Fonte: Daniele Dell’orco
Il danneggiamento senza precedenti dei due gasdotti Nord Stream e Nord Stream 2 è un atto di guerra contro l’Europa. Questa è l’unica considerazione che non lascia spazio a dubbi.
Un attacco all’Europa condotto dentro le acque territoriali europee. Quali che siano gli autori del sabotaggio, a 7 mesi dall’inizio della crisi appare sempre più chiaro che molti, se non tutti i contendenti sono d’accordo su un’unica cosa: approfittare delle debolezze dell’Unione europea, che per sua esclusiva responsabilità è contemporaneamente l’entità che ha più da perdere in questa storia e quella più supina in assoluto. Le esplosioni delle due stringhe di pipeline che stanno riversando in mare gas naturale per oltre 2 miliardi di euro rappresentano il punto più basso della storia recente dell’Ue.
Proprio mentre ne avrebbero più bisogno, i cittadini europei stanno guardando la risorsa che non hanno andare in fumo nel proprio mare uscendo mentre sgorga da infrastrutture che i loro governi hanno contribuito a costruire.
Se Nord Stream 2 AG è al 100% di proprietà di Gazprom (anche se gli europei hanno finanziato l’infrastruttura al 50%), in Nord Stream AG il 51% appartiene ai russi, il 15.5% ciascuna alle tedesche Wintershall Dea e E.ON, il 9% all’olandese Gasunie e il 9% alla francese Engie. NS 1 è costato 7,4 miliardi di euro, contro gli 11 di NS 2.
Dopo la crisi delle turbine di quest’estate che ha fatto schizzare i prezzi del gas naturale in Europa, Gazprom ha ridotto la capacità di pompaggio del Nord Stream al 20%, evidente scelta politica motivata prima con la manutenzione di una turbina nello stabilimento canadese della società tedesca Siemens (le autorità canadesi non volevano restituire l’unità a causa delle sanzioni anti-russe e l’hanno trasferita alla Germania. Gazprom, a sua volta, ha rifiutato di prendere la turbina senza prove documentali che le sanzioni non avrebbero influito su ulteriori trasporti e riparazioni), poi con una perdita d’olio sull’unità, che ha infine smesso di pompare del tutto e per un periodo indefinito.
Nord Stream 2, con una capacità simile (55 miliardi di metri cubi) e una lunghezza di oltre 1.200 km, è stato completato a settembre 2021 con addirittura già gas tecnico immesso in entrambe le sue stringhe, ma dopo essere stato a lungo osteggiato da Stati Uniti, Ucraina e Polonia non è mai entrato in funzione perché la Germania ha sospeso la sua certificazione dopo che Mosca ha riconosciuto l’indipendenza delle Repubbliche del Donbass a fine febbraio.
Oggi l’incidente, col solito ennesimo ping-pong di colpe. Che si tratti di sabotaggio non c’è neanche da discuterlo. Ma si tratta di un’operazione seria e tutt’altro che banale, che richiede il coinvolgimento di forze speciali, come sommozzatori o un sottomarino. I danni ai gasdotti potrebbero essere responsabilità delle forze ucraine o polacche, in entrambi i casi con sostegno americano. Chi sostiene questa ipotesi ritiene che Kiev possa in questo modo aumentare il proprio appeal visto che il gas russo che ancora arriva in Europa circola dalle pipeline che attraversano l’Ucraina (oltre che dal TurkStream). Inoltre, gli Stati Uniti potrebbero beneficiare ancor di più della già mastodontica impennata di acquisto di GNL da parte dell’Ue. Infine, scaricando la colpa sulla Russia nel momento di massima tensione, l’Ucraina potrebbe spingere l’Europa ad entrare mani e piedi nel conflitto mandando carri armati, specie tedeschi, già richiesti dal consigliere di Zelensky: Podolyak.
L’altra versione sarebbe quella di un’operazione russa condotta sotto falsa bandiera, che potrebbe causare ulteriore incertezza e spingere i prezzi del gas al rialzo per esacerbare ulteriormente la crisi dei costi energetici europei, che negli ultimi tempi si è un po’ attenuata con i prezzi scesi da oltre 3mila a 1900 dollari per 1000 metri cubi.
Un dato da considerare è che, se da un lato per la Russia far saltare un’infrastruttura di sua proprietà sarebbe folle specie perché controllandola di già le basta spegnere un interruttore per fermarla, dall’altro, proprio perché già spenti, l’esplosione dei gasdotti non cambia granché la politica di forniture di gas all’Europa. Almeno nel breve.
