Con il risultato, come ha scritto di recente Wolfgang Münchau, che «non appena le regole fiscali saranno ripristinate, l’Italia si ritroverà in violazione dei vincoli di debito e soggetta a una procedura per disavanzo eccessivo, con la necessità di effettuare un aggiustamento strutturale di forse 4 punti percentuali del PIL». A quel punto, dice Münchau, «[s]embra inevitabile che il debito pubblico italiano finirà per dover essere ristrutturato». Anzi, secondo Münchau, il significato del MES “riformato” (a partire dalla clausola single-limb) è precisamente «quello di preparare il terreno per la ristrutturazione del debito italiano, senza affermarlo esplicitamente».
Quanto detto finora dovrebbe essere sufficiente a comprendere perché la riforma del MES sia da rigettare senza se e senza ma. Tuttavia, si impone a questo punto una considerazione di ordine più generale. Come abbiamo ormai spiegato ad libitum, il rischio che uno Stato possa trovarsi “in difficoltà nel finanziarsi sul mercato” o addirittura costretto a una ristrutturazione forzata del proprio debito pubblico – presupposto su cui si basa la stessa ragion d’essere del MES – non si pone neanche per quegli Stati “normali” che dispongono della sovranità monetaria, cioè che emettono debito nella propria valuta.
Uno Stato che goda della garanzia esplicita di una banca centrale, infatti, non potrà mai rimanere a corto di fondi – né potrà mai trovarsi impossibilitato a rifinanziare il proprio debito ed essere dunque costretto a fare default o a ristrutturare il proprio debito – nel caso in cui non vi siano investitori disposti a comprare i titoli emessi dallo Stato, poiché la banca centrale può sempre intervenire per sopperire a una eventuale carenza di acquirenti privati o per rimborsare i titoli in scadenza (quello che in gergo tecnico si chiama rollover) attraverso la creazione di denaro dal nulla. Per la stessa ragione, i mercati non potranno mai imporre un rialzo dei tassi di interesse a uno Stato che emette moneta.
Non è un caso che in nessun paese “normale” esistano strumenti come il MES – cioè uno strumento nato per prestare ai paesi la propria valuta in cambio di “riforme strutturali” e tagli alla spesa pubblica.
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/il-nuovo-mes-riformato-e-peggio-di-quello-vecchio
A parte il momento costituente che fu il più autentico momento di indipendenza tanto da dare origine a una Costituzione da sempre avversata dalle costellazioni di potere interno ed esterno, l’interesse del Paese è stato sempre in secondo piano e la classe dirigente si è selezionata secondo questo criterio di sudditanza.
https://ilsimplicissimus2.com/2020/12/10/il-mes-sale-europeo/
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Cito solo quattro imprese di Ciampi:
Nel 1980, assieme ad Andreatta, avviò il c.d. divorzio della Banca d’Italia dal Ministero del Tesoro – cioè consegnò la banca centrale nazionale a una gestione praticamente privata, che, assieme a nuove regole per le aste dei titoli pubblici, portò rapidamente al raddoppio del debito pubblico italiano.
Il 2 Giugno 1992, con Andreatta, Draghi, i presidenti delle grandi aziende pubbliche, partecipò a bordo del panfilo Britannia, assieme ai rappresentanti della grande finanza speculativa mondiale, a incontri in cui fu deciso il successivo corso economico (e non solo dell’Italia), incominciando dalle privatizzazioni che furono rese necessarie da quanto segue.
Nell’estate del 1992, con Amato premier, la BdI da lui ‘governata’ bruciò inutilmente 70.000 miliardi di lire per ritardare l’inevitabile svalutazione del 30% della Lira sulle monete forti europee, consentendo ai soliti fortunati di cambiare le loro Lire in Marchi, e così di lucrare circa 30.000 miliardi.
In seguito, nonostante che insigni economisti e precedenti storici avvertissero della dannosità e insostenibilità di una moneta comune o parità di cambi, volle fortissimamente l’Italia nell’Euro, fino a imporre la sua ammissione benché non avesse i requisiti prescritti; ne conseguì da una parte un’impennata della spesa pubblica improduttiva, e poi la deindustrializzazione e la perdita di competitività del Paese a beneficio soprattutto della Germania.
11.12.2020 Marco Della Luna
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Se attraverso la moda, come suggeriva Roland Barthes, “la società si mette in mostra e comunica ciò che pensa del mondo” non c’è niente di meglio del jeans strappato che simula il lavoro che ci viene tolto, simula la rinuncia a quella che potremmo chiamare distinzione attraverso capi che in realtà sono più costosi di quelli integri, simula semplicità a fronte di lavorazioni complesse, allude a una vaga libertà quando invece rappresenta la massima sottomissione. Insomma ci portiamo addosso, bella aderente alla pelle la mistificazione.
https://ilsimplicissimus2.com/2020/12/22/intermezzi-apocrifi-i-jeans-strappati/
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