patriottici… Poi sono stati zittiti quando hanno appreso che di ministeri della sovranità alimentare ce ne sono anche in altri governi, a partire dalla vicina Francia. E la massima autorità a sinistra in tema di alimentazione, Carlo Petrini, fondatore dello slow food, dell’Arcigola e cofondatore del Pd (questa gli è venuta meno bene) ha sostenuto la sovranità alimentare. Le riserve, semmai, in questa come in altre intestazioni – come il merito nella pubblica istruzione – possono essere di altro tipo: che si riduca solo a uno slogan e che la sovranità si limiti solo al settore alimentare.
L’idea della sovranità alimentare e la campagna a favore dei nostri prodotti agricoli contro l’internazionale del cibo sintetico sono sostenuti dalla principale organizzazione sul territorio, la Coldiretti, col suo numero impressionante di iscritti, oltre un milione e mezzo. Sono battaglie per salvaguardare la nostra filiera agricola, tra coltivazione, allevamento e produzione nostrana; ma è anche una battaglia in difesa del buon cibo e della qualità alimentare, e dunque a vantaggio di tutti i cittadini. Infine, è una tutela di un nostro primato mondiale, insieme ai beni artistici e culturali: la sana alimentazione e la nostra varietà gastronomica.
In favore del cibo sintetico riconosco solo se fosse l’unica soluzione per sfamare le zone più povere del mondo. Se l’alternativa è patire la fame e la carestia, allora avrebbe un senso anche il cibo prodotto in laboratorio da mucche sintetiche o da piante artificiali. Ma laddove è possibile, a partire dal nostro mercato alimentare, è sacrosanto difendere la catena alimentare naturale e il cibo genuino (che poi può essere sofisticato e alterato anche in altro modo, non solo attraverso la sostituzione sintetica).
Ma in tema di cibo e di terra, emerge con sempre maggiore evidenza una contraddizione di fondo. Salvare la Terra è l’imperativo globale del nostro tempo; la Terra intesa come Pianeta, come globo in pericolo d’inquinamento e riscaldamento. Poi, però, in concreto, lasciamo che la grande industria sostituisca la terra e si sostituisca al mondo agricolo e ortofrutticolo. A me ricorda quel che dicevano Dostoevskij e Leopardi a proposito dell’umanità: chi ama l’umanità in generale di solito è indifferente se non ostile agli uomini reali e vicini. Amano l’umanità in astratto, la detestano in concreto, fino a sostituire gli uomini con creature artificiali, intelligenze artificiali, robot e postumani. Così sta succedendo con la terra, difesa in astratto, violata in concreto.
La sostituzione della terra avviene ogni volta che si preferisce il sintetico al naturale, il geneticamente modificato al genuino, il food delle multinazionali al cibo prodotto a chilometro zero. Si tratta invece di difendere la terra, attraverso il principio di prossimità; cioè a partire da ciò che è più vicino. Questo è il principio fondante della sovranità alimentare. Avendolo sostenuto nel corso di un forum della Coldiretti, l’ex ministro dell’agricoltura Maurizio Martina del Pd, mi ha detto che se questo è il significato della sovranità alimentare vi aderisce in pieno. Ripartire dalla prossimità, e non dalle multinazionali del food artificiale. E salvaguardare l’economia agricola e reale nostrana, a partire dal chilometro zero, il mondo contadino e la filiera conseguente. Il tema ancora una volta è difendere la Natura e il nostro habitat naturale. Come c’è la sostituzione dei popoli con i flussi migratori e la sostituzione delle differenze sessuali col genderfluid, così c’è la sostituzione dei prodotti della terra con quelli dell’industria. E’ un altro capitolo della guerra contro la natura.
Per rilanciare l’agricoltura, oltre i necessari atti concreti, c’è una scelta preliminare da compiere: tornare alla terra, amare e preservare la terra, a partire dalla propria. Le radici sono una risorsa primaria per la natura e l’identità dei popoli, va salvaguardato il nesso vitale tra radici e frutti. E dicendolo, mi sovviene il filosofo contadino Gustave Thibon, che amava il Cielo e coltivava la Terra e pure viceversa, coltivava il cielo e amava la terra; era credente e agricoltore, e trasmise il suo amore per la terra a una pensatrice eterea che viveva nei cieli del pensiero, Simone Weil, che ospitò nella sua fattoria e fece lavorare nei suoi campi.
