Zombies

di

Andrea Mancia30 gennaio 2022El dia de los Muertos

Segnatevi la data del 29 gennaio 2022. Perché tra qualche decennio, di fronte al proverbiale camino acceso, potrete spiegare ai vostri nipoti (pronti a fare di tutto per non ascoltarvi) che quello è il giorno in cui il centrodestra è morto. Almeno il centrodestra che avevamo conosciuto fino a quel momento: una coalizione sgangherata e spesso rissosa che si faceva però forte del fatto di rappresentare la maggioranza strutturale degli elettori italiani.

Noi, quel centrodestra, lo abbiamo visto nascere. Era l’autunno del 1993 quando Silvio Berlusconi (anche per interessi suoi, sia chiaro), ebbe l’illuminata intuizione di allearsi al nord con la Lega e al centrosud con Alleanza Nazionale, mettendo un chilo di zucchero nel serbatoio della “gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto, che era sull’orlo di prendersi il Paese dopo che gli amici del pool di Milano avevano fatto strage di tutti i loro avversari politici.

Noi, quel centrodestra, lo abbiamo visto vincere – contro ogni pronostico – nella sua prima uscita elettorale. Era il pomeriggio del 28 marzo, un lunedì, quando il direttore Arturo Diaconale mi chiamò nella sua stanza per dirmi, con un sorriso sornione: “Andrea, comincia a scrivere il pezzo senza le percentuali precise. Abbiamo vinto”. Io non potevo crederci. Ma naturalmente aveva ragione Arturo. E qualche ora dopo, migliaia di simpatizzanti avevano invaso Piazza del Popolo sventolando increduli le copie de “L’Opinione” che eravamo riusciti a stampare prima di tutti gli altri giornali. Il titolo di prima pagina era: “Ha vinto la Libertà”.

Sono passati quasi trent’anni da quel giorno. E forse è normale che, come tutte le cose della vita, anche le coalizioni politiche siano destinate a morire. C’è modo e modo di farlo, però. Si può morire con uno sfrontato sorriso di fronte ai propri carnefici. O di morte naturale, nel tepore del proprio letto. Si può perfino morire in un improbabile e maldestro tentativo di fuga. Ma il 29 gennaio, giorno della rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale, il centrodestra ha scelto di morire nel modo più deprimente e imbarazzante per i propri elettori.

Mettiamo una cosa in chiaro. Della figura di merda galattica (perdonate il francesismo) fatta dai leader e dai peones dei partiti che componevano l’alleanza, ci interessa assai poco. Il cuore si stringe solo perché pensiamo all’imbarazzo di chi, in tutti questi decenni, ha regalato il proprio voto a un’idea, un’aspirazione, un sogno. Quello di trasformare l’Italia in una nazione moderna ma radicata nelle proprie tradizioni, immune alle perversioni stataliste della sinistra peggiore d’Europa e fiera di essere sempre stata – fin dal 1948 – dalla parte giusta della Storia.

Ecco, questi italiani non meritavano di assistere allo spettacolo osceno di questi ultimi giorni, che i nostri ottimi editorialisti analizzeranno compiutamente e (mi immagino) senza sconti. Il mio è solo, per citare Jim Morrison, un “canto di dolore e libertà”. Il centrodestra è morto, viva gli elettori del centrodestra. Che ormai si trovano di fronte a un punto di ricaduta obbligato. Dare una possibilità al leader che, in questo spettacolo macabro, si è comportato con un briciolo di dignità: Giorgia Meloni.

