La Repubblica democratica liberale, così come dal 1946 ci troviamo in Italia, non funziona. Aveva ragione Platone quando, nel libro VI del Repubblica e nel Politico, ammoniva i suoi discepoli circa gli esiti disastrosi della democrazia, forma degenerante della politica di un popolo perché fondata su tesi deboli e non naturali, il cui inevitabile sviluppo porta alla tirannia e al declino delle società.
Al di là dell’anaciclosi politica, ci troviamo davanti all’opportunità per riflettere seriamente sull’esigenza di nuove forme politiche a partire dalle nostre identità come popolo, molteplici perché l’Italia è fatta di più culture, lingue, dialetti, tradizioni, costumi, confini, la cui unità non può essere quella imposta da una cricca di oligarchi, bensì quella di intenti e di spirito che accomuna più popoli la cui identità si armonizza verso un fine condiviso.
Finalmente tutto crolla, perciò lasciamo che crolli anche la Repubblica. La politica della scelta del “meno peggio” non ha mai prodotto niente di buono, ha solo procrastinato l’assunzione di responsabilità politica da parte dei cittadini. Ci siamo ripetuti per anni che prima o dopo sarebbe andata meglio, continuando ad accettare di essere presi in giro da loschi burattini messi a governare le nostre vite, nell’autoconvinzione di un futuro impegno che abbiamo sempre rimandato. Provvidenzialmente è giunta l’ora di risvegliare le nostre coscienze e prendere in mano la situazione. Abbiamo creduto che la sovranità ci appartenesse, quando invece abbiamo vissuto l’equazione cittadini=suddito, invece di cittadino dunque sovrano. Non abbiamo bisogno di perseverare negli stessi errori, né tantomeno di aspettare un qualche messia politico che ci tragga in salvo dalla melma della nostra negligenza individuale; è invece giunto il tempo, sacro e solenne, di tornare ad essere i protagonisti della nostra politica, di riorganizzare la società con nuove forme, ripartendo dalle comunità e da ciò che è essenziale per realizzare il bonum communis che è fine della politica autentica. Non possiamo più delegare la realizzazione di un sogno a delle entità orizzontali, abbiamo bisogno di tracciare nuove rotte metafisiche e forgiare cuori e menti ad essere l’energia creatrice di un Paese che dal dramma più angosciante deve risorgere a vita nuova, per un nuovo mondo.
A queste elezioni noi dedichiamo un grido: Crolli la Repubblica, sorga l’Italia!
L’unica giustificazione plausibile può essere costituita soltanto dalla indubbia inesperienza (e incompetenza) degli interlocutori; altrimenti l’sms che il primo giorno delle votazioni per l’elezione del Capo dello Stato è stato inviato da Giuseppe Conte ai grandi elettori pentastellati sarebbe al limite del comico.
Recitava perentoriamente l’infausta indicazione di voto: “Scheda bianca (ovvero senza alcun nome scritto)”.
Conte temeva forse che tra i suoi qualcuno potesse scrivere “scheda bianca” sulla scheda elettorale o, forse ancora, che qualcun altro si alzasse in piedi a battere le mani allorquando il numero delle schede prive di preferenza avesse raggiunto il quorum. L’applauso, del resto, sarebbe stato più che giustificato: una donna (Bianca Scheda) che sale al Quirinale, novità assoluta! Ed i vari Toninelli, Bonafede, Buffagni ad esaltare il successo della scelta compiuta dal Movimento 5 Stelle mentre, in un angolo nascosto, Conte si lascia andare ad un disperato pianto.
http://www.opinione.it/politica/2022/01/26/gianluca-perricone_sms-conte-grandi-elettori-pentastellati/
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