Per salvaguardare i nostri beni culturali e naturali, i paesaggi e i territori, è necessario conservare la natura, la storia, la tradizione, le radici e i frutti. Il primato italiano nel mondo è nell’intreccio tra arte e natura, tra paesaggi e retaggi, tra cultura e cibo.
Non si tratta di chiudersi in una sorta di autarchia alimentare, ma di dare una risposta adeguata e concreta alla globalizzazione e alla standardizzazione planetaria del cibo. E amare la Terra, la Terra tutta, ma a partire dalla propria.
Di Marcello Veneziani
Marcello Veneziani, giornalista e scrittore.
04.12.2022
link fonte – https://www.marcelloveneziani.com/articoli/fermate-la-sostituzione-della-terra-e-la-guerra-contro-la-natura/
Ma la colpa è nostra
di Redazione · Pubblicato 3 Dicembre 2022 · Aggiornato 2 Dicembre 2022
di GILBERTO TROMBETTA
Meglio tardi che mai. Con le politiche discriminatorie imposte negli ultimi 3 anni prima e con il pronunciamento di ieri della Corte Costituzionale (sarebbe meglio dire Incostituzionale) poi, molti cittadini si sono resi conto che in Italia i diritti sanciti dalla Costituzione vengono violati. Il punto è che non sono stati violati solo negli ultimi tre anni. I diritti, compresi quelli fondamentali, sanciti nella nostra Costituzione vengono violati da più di trent’anni.
Sono stati violati con l’adesione all’Unione Europea e all’Eurozona, cedendo cioè sovranità a enti sovranazionali quando la nostra Costituzione prevede esclusivamente limitazioni della sovranità e solo in condizioni di parità con altri Stati.
Sono stati violati con trent’anni di riforme regressive del mercato del lavoro, con l’accettazione della disoccupazione naturale (NAIRU) e della deflazione salariale (NAWRU) volute dalla UE, quando la nostra Costituzione prevede la piena occupazione e un livello minimo di salari che consenta una vita dignitosa.
Sono stati violati con i tagli al Sistema Sanitario Nazionale, che hanno costretto milioni di italiani a rinunciare alle cure o a rivolgersi alla sanità privata quando la nostra Costituzione prevede l’universalità di accesso alle cure e la loro gratuità, per tutti.
Sono stati violati con le svendite, le privatizzazioni e le liberalizzazioni di monopoli naturali e settori strategici, regalando cioè al capitale privato altre rendite di posizione mentre la nostra Costituzione prevede la tutela del lavoro e degli interessi nazionali.
Sono stati violati con le riforme elettorali (proporzionale, abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, taglio dei parlamentari, liste bloccate) che impediscono la partecipazione dei cittadini alla vita politica del Paese, mentre la nostra Costituzione prevede che lo Stato garantisca a tutti la partecipazione alla vita politica del Paese.
Sono stati violati con i tagli e i mancanti investimenti che impediscono l’accesso universale e gratuito all’istruzione, quando la nostra Costituzione prevede l’esatto contrario.
Sono stati violati perseguendo politiche lavorative e sociali che di fatto hanno portato al crollo della natalità, mentre la nostra Costituzione prevede che lo Stato faccia tutto il possibile per mettere in condizioni le famiglie di procreare.
Sono stati violati quando abbiamo partecipato direttamente e indirettamente a guerre di aggressione (anche dette guerre difensive preventive), mentre la nostra Costituzione ripudia la guerra come mezzo per risolvere le controversie internazionali.
Tutte queste violazioni dei diritti sanciti dalla Costituzione, e altre ancora, sono sicuramente state possibili con la complicità di quegli organi, di quelle figure istituzionali che sarebbero dovuti esserne i garanti, i custodi: Presidente della Repubblica e Corte Costituzionale in primis. Ma la colpa non è solo loro. E non è colpa della Costituzione. Sarebbe come prendersela con la legge che punisce gli omicidi per gli omicidi che vengono commessi.
