Oltre l’emergenza

Monica Boccardi12 gennaio 2022Oltre l’emergenza

Il primo aprile sarebbe stata una data più adatta per la pubblicazione del decreto legge numero 1, uscito sulla Gazzetta Ufficiale il 7 gennaio del 2022. Agli occhi di un giurista, infatti, sembra più uno scherzo, strutturato in modo da far perdere il senno anche al più preparato e intelligente degli addetti ai lavori. Poiché il tempo e lo spazio sono ridotti, ci limiteremo alla disamina di un paio di contraddizioni che riguardano le date di scadenza delle misure previste dal nuovo decreto, sorvolando sulle ben più gravi contraddizioni di merito, che sono talmente evidenti da non aver neppure bisogno si essere commentate.

Al momento attuale, grazie al Dl numero 221/2021 (non ancora convertito in legge), lo stato di emergenza (rectius di eccezione) causato dal Covid- 19 è stato nuovamente prorogato dal 31 dicembre 2021 al 31 marzo 2022, in palese violazione del Decreto legislativo numero 1/2018 (Codice dalla Protezione civile). Anche ammettendo che una fonte (quasi) equivalente possa ignorare impunemente i termini massimi previsti dal codice della Protezione civile, già ampiamente consumati, va da sé che ogni misura collegata, giustificata e motivata dall’emergenza stessa debba avere come termine ultimo di validità per la sua legittimità, quello attualmente previsto per il termine dell’emergenza. Infatti, diversamente, la normativa andrebbe considerata non emergenziale ma di natura ordinaria e ciò renderebbe illegittima la sua emissione con lo strumento del Decreto legge, vincolato all’urgenza di predisporre strumenti normativi disciplinanti situazioni contingenti che non possano attendere i tempi dell’iter legislativo normale.

Ma, scorrendo il Dl 1/2022, si scopre che in molteplici dei suoi articoli la scadenza prevista per le misure ivi contemplate non è quella del 31 marzo, bensì quella del 15 giugno 2022, cioè ben due mesi e mezzo oltre lo spirare dell’emergenza Covid-19. Ma questo, se porta a ritenere illegittima la previsione normativa in emergenza, potrebbe essere giustificato come un refuso, se non fosse per la contemporanea presenza di contradditorie previsioni che accavallano il termine del 15 giugno con quello del 31 marzo, in più di una fattispecie. E non solo a causa del solito strumento (assai deplorevole) della legislazione per richiamo ad altri provvedimenti, ancora una volta utilizzato a piene mani, col risultato di rendere ancora più difficoltosa la lettura e la comprensione della normativa, ma anche per la presenza, all’interno del Dl 1 stesso, di sovrapposizioni cronologiche incongrue e ingiustificate. Vediamo le principali.

L’articolo 1 Dl 1/22 introduce nuovi articoli al Dl 44/21, già convertito, che già prevedeva l’obbligo vaccinale per i sanitari, cui si era aggiunto quello per docenti e forze dell’ordine (Dl 172/21 non ancora convertito). Il novello articolo 4 quater recita: “Dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e fino al 15 giugno 2022, (… omissis), l’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da Sars-Cov-2, di cui all’articolo 3-ter, si applica ai cittadini italiani (… omissis) che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età, fermo restando quanto previsto dagli articoli 4, 4 -bis e 4-ter”.

Anche il successivo novello articolo 4 quinquies, relativo all’accesso sui luoghi di lavoro pubblici e privati con certificazione di vaccinazione obbligatoria per i soggetti obbligati, fa riferimento alla scadenza del 15 giugno, in particolare, esplicitamente, col rinvio contenuto nella parte finale del comma 4° secondo cui “per le imprese, fino al 15 giugno 2022, si applica l’articolo 9-septies, comma 7, del medesimo decreto legge numero 52 del 2021”.

Il lettore, ovviamente, ha necessità di conoscere il contenuto dell’articolo 9 septies comma 7, per sapere che cosa prescriva. Ebbene, esso recita: “Nelle imprese, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata di cui al comma 6, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni lavorativi, rinnovabili fino al predetto termine del 31 marzo 2022, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro per il lavoratore sospeso”.

Ovviamente, si pensa che il contrasto fra i due diversi termini sia dovuto al rimando a una norma precedente, con un termine calibrato sulla scadenza dell’emergenza, che ci si sia dimenticati di coordinare. Invece, approfondendo, si scopre che l’originario comma 7 dell’articolo 9 septies del Dl 52/21 è stato sostituito, dall’articolo 3 comma 1, lettera c Dl 1/22, proprio col testo sopra richiamato, contenente la previsione del termine del 31 marzo per la possibilità di sostituzione del lavoratore sospeso per inadempimento dell’obbligo vaccinale, senza conseguenze disciplinari e con conservazione del posto di lavoro. Il che lascia il dubbio circa la possibilità di licenziamento e procedimento disciplinare, nell’inottemperanza all’obbligo vaccinale che si prolunghi oltre il 31 marzo 2022. Mero errore o voluta incongruenza?