Ora, Fratelli d’Italia può scegliere se diventare, finalmente, il partito che era stato progettato alla sua nascita: un luogo d’incontro tra tradizione e libertà. Aprendosi a un nuovo innesco di classe dirigente e abbandonando per sempre gli spazi angusti in cui, a volte, sembra volersi rifugiare. Se Giorgia Meloni non si dimostrasse all’altezza di questo compito, oggettivamente oneroso, che il destino le ha riservato, rimarrebbe solo il “piano B”. I liberali del centrodestra saranno obbligati a mettere in piedi una formazione politica alleata con Fratelli d’Italia, rivolgendosi agli elettori che si sentono distanti da FdI e che fino a ieri hanno votato per Forza Italia e Lega. Due partiti che, insieme a centrini e cespugli numericamente irrilevanti, alle prossime elezioni conosceranno sulla propria pelle la rabbia del proprio elettorato. Tertium non datur.

http://www.opinione.it/editoriali/2022/01/30/andrea-mancia_29-gennaio-2022-morte-del-centrodestra-rielezione-mattarella-quirinale/

Bis

Mattarella si è fatto interprete e patron di quel referendum burletta sul taglio del numero dei parlamentari, lasciandone inviolata la qualità oggi ulteriormente messa alla prova, ultimo atto prima che il Parlamento venisse definitivamente esautorato, espropriato anche di poteri formali, grazie a uno stato di eccezione che anche grazie alla permanenza dello spaventapasseri della democrazia impagliato a guardia del sacro colle, durerà a tempo indeterminato anche dopo l’ormai proclamata fine della pandemia.

Quello che pare il Burian è invece il vento dei respiri di sollievo bipartisan della destra e della diversamente destra, quella Große Koalition  di sciagurati impotenti interessati a mantenere le loro rendite di posizione a costo della rinuncia all’onore e alla dignità personale e del Paese. Adesso sono legittimati alla politica del lasciar fare di superficie, sotto il quale possono continuare i loro miserabili affarucci sottobanco, dai quali traggono quel poco che serve a accumulare un po’ di respiro prima di essere travolti da ben altra gerarchia oligarchica.

leggi tutto su https://ilsimplicissimus2.com/2022/01/29/mattarella-raddoppia/

Scienze politiche

La Repubblica democratica liberale, così come dal 1946 ci troviamo in Italia, non funziona. Aveva ragione Platone quando, nel libro VI del Repubblica e nel Politico, ammoniva i suoi discepoli circa gli esiti disastrosi della democrazia, forma degenerante della politica di un popolo perché fondata su tesi deboli e non naturali, il cui inevitabile sviluppo porta alla tirannia e al declino delle società.

Al di là dell’anaciclosi politica, ci troviamo davanti all’opportunità per riflettere seriamente sull’esigenza di nuove forme politiche a partire dalle nostre identità come popolo, molteplici perché l’Italia è fatta di più culture, lingue, dialetti, tradizioni, costumi, confini, la cui unità non può essere quella imposta da una cricca di oligarchi, bensì quella di intenti e di spirito che accomuna più popoli la cui identità si armonizza verso un fine condiviso.

Finalmente tutto crolla, perciò lasciamo che crolli anche la Repubblica. La politica della scelta del “meno peggio” non ha mai prodotto niente di buono, ha solo procrastinato l’assunzione di responsabilità politica da parte dei cittadini. Ci siamo ripetuti per anni che prima o dopo sarebbe andata meglio, continuando ad accettare di essere presi in giro da loschi burattini messi a governare le nostre vite, nell’autoconvinzione di un futuro impegno che abbiamo sempre rimandato. Provvidenzialmente è giunta l’ora di risvegliare le nostre coscienze e prendere in mano la situazione. Abbiamo creduto che la sovranità ci appartenesse, quando invece abbiamo vissuto l’equazione cittadini=suddito, invece di cittadino dunque sovrano. Non abbiamo bisogno di perseverare negli stessi errori, né tantomeno di aspettare un qualche messia politico che ci tragga in salvo dalla melma della nostra negligenza individuale; è invece giunto il tempo, sacro e solenne, di tornare ad essere i protagonisti della nostra politica, di riorganizzare la società con nuove forme, ripartendo dalle comunità e da ciò che è essenziale per realizzare il bonum communis che è fine della politica autentica. Non possiamo più delegare la realizzazione di un sogno a delle entità orizzontali, abbiamo bisogno di tracciare nuove rotte metafisiche e forgiare cuori e menti ad essere l’energia creatrice di un Paese che dal dramma più angosciante deve risorgere a vita nuova, per un nuovo mondo.

