O capitano, mio capitano, a processo con i voti determinanti di quelli con cui condividevi responsabilità di governo e tacquero- forse segretamente applaudirono – alle tue mosse nei confronti dell’’immigrazione clandestina. Gente che afferma che “uno vale uno”, ma non è vero, perché per essere “uno” occorre intanto essere uomini. A Catania capiremo se l’Italia è ancora uno Stato di diritto, se possiamo sperare nel futuro o se la scelta più saggia è quella di abbandonare questa ex nazione folle e disgregata. Probabilmente altrove, pur da stranieri, saremo trattati con maggiore rispetto che in Patria. Il passaggio è cruciale: è forse entrato in vigore, a nostra insaputa, il cosiddetto “diritto penale del nemico “? Ne parleremo più ampiamente in uno specifico intervento, ma il nostro timore è che stia vincendo la corrente del diritto penale contemporaneo chiamata “funzionalismo normativo”, nota anche come diritto penale del nemico, il cui massimo teorico europeo è il tedesco Günther Jakobs. Per Jakobs devono sussistere due binari giuridici divergenti, rivolti a due categorie differenti di soggetti: il primo vige per il cittadino ordinario, il secondo è uno strumento da utilizzare contro chi, di volta in volta, è identificato come nemico all’interno di una società politica. In sostanza, attraverso tale arbitraria costruzione giuridica, non si analizza il profilo di reato di un fatto, ma si persegue l’autore in quanto “nemico” dello Stato, della società, dell’ordine civile.
Roberto Pecchioli in
Come notava ieri giustamente Il Foglio, per la mentalità giustizialista «chi viene identificato come nemico viene colpito indipendentemente dalla consistenza o meno degli indizi e anche dopo le assoluzioni viene tenuto in piedi il dubbio: non ci sono innocenti, solo colpevoli che se la sono cavata». E così, se per mettere alla gogna un avversario politico servono pagine e pagine di intercettazioni, titoli e titoli di giornale, colonne e colonne di inchiostro – così che, nel gran calderone, qualche “impressione” rimanga al lettore – per dar conto di un’assoluzione basta molto meno. Basta una didascalia velenosa.
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/se-e-innocente-basta-una-didascalia-velenosa
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TALIA: UN MANDARINATO GIUDIZIARIO
Nella scia del caso Palamara e di altri analoghi, oggi da più parti, anche da parte di magistrati non intruppati, si lamenta che il potere giudiziario da decenni è finito nelle mani o nei tentacoli di una organizzazione illegittima di magistritati-capi[i], un’organizzazione
-che lo usa per interessi privati e politici, per sostenere la sinistra (particolarmente il PCI-PD) colpendo (talora) arbitrariamente la destra.
https://marcodellaluna.info/sito/2020/10/04/mandarinato-giudiziario/
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