In buona sostanza, l’elettorato italiano è tornato indietro di anni, quando tre forze – Lega, Forza Italia e Alleanza Nazionale – rappresentavano la tripletta vincente per la coalizione di centro destra, perché non basta agitare medagliette o raccomandarsi alla Madonna per cancellare gli anni di Bossi, del suo veemente odio per i meridionali e per le loro necessità di uno Stato assistenziale contro lo Stato liberista del Lombardo-Veneto. Che è la grande incognita dall’Unificazione, la grande questione mai risolta.
In questo mutamento, c’è anche la sempre maggior insipienza di Forza Italia, partito leader per tanti anni, ma rimasto senza un Delfino degno di questo ruolo: Silvio, almeno fino al Covid, s’è pensato immortale.
In parte l’elettorato di matrice cattolica s’è largamente ridotto: tutto ciò deve farci riflettere poiché, dopo 150 anni dall’Unificazione, la questione cattolica non pesa più come al tempo della Rerum Novarum. Anzi, le “cose nuove” sono giunte ma forse perché tanto “nuove” non erano, né così importanti sono sembrate, al punto che anche i papati più modernisti non hanno inciso più di tanto sul pensiero né hanno richiamato forze nuove dal cattolicesimo al cattolicesimo in politica.
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Quello che oggi, per rappresentanza parlamentare, è ancora il primo partito italiano non ha una struttura interna, non ha strutture sul territorio, non ha regole certe e comprovate sulla vita politica interna del loro partito. Come si può guardare avanti? Come si possono stabilire delle alleanze, senza democrazia interna? Come si possono eleggere dei “capi politici” senza consultare nessuno, se non la rete dei “Meet Up” – sorta di comunità psicologiche dedite alla politica – o quella barzelletta del voto su Rousseau?
Anche Di Battista dovrebbe fare ben attenzione a quello che dice nei suoi comizi: il loro non è un “sogno”, bensì una realtà che devono saper attuare gestendo al meglio i mezzi della politica. Dal pensiero alla realtà. Non al riportare in terra un “sogno” che…tutti devono condividere? C’è qualcosa che non funziona.
Il PD è stato quello che, dopo essersi opposto al “Sì” in ben tre occasioni, ha saputo sfangarla meglio, salvando la faccia di fronte ai suoi elettori e riuscendo a contenere l’avanzata del centro-destra: ora, lo aspetta il periodo più duro.
Devono riuscire a far passare una legge elettorale che, visto che il grande problema del bicameralismo perfetto pare insolubile, almeno sia una legge che parifica l’elezione dei senatori a quella dei deputati: la differenza è minima per l’età dei votanti e non si capisce perché gli esiti siano così diversi.
Bisogna però riconoscere che il partito di Zingaretti non ha sbagliato nulla: certo, hanno un’esperienza nella lotta politica che giunge loro da molte generazioni. Dovrebbero, però, capire che se sono in qualche modo “rinati” lo devono proprio alla decisione dei 5S d’andare contro tutto e contro tutti, “rivalutando” una tradizione di “sinistra” che s’era persa per strada.
estratto da http://carlobertani.blogspot.com/2020/09/chi-ha-vinto-e-chi-ha-perso.html