A queste elezioni noi dedichiamo un grido: Crolli la Repubblica, sorga l’Italia!

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/non-dobbiamo-cambiare-il-presidente-dobbiamo-cambiare-la-repubblica

Precari e stagionali

Dagli ultimi anni del secolo breve l’edificio di conquiste e garanzie del lavoro duramente conseguite, è stato gradualmente ma irreversibilmente demolito, grazie al collaborazionismo delle forze sindacali e al tradimento dei partiti che per tradizione e mandato dovevano essere al servizio del riscatto degli sfruttati.

La nostra contemporaneità fa pensare che la guerra di classe sia perduta, anche grazie all’atteggiamento rinunciatario  di quelle élite del monopolio intellettuale ormai soggiogate dal pensiero dominante e che consumano ogni risorsa nella conservazione e manutenzione della propria superiorità, nell’illusione che sia inviolabile dalla pressione delle disuguagliante, dalle discriminazioni e dal progressivo impoverimento di beni e di valori.

leggi tutto https://ilsimplicissimus2.com/2022/01/25/precari-e-stagionali-il-vanto-del-governo-158945/

I successi delle privatizzazioni

I successi delle privatizzazioni

di Redazione · Pubblicato 25 Gennaio 2022 · Aggiornato 25 Gennaio 2022

di GILBERTO TROMBETTA (RI Roma)

Prima di essere svenduta ai privati, Telecom era il 6° operatore al mondo, fatturava 23,2 miliardi, dava lavoro a 120.345 persone, non aveva debiti, vantava 30 partecipazioni internazionali e un patrimonio immobiliare di 10 miliardi. Oggi è il 17° operatore, fattura 15,8 miliardi (-31,9%), dà lavoro a 52.333 dipendenti (-56,5%) e ha 23,3 miliardi di debiti. Secondo il report del 2010 sulle privatizzazioni della Corte dei Conti, il patrimonio immobiliare è stato praticamente regalato. Parliamo di immobili per un totale di 3,3 milioni di metri quadrati di superficie.

A Capo del Comitato di Consulenza e Garanzia delle Privatizzazioni c’era Mario Draghi. Mario Draghi è stato uno dei protagonisti indiscussi della grande stagione di svendita dell’industria pubblica (IRI) degli anni 90 (insieme ai vari Prodi, D’Alema). Con lui l’Italia è stato il Paese che ha privatizzato più degli altri Paesi europei sia in valori assoluti (110 miliardi di euro), che in rapporto al PIL (più del 10%).

Privatizzazioni chieste a gran voce dall’Unione Europea in nome del mantra “meno Stato, più mercato”.

Mario Draghi è tornato per finire il lavoro. Come dimostra il caso Alitalia che è stata lasciata fallire per poi essere svenduta a Lufthansa. Iscriviti al nostro canale Telegram

Colpe e responsabilità

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Ma il vecchio detto non recitava “scuola, maestra di vita”?

Il mondo va alla rovescia e l’ultima novità è che invece si è rivelata maestra di morte, dopo che Lorenzo Parelli, 18ennedi Castions di Strada, in provincia di Udine, nel suo ultimo giorno di stage in fabbrica è stato colpito da una putrella nello stabilimento di carpenteria metallica di Lauzacco della Burimec Srl, mentre era intento a completare l’allestimento di un macchinario. Proprio lunedì sarebbe rientrato a scuola per proseguire il “percorso di formazione” nell’ambito  dell’alternanza scuola -lavoro.

