
Dopo una lunghissima e approfondita riflessione, sono giunta alla sofferta decisione di uscire dal partito nel quale sono stata eletta.
La mia scelta è maturata dopo mesi in cui i valori in cui credo fermamente – quelli dell’uguaglianza, della libertà individuale e della dignità umana – sono stati sempre più calpestati dai provvedimenti presi dal governo nazionale, di cui la Lega fa parte. Nonostante le rassicurazioni e le battaglie interne del nostro leader, sono passati decreti liberticidi e discriminatori che – a mio avviso – sono incompatibili con i principi fondamentali del nostro ordinamento.
Preso atto della scelta del Segretario di permanere in questo governo qualunque atto esso compia, assunta anche in considerazione della volontà in tal senso prevalente dei ministri e governatori della Lega, ritengo che sia oggi un fatto di coerenza con i miei valori e di rispetto per i miei elettori ma anche per i miei colleghi di partito, fare un passo indietro e smettere di farne parte.
Non intendo infatti creare ulteriori imbarazzi o problemi al Segretario federale o ad altri con le mie dichiarazioni o iniziative dissonanti rispetto alla linea indicata dal vertice.
Ringrazio Matteo Salvini per le battaglie che continua a combattere nel suo delicato e difficile ruolo, nonché per lo spazio concessomi, senza mai censurare le mie personali opinioni. Restano immutate la mia stima ed affetto per lui e per tutti i miei colleghi, con i quali continuerò a lavorare da esterna, ove possibile, con lo stesso spirito di collaborazione e lealtà, pur nel rispetto prioritario dei parametri etici che la mia coscienza mi impone.
Ringrazio anche il Segretario Regionale siciliano On. Nino Minardo, galantuomo con cui ho sempre avuto rapporti di reciproca stima e lealtà.
Resterò membro del gruppo Identità e Democrazia al Parlamento Europeo, ma rimarrò fuori da altre collocazioni partitiche per poter svolgere nella massima indipendenza e sotto la mia personale responsabilità il mio ruolo politico in difesa della minoranza degli Italiani oggi etichettati come “no-vax”, gravemente discriminati e attaccati nel nostro Paese, e di tutti coloro che credono ancora nei valori della nostra Costituzione repubblicana, che pongono al centro il rispetto dei diritti umani per tutti i cittadini.
Ma siccome un carattere sempre presente nell’autobiografia nazionale è la riduzione di ogni arena di confronto ideologico a retrobottega delle farmacie di provincia dove un tempo si riunivano i notabili per litigare e poi far pace in nome di comuni interessi, il povero Freccero non è oggetto di ostracismo e anatema perché denuncia come sia in corso il più grande e organizzato tentativo di ristrutturazione capitalistica che si sia mai verificata nell’Occidente, perché gli pare evidente come a molti altri che ciononostante sospendono la critica in considerazione che “c’è il Covid”, che si è formato un fronte strutturato per la demolizione degli stati sociali e di diritto e delle democrazie, promosso dalle multinazionali, quelle farmaceutiche, delle piattaforme, del digitale, dal sistema finanziario e dai fondi di investimento come BlackRock che ha reso permanente la crisi cominciata con la circolazione di capitali e poi replicata fino a aggiornarla in forma di pandemia qualche giorno dopo che a Davos il World Economic Forum discute “profeticamente” di economia e di vaccini.