Ma questo è nulla. Infatti, tornando al testo dell’articolo 4 quinquies, si legge al comma 1: “A decorrere dal 15 febbraio 2022, i soggetti di cui agli articoli 9-quinquies, commi 1 e 2, 9-sexies , commi 1 e 4, e 9-septies, commi 1 e 2, del decreto legge 22 aprile 2021, numero 52 (… omissis), ai quali si applica l’obbligo vaccinale di cui all’articolo  -quater, per l’accesso ai luoghi di lavoro nell’ambito del territorio nazionale, devono possedere e sono tenuti a esibire una delle certificazioni verdi Covid-19 di vaccinazione o di guarigione di cui all’articolo 9, comma 2, lettere a) , b) e c-bis ) del decreto legge numero 52 del 2021. (… omissis) I lavoratori di cui ai commi 1, nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde Covid-19 di cui al comma 1 o che risultino privi della stessa al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, fino alla presentazione della predetta certificazione, e comunque non oltre il 15 giugno 2022”.

Chi sono i “i soggetti di cui agli articoli 9-quinquies, commi 1 e 2, 9-sexies, commi 1 e 4, e 9-septies, commi 1 e 2, del decreto legge 22 aprile 2021, numero 52”? Per scoprirlo, bisogna andare a leggere i relativi articoli del Dl 52/21 e si scopre quanto segue. L’articolo 9 quinquies recita: “Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 marzo 2022, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’infezione da Sars-Cov-2, al personale delle Amministrazioni pubbliche (… omissis), ai fini dell’accesso ai luoghi di lavoro (… omissis), è fatto obbligo di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde Covid-19 di cui all’articolo 9, comma 2”.

L’articolo 9 sexies:Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 marzo 2022, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza, i magistrati (… omissis) non possono accedere agli uffici giudiziari ove svolgono la loro attività lavorativa se non possiedono e, su richiesta, non esibiscono la certificazione verde COVID-19 di cui all’articolo 9, comma 2”.

L’articolo 9 septies: “Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 marzo 2022, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’infezione da Sars-Cov-2, a chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell’accesso ai luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde Covid-19 di cui all’articolo 9, comma 2”.

Lo stato di emergenza, come detto, è stato surrettiziamente prorogato fino al 31 marzo 2022, salvo ulteriori proroghe e dunque, al momento, è questo il termine ultimo di validità (sempre che siano valide) delle norme emergenziali. Pertanto, come si può pretendere di applicare fino al 15 giugno una normativa emergenziale la cui validità è esplicitamente prevista solo fino al 31 marzo? Non solo: la scadenza del 31 marzo 2022 è stata introdotta al posto di quella originaria del 31 dicembre 2021, dall’articolo 8, comma 3, del Dl 24 dicembre 2021, numero 221, non ancora convertito in Legge, con la conseguenza che la mancata conversione farebbe decadere anche il termine prorogato, riportando la sua scadenza di validità ad una data addirittura precedente all’entrata in vigore del DL 1/22. Si assiste così a una stratificazione di normative urgenti, che si sovrappongono, modificando le precedenti senza alcun coordinamento tra le stesse.

Sicuramente vi sono altre critiche, anche assai più gravi, da sollevare nei confronti di questo nuovo decreto legge, ma si può affermare senza tema di smentita che già quanto qui analizzato dia la misura della protervia giuspositivista di tale modo di legiferare, giunta al punto da sorvolare addirittura sulla forma (che nel diritto è sostanza!), sulla logica (che nel diritto è giustizia!), sulla imparzialità (che nel diritto è tutto!), pur di raggiungere l’unico scopo evidente di mesi e mesi di normazione illeggibile, cioè la vaccinazione obbligatoria del 100 per cento della popolazione residente, senza presa di responsabilità alcuna rispetto alle eventuali conseguenze da ciò derivanti. E, nella peggiore delle ipotesi, nemmeno i posteri potranno emettere un’ardua sentenza su quanto sta accadendo solo in Italia.

http://www.opinione.it/societa/2022/01/12/monica-boccardi_emergenza-covid-decreto-legge-stato-emergenza/

