Il Gulag in una stanza

È gente che resta a casa sotto minaccia di sanzioni, ma perlopiù per paura del morbo, anche se a milioni non contano nessun malato tra familiari e conoscenti, in molti annoverano un amico o un congiunto che ha lamentato tosse e febbre, che ha chiamato senza risposta numeri di emergenza, cui un medico per telefono ha consigliato di restare a casa in attesa degli eventuali peggioramenti che non ci sono stati fortunatamente. E che una volta passati i sintomi, trascorsa la quarantena senza essere stato sottoposto a nessun accertamento né prima né dopo non essendo paziente eccellente, non sa se è guarito, portatore, infetto, salvo.

Quindi verrebbe da dire che vive il terrore e il contagio per sentito dire, mentre vive concretamente già gli esiti e i costi che comporta e comporterà lo stato di eccezione, quelli politici per l’obbligatoria obbedienza a soggetti autoritari e di controllo, quelli morali per la limitazione delle libertà, quelli psicologici, perché la detenzione provoca danni e fa regredire a stati infantili, quelli economici, perché aumentano i prezzi, diminuiscono o non ci sono entrate.

Ma si sta a casa. E c’è da chiedersi se lo stato di resa che stiamo dichiarando non dipenda dal desiderio per ora inconscio, di rinviare la consapevolezza di quello che sarà “dopo”, la vergogna per quello che c’è stato “prima”, quando abbiamo permesso che ci espropriassero non  solo di beni, ma di diritti, lavoro, casa, salute, dignità. Se questa rinuncia al libero arbitrio, per la quale ci affidiamo a autorità decisionali usurpate, non significhi solo la rimozione delle nostre capacità e prerogative, preferendo delegare per non vedere, non sentire, non parlare se non dietro la mascherina.

estratto da https://ilsimplicissimus2.com/2020/04/15/il-gulag-in-una-stanza/

4 pensieri su “Il Gulag in una stanza

  1. All’inizio è sempre l’emergenza: i barbari alle porte, Spartaco, la peste, le rivolte contadine; poi, con l’infrollirsi dei costumi, e l’allontanamento dalla gestione della cosa pubblica del corpo popolare (compresa, ci tengo a dirlo, la difesa militare dei confini da parte dei cittadini stessi), si trova comodo delegare furiosamente, sempre e comunque. E si arriva alla dittatura. La dittatura non è Pinochet e nemmeno Attila. È solo mancanza di libertà. E noi ci siamo ampiamente. Noi siamo liberi solo in questo: possiamo votare.
    https://alcesteilblog.blogspot.com/2020/04/il-fantasma-della-liberta2.html

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