https://ilsimplicissimus2.com/2021/09/23/gli-asini-danno-dei-cornuti-ai-buoni-155200/
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A PROPOSITO DI PENSIERO UNICO
Tranchant il commento del direttore del Museo, Orazio Micali, riportato da Repubblica: “Siamo un servizio pubblico, rispettiamo le norme, le applichiamo e le facciamo rispettare a chiunque. Che si chiami Red Ronnie o meno. Con rammarico mi trovo a commentare un’azione che ritengo premeditata e con finalità tutt’altro che onorevoli. Il signor Ronnie si è avvicinato alla biglietteria senza mascherina, rifiutandosi di metterla, così come gran parte dei suoi accompagnatori. E poi si è rifiutato di esibire il Green Pass. Si è creata una situazione che definisco imbarazzante, in quanto il signor Ronnie si è poi rifiutato di lasciare l’area, creando solo disagi e mancando di rispetto ai visitatori e a chi stava in quel momento lavorando. Poi è andato via, ma nel frattempo abbiamo chiesto l’intervento della polizia che ha subito acquisito tutte le nostre dichiarazioni. Ci tengo a ribadire che il Museo è un luogo di cultura e di culture, di pensieri e dialettiche. Un luogo che vanta opere di artisti e geni che hanno anche manifestato il loro dissenso attraverso l’arte. Perché è giusto manifestare il proprio pensiero, ma con gli strumenti adeguati e rispettando il pensiero e l’opinione altrui”.
Una sala del MuMe
Una sala del MuMe
LA LINEA DURA DI RED
Nulla di nuovo dal fronte di incalliti Novax e opinionisti bastiancontrari, tutti presi dalla loro missione di guerrieri naïf. Nel mezzo del dibattito rovente su pandemia, lockdown e vaccino – o meglio, “siero sperimentale genico”, come direbbero quelli di cui sopra, certi delle mutazioni in atto nel dna delle inconsapevoli cavie – Ronnie si era più volte espresso in modo netto. Il Covid? “Un esperimento di comunicazione mediatica per distruggere il nostro Paese e svenderlo”. Il governo? Ha nascosto la Pandemia agli italiani, ha impedito le autopsie ai cadaveri e poi ha cavalcato la paura, che notoriamente (come carne e latticini) “abbassa le difese immunitarie“. Il vaccino obbligatorio? Per carità. Incostituzionale, sempre. Il Dottor. De Donno (fautore delle terapie con plasma iperimmune, trovato morto suicida)? Lo hanno ammazzato perché la sua cura doveva essere insabbiata (e qui il delirio degenerò in improbabili teorie cospirazioniste, tirando dentro pure Stefano Montanari, medico al centro di polemiche e denunce per le sue teorie complottistiche anti-vaccinali). E via così, in linea con quelle pratiche di disinformazione, che trovano nella costruzione di facili nemici comuni un meccanismo efficace, condiviso da certa propaganda politica: che siano l’OMS, Big Pharma, la Cina, gli States, l’Europa, Bill Gates, il 5G, le scie chimiche, oppure i migranti, la musica non cambia.
Già nel 2016, quando il Coronavirus non era nemmeno nei nostri incubi peggiori, proprio per alcune affermazioni in tema vaccini il “Barone Rosso” si era beccato una querela, da parte dell’aspro (e permaloso) Professor Roberto Burioni: vaccinare i bambini, per lui, era (ed è) una follia. Il rischio di prendersi l’autismo c’è e Burioni lo avrebbe negato per interessi personali, in quanto beneficiario di lauti proventi da parte delle case farmaceutiche. Per il tribunale la diffamazione non ci fu, ma restano infondate le argomentazioni: nessuno studio serio ha mai comprovato la relazione tra autismo e vaccini, come la comunità scientifica internazionale ha sempre ribadito. La storiella, peró, negli ultimi anni ha trovato ampio consenso popolare, creando l’ennesimo, gratuito spauracchio. E l’ex stella di “Roxy Bar” e “Be Bop a Lula” ha scelto da che parte stare: non con la scienza, ma – per dirne una – con le cause di una Eleonora Brigliadori, ormai irrimediabilmente calata, con le sue colorite liturgie, nei panni di profetessa new age antisistema. Ognuno ha i compagni di battaglie che si merita.