Follia

IL TESTO, faticosamente approvato in serata, prevede: a partire dal 15 febbraio i dipendenti pubblici e privati che hanno compiuto 50 anni per andare al lavoro dovranno esibire il super green pass (vaccino o guarigione dal Covid). Obbligo di vaccino per i disoccupati e pensionati nella stessa fascia d’età. La misura, decisa «per decongestionare le ospedalizzazioni» ha spiegato il premier, si applica a tutti i residenti in Italia, anche cittadini europei e stranieri, e sarà in vigore fino al 15 giugno. «L’obbligo non sussiste in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate. L’avvenuta immunizzazione a seguito di malattia determina il differimento della vaccinazione». In Italia sono 28 milioni gli over 50, i lavoratori tra i 50 e i 64 ammontano a 8,2 milioni, mentre i non vaccinati tra i 50 e i 60 anni sono 2 milioni (dai 60 anni in su 1,2 milioni).

PREVISTE ANCHE LE SANZIONI (che però non si applicano a disoccupati e pensionati): i lavoratori privi di super green pass al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro «sono considerati assenti ingiustificati, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, fino alla presentazione delle predette certificazioni, e comunque non oltre il 15 giugno. Per i giorni di assenza ingiustificata non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento». La sanzione amministrativa è stabilita tra i 600 e i 1.500 euro, «restano ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di settore». Un circolare dei ministri Brunetta e Orlando è stata firmata ieri sera per «incentivare il ricorso allo smart working, nella cornice delle regole vigenti, e questo sia nel settore pubblico che in quello privato»: è la formula trovata in cabina di regia per non irritare Brunetta, contrario all’uso ampio del lavoro agile.

https://ilmanifesto.it/obbligo-di-vaccino-per-i-cinquantenni-

Da notare che a giustificazione delle misure prese la motivazione è decongestionare gli ospedali!

Garantire una diseguaglianza equa

di DAVIDE VISIGALLI (RI Genova)

Mentre via via tutte le regioni diventano gialle e qualcuna inizia a prevedere l’arancione, leggere i dati mi porta a qualche considerazione.

La Lombardia con un’incidenza di 1955 x100k ha il 19,62% di occupazione letti in area non critica e il 14,12% in TI. La Liguria (dove abito) con un’incidenza di 738 x100000 (2,6 volte meno della Lombardia) ha il 28,91% di occupazione letti in area non critica (1,5 volte di più della Lombardia) e il 21,46% in TI (1,5 volte di più). La Calabria (una delle regioni a più bassa incidenza) con un’incidenza di 471 x100000 (4 volte meno della Lombardia) ha il 29,57% di occupazione letti in area non critica (1,5 volte più della Lombardia) e il 14,81% in TI (simile alla Lombardia.

A cosa si devono queste enormi differenze di occupazione letti?

In primis proprio alla presenza degli stessi, la Lombardia ad oggi ha infatti 15,3 letti per 100000 in TI, la Liguria 14,5 e la Calabria 10, prima del Covid era pure molto peggio. Quindi grazie all’autonomia differenziata, chi ha più soldi ha più letti, indipendentemente dai numero di abitanti, che di fatto possono beneficiare di diritti universali diversi nonostante risiedano nello stesso Paese. Ma non basta. Le differenze non si fermano qui. Infatti la percentuale di ospedalizzati su positivi cambia di molto nelle varie regioni.

La Lombardia ne ha lo 0,8%, la Calabria il 2% e la Liguria ben il 4%. Questo può essere dovuto a diversi fattori, qualcuno legato alla fase epidemica. E anche alla diversa presenza di soggetti fragili nella popolazione, come gli over 65. Anche qui, vediamo che l’indice di vecchiaia (rapporto over 65 su under 14) per queste regioni è rispettivamente del 159% per la Lombardia, 155% per la Calabria e ben 249% per la nostra Liguria.

Questo significa che non basterebbe avere letti uguali in tutta Italia, ma esistono regioni che per le loro caratteristiche hanno bisogno di più letti per garantire gli stessi diritti ai loro cittadini. Questo significa che la mappa dei colori non è uguale in tutta Italia e non significa la stessa cosa. O meglio significa sempre più pericolo, ma non solo pandemico, ma democratico.

Sogno un paese dove le diseguaglianze siano garantite dal bisogno, e non dal reddito.