Eh si, il mondo va alla rovescia: anche la storia ha smesso di essere maestra di vita e vigono silenzio e oblio  sulla sua lezione. Così è stato steso un velo di ipocrita smemoratezza sull’entusiasmo con il quale il governo Renzi salutò quella sintesi delle teorie criminali che avevano ispirato Jobs Act e Buona Scuola, per cancellare diritti e conquiste scomode, realizzando la visione di una istruzione volta alla formazione di piccoli quadri esecutivi, addetti a una unica mansione servile, disposti a tutto per ottenere e conservarsi il posto  conquistato dopo un sedicente tirocinio educativo all’obbedienza, alla rinuncia, all’accettazione mansueta del ricatto e dell’umiliazione, più che all’apprendimento di un mestiere.

L’abbietta pedagogia dei polli di batteria della Leopolda e dei loro santoni sciorinava i casi di successo di scellerati ribaldi che si vantavano di aver tracciato il solco con il volontariato dei Grandi Eventi, l’Expo, le mostre degli assessori che appaltavano le guardianie alle cooperative dal caporalato di ragazzini che amano l’arte e sognano che si aprano le porte del Dams, o, peggio, nel teatrino del norcino della real casa che esibiva le sue massaie rurali e i suoi festosi casari in Fico, mentre sconfezionavano i prodotti del supermercato alleato dell’inganno delle caciotte.

Nessuno ha ricordato come esultava il ministro Poletti, l’ultrà talmente posseduto dalla militanza cooperativa da andarne a celebrare i fasti insieme ai vertici del Mondo di Mezzo, quello che voleva fare la cooperazione allo sviluppo alla rovescia, proprio come la sua lotta di classe di padroni contro lavoratori, mutuando le abitudini testate con successo dai Benetton e sfruttando ragazzini nostrani costringendoli a ripetere i miti deamicisiani, muratorini, tipografi, scrivani nel fastoso 2000.

Tanto che ebbe a dire che raccomandava anche alla sua prole il lavoro estivo, così istruttivo ed edificante. E c’è da giurarci che abbiano fatto lo stesso altri genitori eccellenti con i rampolli che nuotavano nel delfinario progressista, mandati, tra il mese all’Argentario e la vela a Caprera, a  formarsi au pair a Londra o a New York in omologhe case patrizie in attesa di intraprendere brillanti carriere meritate in atenei esclusivi come Fornero/Deaglio Jr, nei santuari dell’economia liberista come Reichlin/Castellina Jr, nella prestigiosa industria punta di diamante come Draghi/Cappello Jr e così via.

Non sappiamo l’età e il corso di studi di Lorenzo e Antonio Bianchi, c’è da augurare loro che si siano sottratti all’influenza di un padre che, in occasione di un  incidente mortale sul lavoro, uno quegli assassini che vengono chiamati morti bianche, ha la faccia di tolla di dichiarare: “La morte di un ragazzo di 18 anni durante un’esperienza di stage provoca profondo dolore… il tirocinio deve essere un’esperienza di vita“.

Altro che tirocinio,  l’alternanza è una forma di sfruttamento dei giovani praticata ampiamente durante il fascismo con il nome di “avviamento al lavoro”, e che come allora mira a togliere “dalla strada dove bighellonano”, secondo la definizione di Poletti,  o da una zona tristemente grigia, i giovani disillusi e renitente allo studio, che non hanno un’occupazione e che potrebbe rivelarsi delle mone vaganti, esplosive, esposte allo scontento e al malessere sociale, al fine di  irreggimentarli nell’esercito che deve muoversi e andare come e dove vuole in padronato, in modo che  imparino da subito l’ammaestramento di un’esistenza vita, dove l’unico diritto concesso è quello di faticare e l’unico dovere è rispondere si a intimidazioni e minacce a norma di legge, e dove tutto deve essere mobile e precario, in modo che sia introiettata quell’incertezza che persuade  a subire i ricatti come un codice fatale.

Chimera

La Chimera era un essere mitologico, mostruoso e gigantesco con cento teste di drago. Il padre era Tifone, che come nome era già tutto un programma. La mamma, per non essere da meno, era Echidna, la vipera: metà donna bellissima e metà orribile serpente maculato. La coppia doveva avere qualche problema genetico: altri figli furono Cerbero, cane infernale a tre teste e Ortro, anche lui feroce cane, guardiano di mandrie, ma con due sole teste. Già meglio.