Il tweet di Red Ronnie a proposito della morte di De Donno
Il tweet di Red Ronnie a proposito della morte di De Donno
Il PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO
Rispetto alla questione del Green Pass, va da sé, uno come Red non poteva allora che allinearsi a posizioni duramente critiche. Lo strumento sarebbe sbagliato. E non per finezza di principio, come ha voluto argomentatore l’ottimo professor Alessandro Barbero, firmatario di un discutibile appello contro la certificazione verde, diffuso da alcuni docenti universitari, il quale ha motivato con garbo la sua scelta, chiedendo una più chiara e trasparente legge per l’obbligo vaccinale in luogo dell’”ambiguo” passaporto verde (tema tutto politico e rivendicazione anche legittima, ma che nella pratica poco e niente sposta rispetto al metodo attuale, inclusa la responsabilità del governo dinanzi a eventuali danni causati da vaccini, obbligatori o solo raccomandati, come la giurisprudenza insegna).
Nel caso di Red Ronnie, la motivazione è invece assolutamente concreta: non far accedere nessuno alle proprie informazioni personali. Peccato che il Consiglio di Stato si era espresso giusto pochi giorni addietro: richiedere il GP, nei luoghi in cui va esibito per decreto, non comporta violazione della privacy. Ribadite dunque validità ed efficacia delle disposizioni attuative (Dpcm del 17 giugno 2021) del sistema basato sulla certificazione verde Covid-19. La sentenza ha confermato la decisione del Tar Lazio n. 4281/2021, respingendo le istanze di 4 cittadini non vaccinati, convinti che la richiesta del passaporto verde lederebbe la riservatezza sanitaria, in contrasto con la relativa disciplina europea. E invece, secondo le autorità, “non essendo stata dimostrata l’attualità del pregiudizio lamentato dai ricorrenti, restando salva la libera autodeterminazione dei cittadini che scelgono di non vaccinarsi, risulta prevalente l’interesse pubblico all’attuazione delle misure disposte attraverso l’impiego del Green pass, anche considerando la sua finalità di progressiva ripresa delle attività economiche e sociali“.
Al povero Red, turista sull’orlo di una crisi di nervi, la notizia era probabilmente sfuggita. E a poco vale rifugiarsi dietro l’ennesimo teorema, figlio di una retorica ormai stucchevole: “Non ci fanno entrare nei musei e nei teatri perchè ci vogliono ignoranti”. E allora ci vogliono anche stanziali (non si entra in stazione e in aeroporto), digiuni (non si entra al ristorante), astemi (non si entra in bar e locali), disoccupati (non si va a lavoro, che sia nel pubblico o nel privato). Parliamo di indolenza e disinteresse, piuttosto che di una reale intenzione di obnubilamento dei cervelli: la politica è spesso più mediocre che luciferina.
CHE IL MUSEO RINGRAZI!
L’epilogo in piena notte. Riuniti attorno a un tavolo, Red Ronnie e i suoi compagni nel corso di una diretta Facebook riassumono i fatti della giornata. E ci tengono a sottolineare di non aver disturbato nessuno con le loro proteste in biglietteria, essendo il museo privo di visitatori. Al direttor Micali, poi, rintuzzano così: essere ribelli senza tradire le regole è impossibile. Lo stesso Caravaggio è il primo dei ribelli. E loro, arrivati lì per ammirare il genio “controcorrente”, amico di “emarginati” e “prostituite“, nemico della massa, contro le regole volevano andare. Incompresi e mazziati. Una perla, sul finire: “Anche i nazisti rispettavano la legge. Ci sono molte somiglianze”. Ed è subito stella di David sul petto e sui cartelli dei Novax, fra l’oltraggio e l’idiozia.
Chiudono vantandosi per lo spot involontario regalato al museo, che dovrebbe solo ringraziarli: finalmente qualcuno sa che ci sono dei Caravaggio a Messina. Argomento trend-topic del giorno ed enorme copertura mediatica per l’imbarazzante siparietto, ma se al MuMe si riuscirà davvero a dare una mano in più, in quanto a programmazione, comunicazione, identità e politiche culturali, non v’è subbio che temi e testimonial saranno ben altri. Magari nell’ottica di un serio progetto di rilancio e valorizzazione.
– Helga Marsala
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