Con lo stoccaggio pieno, i consumi ridotti e il GNL a volontà l’Ue ritiene di sopperire alle carenze (pagando prezzi più elevati), ed eventuali problemi potrebbero esserci solo in futuro perché per riempire gli stoccaggi servono le pipeline. Ma nel giro di mesi potrebbero essere riparate, e comunque i Paesi Ue sono già d’accordo per ridurre il consumo di gas il prossimo anno e diversificare le forniture quindi non è neanche certo che ne avranno bisogno.
Fonte: Franco Cardini
Ora che Putin ha accusato l’Occidente di aver superato ogni limite ed ha minacciato l’uso dell’arma nucleare i nostri media si stracciano le vesti facendo finta di non comprendere il senso del discorso del Presidente della Federazione Russa, che è stato una replica alle analoghe minacce occidentali. Infatti è da mesi che qui in Occidente si va sbandierando l’opzione nucleare, senza che nessuno dei nostri giornalisti – salvo eccezioni – si sia stracciato le vesti. Quello che i nostri media hanno chiamato “il delirante discorso di Putin” altro non è che la risposta ai deliri di parte occidentale.
Non è stata forse Liz Truss, la neo-premier inglese, ad affermare, appena nominata, di essere pronta ad usare l’atomica pur di abbattere la Russia? Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, non ammicca continuamente alla possibilità della guerra nucleare? Non è stato Joe Biden, appena eletto, ad insultare pubblicamente Putin e la Russia? L’indisponibilità dei nostri ridicoli commentatori a porgere l’orecchio anche alle voci deliranti provenienti da Occidente è pari alla loro disonestà intellettuale. I toni, sin dal 2014, è l’Occidente ad alzarli. Ricordiamoci della Nuland, durante gli eventi dell’Euromaidan, che mandava a “vaff…” l’Ue, tanto per ribadire che l’Europa, inesistente politicamente e militarmente, è solo una colonia degli Stati Uniti d’America. Comunque c’è poco da ridere. Washington e Bruxelles stanno tirando troppo la corda. Il progressismo liberal e l’eurocrazia monetarista e transumanista di Bruxelles ci stanno portando allo scontro frontale.
Nei conflitti geopolitici, spesso lo dimentichiamo, hanno il loro peso anche i fattori spirituali, filosofici, storico-culturali, identitari e persino religiosi. Non solo, dunque, interessi economici, strategie, rapporti di forza e posizionamenti militari. Sono convinto che una delle principali cause della completa assenza dell’Europa, nello scenario geopolitico globale, risieda nel fatto che le forze politiche europee latamente riconducibili all’area “sovranista”, ed ascritte alla famiglia conservatrice (senza alcuna distinzione tra nazional-conservatorismo e liberal-conservatorismo, due realtà assolutamente non sovrapponibili sotto un profilo filosofico-politico), come ad esempio Fratelli d’Italia, sono atlantiste e del tutto conquistate alla causa di un Occidente confuso con l’Europa per mancanza di conoscenze storiche adeguate (sarebbe il caso di ricordare ai nostri “sovranisti” la dottrina Monroe che dal XIX secolo ispira la politica estera statunitense).
Patriottismo, sovranismo, identitarismo, comunitarismo e radicamento nella Tradizione oggi albergano certamente più in Russia che in Occidente. L’ideologia liberale e liberal dell’Occidente è intessuta di globalismo, progressismo, nichilismo, deradicamento antropologico-sociale, egemonia del capitale finanziario e mercificazione della vita. L’Occidente devoto alle proprie radici sognato dai nostri conservatori, come Giorgia Meloni, non esiste. Anzi è proprio nel ramo anglosassone ed anglicano del conservatorismo europeo che sta l’origine della decadenza nichilista occidentale. Quel conservatorismo anglosassone è stato solo il primo decimo della febbre che sta uccidendo l’Europa ed è arrivata oggi a 40 gradi mentre mostra, tra un gay pride e l’altro, di voler superare anche tale punta massima.
L’illusione occidentalista dei nostri conservatori europei è evidente anche ai ciechi. Una Meloni, ad esempio, sembra non capire, o fa finta di non capire, che i nemici della Russia sono gli stessi che la attaccano ogni giorno da Bruxelles e dagli Stati Uniti, con la complicità dei nostri media schierati con il progressismo liberal (che ha conquistato anche gli stessi conservatori timidi quando si tratta di affermare i principi dell’etica naturale).