La Chimera è stata la personificazione della tempesta, aveva preso dal babbo, la sua voce era il tuono. Fece parecchi danni lungo le coste dell’attuale Turchia, elargendo distruzioni e pestilenze e contribuendo ad inasprire ancor di più il carattere, già bernesco, della popolazione locale. Finché Bellerofonte con l’aiuto di Pegaso, il cavallo alato che oggi sponsorizza la Regione Toscana, non la uccise. Immerse la punta di piombo del giavellotto nelle fauci fiammeggianti della belva. Il fuoco sciolse il piombo che soffocò la simpatica bestiola. I mostri non sono tutto questo granché, alla fine. E sembrava anche una bischerata, ma se non era per Bellerofonte…

Alla Teogonia di Esiodo si ispirò l’artista di Cerveteri che raffigurò la Chimera con tre teste: due laterali di leone e di drago e una centrale di capra. Nell’Iliade Omero la descrisse “Lion la testa, il petto capra, e drago la coda / e dalla bocca orrende vampe vomitava di foco…” secondo la traduzione di Vincenzo Monti. E così fu scolpita dagli Etruschi in un capolavoro bronzeo del V-IV secolo a. C. rinvenuto nel 1553 nelle campagne di Arezzo e restaurato da Benvenuto Cellini. L’opera per un po’ fu conservata in Palazzo Vecchio, Cosimo I dei Medici la volle a guardia del suo trono. Ma poi fu spostata nella Villa Medicea di Castello perché, dice, portava piuttosto sculo. Rassicurante non era. E allora meglio ai Castellani, anche per una questione di equità. Oggi l’originale si può ammirare al Museo Archeologico di Firenze. Due riproduzioni ornano le fontane in Piazza della Stazione ad Arezzo. Chimera viene dal greco “Khimaira” che significa capra, l’animale più selvatico tra i domestici e il più domestico tra i selvatici. La bestia ha ispirato il critico d’arte e politico a tempo perso Vittorio Sgarbi. E sarà perché “monstrum” in latino stava per “prodigio”, anche Chimera ha assunto il significato di cosa irraggiungibile, simbolo del cambiamento e delle illusioni, delle fantasie azzardate, nonché dei sogni irrealizzabili e pericolosi. Canta infatti il mitico Gianni Morandi : “ma se il mio cuore spera non sarà solo una chimera”.

Bene, ciò detto, se i genetisti non facessero tanto i saputelloni, battezzando Chimera i loro esperimenti scientifici atti ad unire cellule umane ed embrioni animali, sarebbe parecchio meglio. La notizia è stata data in questi giorni da “Leonardo”, il telegiornale della scienza. Si può anche comprendere il nobile tentativo di coniugare sapere scientifico e cultura umanistica, ma il riferimento al “mostro” è alquanto inquietante, specie se si tratta di fusioni di razze diverse: umana e animale. Perché non esistono diverse razze fra gli uomini, c’è una sola razza umana. Ha ragione la neo senatrice Liliana Segre, anche se ha altrettanto ragione Paolo Grossi, già presidente della Corte Costituzionale, a dire che i razzismi esistono e allora, a presidio di ciò, è meglio lasciarla la parola “razza” nella Costituzione e non toglierla come la senatrice propone. Comunque esiste la razza animale e noi umani, pur facendone inizialmente parte, ci siamo distinti da essa. O perlomeno ci siamo impegnati a farlo, con esiti alterni, ma in genere migliori. Ora rimescolare di nuovo le cose evoca ancestrali paure e legittimi problemi etici.