Costruisci il tuo nemico

Sono già iniziate da qualche giorno, su molti quotidiani, le celebrazioni per l’anniversario della nascita di Umberto Eco: 90 anni il 5 gennaio. Mario Baudino, sulla “Stampa”, ha scritto che «le sue teorie si adattano benissimo a quanto sta accadendo nel nostro agitato presente (no vax compresi)». […]
L’attualità del pensiero di Eco la si può misurare grazie a un libretto pubblicato da La Nave di Teseo e intitolato “Costruire il nemico”. In quel librino, il semiologo sintetizzava concetti nemmeno troppo originali, che i più ormai danno per acquisiti, riguardanti appunto i procedimenti attraverso cui le comunità fabbricano i propri nemici. A voler essere maliziosi, potremmo insinuare che Eco si sia misurato con l’argomento perché lo conosceva molto bene, e da vicino. Si deve proprio a lui, infatti, la costruzione del nemico per eccellenza della comunità politica progressista, cioè il “fascismo eterno”, bestia sempre in agguato di cui egli delineò i tratti mostruosi in un’altra famosa conferenza.
Eco sosteneva, ad esempio, che «avere un nemico è importante non solo per definire la nostra identità ma anche per procurarci un ostacolo rispetto al quale misurare il nostro sistema di valori e mostrare, nell’affrontarlo, il valore». A suo dire, «la figura del nemico non può essere abolita dai processi di civilizzazione. Il bisogno è connaturato anche all’uomo mite e amico della pace».
Questa teoria si adatta perfettamente al presente, «no vax compresi». Ma non perché – come ama credere qualcuno – gli studi di Eco sul complottismo siano in grado di scoperchiare la disturbata «mente no vax». Al contrario: le parole del semiologo sulla costruzione del nemico raccontano per filo e per segno il procedimento attraverso cui, da circa un anno a questa parte, è stato prodotto nelle centrali della propaganda il mostro che rifiuta il vaccino.
Eco ha elencato le caratteristiche che da sempre contraddistinguono il demoniaco nemico: è brutto, maleodorante, dedito a pratiche innominabili. Ebbene, provate a leggere ciò che è stato scritto e detto sui no vax da fior di pensatori, politologi, editorialisti. Rinfreschiamo la memoria: il no vax è ignorante; bigotto; fascista; sabotatore; assassino; spargitore di morte; untore; saprofita come gli evasori fiscali; pericoloso per la comunità; inetto e credulone; violento; terrorista. Da Umberto Galimberti a Massimo Recalcati a Michele Serra, la crema dell’intellettualità sinistrorsa ha inveito, ringhiato, vomitato, maledetto. Ha, in poche parole, contribuito alla produzione di un nemico, e ha aizzato contro di esso la folla spaventata e rabbiosa.
Tutto ciò, ovviamente, fa parte della «mobilitazione totale» imposta dal regime sanitario. Ci è stato detto che «siamo in guerra» e – come notava Eco – «poiché per fare la guerra ci vuole un nemico con cui guerreggiare, la ineluttabilità della guerra corrisponde alla ineluttabilità dell’individuazione e della costruzione del nemico». Vero: il «nemico» in questo conflitto dovrebbe essere il virus, ma gli ultimi governi, per puntellarsi, necessitavano di una minaccia molto più concreta, con un volto, un corpo. La scelta del no vax quale capro espiatorio è stata facile, quasi obbligata». […]
Quasi ogni giorno, d’altronde, i portavoce della Cattedrale sanitaria ci informano che, se non siamo ancora usciti dalla pandemia, è per colpa dei no vax. Ormai ogni evidenza scientifica mostra che anche i vaccinati si contagiano, contagiano eccetera. Eppure che cosa fa il governo? Impone ulteriori e feroci restrizioni al fine di isolare dalla comunità i non vaccinati, ricettacolo di ogni nefandezza. […]

[ampio estratto dell’articolo di Francesco Borgonovo “Nemici ad hoc, a sinistra hanno imparato la lezione di Eco”, pubblicato oggi, 2 gennaio 2022, sulla “Verità” a cura di Antonio Catalano]

Almanacco

Mi sembra giusto anche se banalmente rituale salutare l’anno nuovo cercando di fare il punto della situazione e soprattutto di fare una sintesi di quanto detto negli ultimi 700 giorni di cattività virale, durante i quali si è vissuti alla giornata sballottati e avviliti da provvedimenti idioti, sproporzionati, sfacciatamente bugiardi e a volte criminali, lontani dalla tutela della salute pubblica o della preoccupazione umanitaria come Saturno dal Sole e non seguiremo le piste di un virus da laboratorio che provoca una sindrome influenzale e ultimamente un semplice raffreddore. Tutto questo è solo uno scenario dietro il quale si nasconde il tentativo di mantenere in vita un capitalismo che non è più in grado di riprodursi attraverso il lavoro salariato di massa e l’utopia consumistica ad esso associata. L’agenda della pandemia alla fine è stata dettata dalla paura dall’implosione sistemica, dal declino della redditività di un modo di produzione che sta diventando obsoleto con l’avanzare dell’automazione, dall’esaurirsi delle capacità di rapina dell’occidente, ma mano che l’occidente ha perso la capacità di dominio assoluto.

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