I russi non hanno alcun interesse a distruggere casa nostra. Vogliono che non siano i neocon ed i progressisti occidentali a distruggere la loro. La Nato ha progressivamente avvicinato i suoi missili al territorio russo contro i patti, sebbene soltanto verbali, stipulati al momento dello smantellamento del Patto di Varsavia. Nell’accerchiamento occidentale della Russia solo un cieco può non vedere l’intento americano di provocarne la destabilizzazione interna, come sempre usano fare gli Stati Uniti quando vogliono assoggettare una nazione. Il primo passo verso la guerra quindi lo ha fatto la Nato. La corresponsabilità di Putin inizia solo nel 2022 ed è una, comprensibile, corresponsabilità di reazione al fallo dell’avversario. Non ha iniziato lui. E d’altro canto, nell’invadere l’Ucraina, ha imitato ciò che la Nato aveva fatto in precedenza in Serbia e Kosovo, ed altrove. Eguale! Come si può opporre a Mosca l’intangibilità dei confini internazionalmente riconosciuti di uno Stato quando la Nato ha arbitrariamente staccato il Kosovo dalla Serbia, bombardando Belgrado e provocando migliaia di morti? Pur volendo stare alla più che discutibile narrazione occidentale della vicenda kosovara – la repressione di Belgrado sull’etnia separatista albanese come motivo dell’intervento Nato – come si può contestare a Putin la giustificazione della protezione delle popolazioni separatiste russe del Donbass dalla repressione di Kiev, per quanto possa essere, come analogamente nel caso occidentale nei Balcani, una copertura anche di altri interessi? L’Occidente non può ora condannare la Russia avendo praticato la stessa arbitraria politica, per mezzo di una guerra di aggressione, prima di essa.
I nostri media, esperti nella reductio ad Hitlerum di qualsiasi statista che non si sottometta ai paradigmi occidentali, accusano Putin di aggressività, al momento solo verbale, verso l’Europa. In realtà, se si ascoltano attentamente i discorsi ufficiali del leader russo, egli non si è mai mostrato nemico dell’Europa ma soltanto delle oligarchie eurocratiche. Oligarchie che Putin sempre distingue dai popoli europei. Da europeo gli do ampie ragioni. Infatti è incomprensibile come ci si possa sentire, in quanto europei, solidali e dalla parte di quelle oligarchie. Le stesse che ogni giorno intervengono da Bruxelles ad ammonire i popoli quando essi non seguono le loro indicazioni e scelgono liberamente e democraticamente altrimenti.
Per rinfrescarci un po’ la memoria, nel link che segue un articolo “preveggente”, anno 2019, dell’amico Maurizio Blondet sui piani, elaborati dai neocon americani, per smembrare la Russia partendo dalla faglia ucraina. Giustamente Maurizio chiudeva il suo pezzo osservando che Mosca non sarebbe rimasta inerte di fronte a questa aggressione attuata attraverso rivoluzioni colorate. Oggi possiamo dire che così è stato. L’Occidente ha iniziato ad attuare il piano neocon ed è arrivata la guerra. È giunto il momento di pregare che l’élite occidentale rinsavisca e non forzi la situazione al punto tale da provocare la scintilla del passaggio all’arma nucleare. L’Ucraina può benissimo accettare una situazione, perlomeno di fatto se non di diritto, di indipendenza proclamata del Donbass, ed anche di una sua adesione alla Russia, come ha fatto la Serbia, costrettavi dalla Nato, con il Kosovo. Ma, certo, morire nel fuoco atomico per la vanagloria di un Zelensky e per le mire egemoniche americane su Kiev non è accettabile per nessuno.
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/chi-si-rivede-il-dottor-stranamore
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l sabotaggio di NS e NS2 è insito nel sogno bagnato imperiale di frantumare in mille pezzi la massa di terra eurasiatica per impedire un consolidamento trans-eurasiatico tra Germania (che rappresenta l’UE), Russia e Cina: 50 trilioni di dollari di PIL, sulla base parità del potere d’acquisto (PPP) rispetto ai $ 20 trilioni degli Stati Uniti.
Dobbiamo tornare a Mackinder: il controllo della massa eurasiatica costituisce il controllo del mondo. Le élite americane ei loro cavalli di Troia in tutta Europa faranno tutto il possibile per non rinunciare al loro controllo.
Le “élite americane” in questo contesto comprendono la “comunità Intel” squilibrata, neo-con-infestata da Straussiana e la Big Energy, Big Pharma e Big Finance che le pagano e che traggono profitto non solo dall’approccio Forever War del Deep State, ma vogliono anche fare una strage con il Great Reset inventato da Davos.
I Raging Twenties sono iniziati con un omicidio – del Gen Soleimani. Far saltare in aria gli oleodotti fa parte del sequel. Ci sarà un’autostrada per l’inferno fino al 2030. Eppure, per prendere in prestito da Shakespeare, l’inferno è decisamente vuoto e tutti i diavoli (atlantisti) sono qui.
Pepe Escobar è un analista e autore geopolitico indipendente. Il suo ultimo libro è Raging Twenties. È stato politicamente cancellato da Facebook e Twitter. Seguitelo su Telegram .
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https://www.maurizioblondet.it/lanalisi-di-pepe-escobar-sul-terrorismo-americano/
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