Tuttavia ciò è fatto a scopo medico curativo: inserendo un numero determinato e limitato di cellule staminali umane in un embrione animale e programmando il DNA, si creerebbero le basi per la riproduzione in laboratorio di organi umani, impiegabili per i trapianti, evitando il rischio di rigetto. Oltretutto senza più bisogno di donatori che per donare devono essere generalmente morti. Per non parlare del mondo ucronico e distopico descritto da Kazuo Ishiguro. Il Nobel della letteratura, nel romanzo “Non lasciarmi”, immagina che si clonino in laboratorio esseri umani e, fin da piccoli, si educhino e si allevino per sacrificarli come donatori di organi, in sostituzione di quelli malati. Esseri viventi sussidiari. Terribile.

Ho appreso che sono state create con successo una chimera uomo/maiale e un’altra uomo/pecora. Ora, anche a riferirsi a recenti fatti di cronaca avvenuti nel mondo della produzione hollywoodiana, ma non solo, l’uomo, pur senza generalizzare, un po’ maiale si conferma. Quanto alla donna non mi permetto. Quindi, attenzione a non esagerare. E per l’uomo/pecora, che si può dire? Un po’ pecoroni siamo sempre stati, anche in quanto animali gregari. E l’uomo “pe’oro” è sempre esistito, nella fattispecie di marito. Senza nulla insinuare della moglie, che come dice Furio/Verdone: “Magda, tu mi adori? Sì. E allora lo vedi che la cosa è reciproca!”. Anzi, quanto a corna, la cosa, più che reciproca, mi pare sbilanciata a favore della consorte, proprio in virtù dei virili riferimenti suini di cui sopra. Dunque “est modus in rebus”. E in effetti è un bel rebus. Però se la scienza medica sconfiggesse il male o vi ponesse riparo, senza né produrre mostri, né sconfinare nell’eugenetica e nemmeno sacrificare gli animali, in fondo sarebbe anche un bene. Si campa di più. Magari speriamo un po’ meglio.

Pontedera, 25 Febbraio 2018

Libero Venturi

https://www.quinewsvaldera.it/blog/pensieri-della-domenica/dizionario-minimo-il-corso-delle-stelle-blog-libero-venturi.htm

Relata refero

Fronteggiare il caro bollette con un piano di tagli a lungo termine, mentre per i ristori alla fine dovrebbe essere stanziato un miliardo. Questi i temi in agenda da discutere nel Consiglio dei ministri. Nel provvedimento, a quanto pare, non rientrerebbe l’intervento sugli extra-profitti delle aziende energetiche.

Calmierare i prezzi dell’energia

L’obiettivo dell’Esecutivo è quello di calmierare i prezzi dell’energia che stanno portando al caro bollette. In che modo? Recuperando un miliardo e mezzo di euro con i proventi delle aste di Co2, oltre alla cartolarizzazione di una serie di oneri di sistema, del valore di 2,5 miliardi. Un totale, quindi, di 4 miliardi senza scostamenti del deficit.

“Valutare ulteriori misure”

Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, in aula alla Camera – nel corso di una interrogazione – sul caro bollette ha spiegato che “il Governo è intervenuto a più riprese attraverso misure aventi carattere di urgenza” e che “non va sottovalutato il notevole sforzo compiuto di recente, in occasione della legge di bilancio 2022. Tuttavia, l’eccezionalità della situazione rischia di offuscare l’efficacia delle azioni messe in atto dal Governo e induce alla valutazione di ulteriori misure di carattere prettamente strutturale”. Non solo: per Cingolani le misure “possono essere così sinteticamente riassunte: promuovere una revisione delle regole del mercato elettrico, da sviluppare su base europea, per consentire ai consumatori di beneficiare degli investimenti e dei minori costi dell’energia prodotta da fonti rinnovabili; accelerare in modo significativo il tasso di installazioni delle fonti rinnovabili e delle infrastrutture necessarie per la decarbonizzazione, attraverso la semplificazione dei procedimenti autorizzativi e la pianificazione dell’installazione di nuovi impianti (aree idonee), nonché mediante nuovi incentivi, con programmazione di lungo termine, coperti, almeno parzialmente, dal Pnrr e dai proventi delle aste Ets su tutti i fronti: rinnovabili elettriche, efficienza energetica, gas rinnovabili, rinnovabili termiche, anche in assetti di comunità energetiche; proteggere i consumatori più esposti ai maggiori costi dell’energia, attraverso la posta in essere di azioni a contrasto della povertà energetica e assicurando una protezione rafforzata dei clienti vulnerabili; rafforzare gli strumenti a salvaguardia dei livelli di competitività delle imprese ad alto consumo di energia, sia attraverso strumenti di mercato sia con meccanismi di compensazione”.

