di GILBERTO TROMBETTA
Lo scorso 17 settembre con Giorgio Bianchi siamo stati nella più grande fornace di Murano che produce semilavorati in vetro, la EffeTre di Ivano Ferro. I forni sono spenti perché la bolletta del gas è passata, a parità di consumi, dai 40.000 euro dello scorso anno ai 300.000 euro attuali.
Gli aumenti di gas e materie prime erano iniziati già nel 2020 a causa delle strozzature dal lato dell’offerta causate dalle chiusure imposte da molti Governi per le politiche di contrasto al Covid. L’incidenza dei costi delle materie prime rispetto ai costi totali è passata dal 15% del 2019 al 25% attuale. L’incidenza dei costi del gas è passata invece dal 10% del totale al 110%, mettendo di fatto fuori mercato questa realtà storica che esiste dal 1800.
La Russia ci forniva il 40% del gas importato. Le sanzioni che le abbiamo imposto su ordine di Washington e di Bruxelles potevano solamente produrre questo effetto: imprimere un’ulteriore spinta inflazionistica ai prezzi delle bollette aggiungendosi a quella causata dall’aumento dei costi per i permessi di emissione della CO2 (passati da 7 euro a tonnellata a 85 in 10 anni) voluti dall’Unione Europea.
Prezzi energetici soggetti alla volatilità e alla speculazione dei mercati finanziari a causa della liberalizzazione del mercato dei prezzi. Anche questa imposta dalla UE (decreti Bersani e Letta del 1999). Stiamo per dare il colpo di grazia a quello che resta del nostro sistema produttivo già provato da 30 anni di politiche deflattive che hanno progressivamente distrutto la domanda interna.
Tutto questo è dovuto a una classe politica di ciarlatani e traditori che per obbedire alle assurde direttive provenienti da Bruxelles e da Washington ha scelto di non tutelare gli interessi nazionali.Iscriviti al nostro canale Telegram
Comunque, la guerra in Ucraina ha assunto, come era prevedibile, anche l’aspetto più destabilizzante per gli occupanti, che è quello degli attentati interni alle aree controllate. Una guerriglia che colpisce i gangli dell’Amministrazione russa, una resistenza fatta di blitz mirati a eliminare i collaborazionisti considerati traditori della patria. Una precarietà che rende difficile organizzare quelle operazioni di costruzione amministrativa delle regioni sottomesse. Atti che si confondono anche con le numerose vendette o traffici di ogni genere, anche di esseri umani, come la deportazione di minori. E con atrocità di qualsiasi tipo, che portano il livello di insicurezza a stadi decisamente stancanti per i russi. Inoltre, le date comunicate da Putin per il referendum di annessione accentuano le criticità del momento. Così Andriy Yermak, capo dell’Amministrazione presidenziale ucraina, ha scritto su Telegram che l’Ucraina risolverà la questione russa che sarà liquidata con la forza, e che Mosca accelera sui referendum a causa dalla “paura della sconfitta”. Intanto le forze ucraine, dall’inizio di settembre, hanno riconquistato alle forze di occupazione russe migliaia di chilometri quadrati di territorio.
Oltre venti attentati, in questi ultimi mesi, a carico di collaboratori ucraini filorussi. Il sito antiputiniano russo, Meduza, ha computato questi eventi, esaltando il fallimento “dell’operazione speciale”. Una voce dissonate nello spazio della comunicazione russa, ma da ascoltare prima che sia troppo tardi.
http://www.opinione.it/esteri/2022/09/22/fabio-marco-fabbri_ucraina-guerra-collaborazionisti-filorussi-referendum/
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