La verità è che la colpa nostra è anche nostra. Perché molti di noi hanno dato per acquisiti quei diritti. Scordandosi che come quei diritti si sono conquistati, lottando, si possono anche perdere quando per quei diritti si smette di lottare. Dandoli appunto ormai per acquisiti.
È anche colpa nostra perché ci siamo lasciati distrarre dai numerosi e infidi conflitti orizzontali che ci sono artatamente stati messi davanti agli occhi per farci perdere di vista i conflitti verticali. Cioè la lotta di classe.
È anche colpa nostra perché molti di noi si sono limitati a preoccuparsi del proprio confortevole orticello, senza rendersi conto che quando bruciavano gli orti degli altri noi saremmo stati i prossimi.
È anche colpa nostra, perché molti di noi si sono scordati dell’importanza di partecipare attivamente alla vita politica del Paese. Si sono scordati l’importanza della militanza politica.
Perché, come spiegava Piero Calamandrei, uno dei nostri Padri costituenti, senza l’impegno politico di ognuno di noi, la Costituzione è solo un pezzo di carta.
«Però, vedete, la costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La costituzione è un pezzo di carta: la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile, bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla costituzione è l’indifferenza alla politica, l’indifferentismo politico che è – non qui, per fortuna, in questo uditorio, ma spesso in larghe categorie di giovani – una malattia dei giovani.
“La politica è una brutta cosa”, “che me ne importa della politica”: quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina, che qualcheduno di voi conoscerà, di quei due emigranti, due contadini, che traversavano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime e il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda a un marinaio: “Ma siamo in pericolo?”, e questo dice: “Se continua questo mare, il bastimento tra mezz’ora affonda”. Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno e dice: “Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare, tra mezz’ora il bastimento affonda!”. Quello dice: “Che me ne importa, non è mica mio!”.
Questo è l’indifferentismo alla politica. È così bello, è così comodo: la libertà c’è. Si vive in regime di libertà, c’è altre cose da fare che interessarsi di politica. E lo so anch’io! Il mondo è così bello, ci sono tante belle cose da vedere, da godere, oltre che occuparsi di politica. La politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni, e che io auguro a voi, giovani, di non sentire mai, e vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, dando il proprio contributo alla vita politica».
Il calmiere
di Redazione · Pubblicato 2 Dicembre 2022 · Aggiornato 1 Dicembre 2022
di GIUSEPPE MEOLA
Se volevate una dimostrazione definitiva di quanto la Commissione UE sia nelle mani di gente alla quale non dareste nemmeno in gestione il vostro condominio, bene, adesso ce l’avete. Il calmiere (price cap) sul gas, ovvero il tetto al prezzo del gas. In origine era un’idea caldeggiata dal Migliore, ovvero Mario Draghi. Poi, dopo un lungo tira e molla nelle stanze di Bruxelles, alla fine la montagna ha partorito. E cosa ha partorito? La cosa principale è appunto un tetto al prezzo fissato a 275€.
Per capirci meglio, la quotazione odierna è 130… In pratica questi geni assoluti hanno messo nero su bianco che la UE può sostenere ancora un raddoppio del prezzo del gas, che già oggi è una mazzata. Ma non solo. Questo tetto, che in una economia libera di mercato ha lo stesso senso del sesso degli angeli, di fatto è un assist a porta vuota per gli speculatori dell’energia.
Perché se tu sai che nessuno avrà niente da dire o interverrà fino alla fatidica e mostruosa quotazione di 275€, allora quelli alzeranno ulteriormente i prezzi attuali lucrando guadagni mostruosi. Manco a dirlo i ministri dell’energia di 15 Stati europei hanno immediatamente fatto sapere che voteranno contro. Un vero e proprio giocattolo messo in mano ai bambini.
Nel frattempo, per tamponare le difficoltà… invieremo qualche altro carico di armi all’Ucraina, che peraltro è ridotta ad essere senza energia elettrica in oltre la metà della Nazione. Un grande aiuto al popolo ucraino, altro che la diplomazia e la Pace! E, dulcis in fundo, ieri la UE ha comunicato che la Russia è stata annoverata nell’elenco degli “Stati sponsor del terrorismo”. Cosa che gli stessi USA si guardano bene dal fare…