La paura delle imprese

Infine, secondo uno studio di Confcommercio svolto in collaborazione con Nomisma Energia, lo “spettro” del caro energia “continua a fare paura alle imprese del commercio, della ricettività e della ristorazione che nel 2022, nonostante le misure di contenimento già adottate dal Governo, dovranno sostenere un aumento della bolletta energetica con una spesa complessiva per gas ed elettricità che passerà da 11,3 miliardi di euro del 2021 a 19,9 miliardi (+76 per cento). Un conto salatissimo per un milione di imprese: le più colpite dalla pandemia e che ora rischiano in tantissime la chiusura anche a causa dei rincari energetici”. In particolare, “per l’elettricità, le imprese di questi settori, con un consumo complessivo di 22 miliardi di chilowattora, con le nuove tariffe in vigore dal primo gennaio, vedranno aumentare la bolletta da 7,4 miliardi di euro nel 2021 a 13,9 nel 2022. A questa spesa – è stato evidenziato – si deve poi aggiungere quella, altrettanto pesante, per il gas che, con un consumo complessivo di 5 miliardi di metri cubi, vedrà la bolletta aumentare da 3,9 miliardi euro nel 2021 a 6 miliardi nel 2022”.

http://www.opinione.it/economia/2022/01/20/brigida-baracchi_caro-bollette-ristori-cdm-transizione-ecologica-cingolani/

Scemi

In realtà il DL 1/2022 legalizza a posteriori questo abuso, il cui terreno però è stato preparato dal DL 139/2021 nominato Capienze, che riforma il Codice della Privacy, permettendo alla PA di trattare i dati personali in modo arbitrario e totalmente autoritario, scavalcando le farraginose leggi sulla privacy senza alcun dibattito politico parlamentare.
In base al DL Capienze ogni pubblico ministero è autorizzato a incrociare dati relativi al Ministero della salute, e viceversa, in un quadro informatico dove i dati rimbalzano da un ente all’altro, creando una database sempre più centrale e verticalizzata.
Questo processo tecnico/giuridico, che sostanzialmente è la digitalizzazione della PA, non è iniziato con il Green pass, bensì con la fatturazione elettronica, e fa immaginare facilmente il passaggio verso un sistema di punteggio sociale (social scoring), dove l’accesso a beni e servizi esistenziali sarà costantemente subordinato al possesso di determinati requisiti.
Astutamente, la sanzione di soli 100 euro è stata congegnata per favorire la “trasgressione” e, nel contempo, per scoraggiare ricorsi giudiziari che sarebbero più costosi per i cittadini.
Il governo spera che non tutti capiscano che la sanzione in mancanza di reato (vista la natura passiva del comportamento sanzionato) rischia di diventare in un prossimo momento un grattacapo insostenibile anche per costituzionalisti alla Zagrebelsky, abili in arrampicate interpretative. (Sarà dura invocare la dignità umana nel momento in cui i costituzionalisti dimostrano di essere i primi ad averci rinunciato.)
Ma con questa sanzione il governo spera oltre tutto di gettare polvere negli occhi dell’opinione pubblica soggiogata dalla vaccinolatria, che sarà contenta di potersi indignare e di invocare provvedimenti forcaioli e perfino il carcere per i no vax, tralasciando il nocciolo del problema, ossia la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di usare il lasciapassare come strumento di ricatto verso chiunque. Del resto l’incitamento all’odio è la principale arma di distrazione di massa, un modo per abbassare drasticamente il livello della discussione e far oscurare i dettagli più importanti.

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/la-digitalizzazione-vaccinista