Perché?

Fonte: Matteo Brandi

Davvero vi state spremendo le meningi per trovare una ragione dietro le zone rosse nei giorni festivi e prefestivi, le zona arancione nei giorni lavorativi, la chiusura prolungata di bar e ristoranti, gli spostamenti preclusi verso i Comuni capoluogo e altre cazzate del genere?
Fate un favore alla vostra testa e fermatevi. Non surriscaldate il cervello tentando di individuare un’idea sensata alla base del nuovo decreto: non c’è.
O meglio, non è quella che voi, ingenuamente magari, pensate. No, non c’entra nulla la lotta al Covid. No, non c’entra nulla la salute. No, non c’entra neanche la questione degli assembramenti.
L’unico obiettivo delle follie del Governo Conte siamo noi. A noi vogliono imporre una precisa idea economica, una precisa riorganizzazione sociale del mondo, quella che nel 2021 diverrà dogma mondiale con il nome di Grande Reset.
Centri commerciali aperti, bar e ristoranti chiusi. Metro aperte, musei e luoghi di culto chiusi. Grandi multinazionali in piena attività, PMI sull’orlo del fallimento. Assembramenti nei mezzi pubblici consentiti, feste in famiglia limitate. Delazione, distanziamento sociale, terrorismo mediatico.
Guardate dove ci hanno portati. Ci avreste mai creduto anche solo un anno fa? Tutto sta accelerando e molti di noi stanno accettando questa follia come la nuova normalità.
Cercare un motivo dietro gli eventi è umano, il problema è che talvolta è proprio quel motivo a non esserlo.
La domanda è: siamo pronti a prenderne atto? O preferiamo continuare a chiudere gli occhi?

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/state-cercando-di-capire-il-senso-delle-nuove-misure-anti-covid-del-governo-per-le-festivita-natalizie

Italexit

Con il risultato, come ha scritto di recente Wolfgang Münchau, che «non appena le regole fiscali saranno ripristinate, l’Italia si ritroverà in violazione dei vincoli di debito e soggetta a una procedura per disavanzo eccessivo, con la necessità di effettuare un aggiustamento strutturale di forse 4 punti percentuali del PIL». A quel punto, dice Münchau, «[s]embra inevitabile che il debito pubblico italiano finirà per dover essere ristrutturato». Anzi, secondo Münchau, il significato del MES “riformato” (a partire dalla clausola single-limb) è precisamente «quello di preparare il terreno per la ristrutturazione del debito italiano, senza affermarlo esplicitamente».

Quanto detto finora dovrebbe essere sufficiente a comprendere perché la riforma del MES sia da rigettare senza se e senza ma. Tuttavia, si impone a questo punto una considerazione di ordine più generale. Come abbiamo ormai spiegato ad libitum, il rischio che uno Stato possa trovarsi “in difficoltà nel finanziarsi sul mercato” o addirittura costretto a una ristrutturazione forzata del proprio debito pubblico – presupposto su cui si basa la stessa ragion d’essere del MES – non si pone neanche per quegli Stati “normali” che dispongono della sovranità monetaria, cioè che emettono debito nella propria valuta.

Uno Stato che goda della garanzia esplicita di una banca centrale, infatti, non potrà mai rimanere a corto di fondi – né potrà mai trovarsi impossibilitato a rifinanziare il proprio debito ed essere dunque costretto a fare default o a ristrutturare il proprio debito – nel caso in cui non vi siano investitori disposti a comprare i titoli emessi dallo Stato, poiché la banca centrale può sempre intervenire per sopperire a una eventuale carenza di acquirenti privati o per rimborsare i titoli in scadenza (quello che in gergo tecnico si chiama rollover) attraverso la creazione di denaro dal nulla. Per la stessa ragione, i mercati non potranno mai imporre un rialzo dei tassi di interesse a uno Stato che emette moneta.

Non è un caso che in nessun paese “normale” esistano strumenti come il MES – cioè uno strumento nato per prestare ai paesi la propria valuta in cambio di “riforme strutturali” e tagli alla spesa pubblica.

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/il-nuovo-mes-riformato-e-peggio-di-quello-vecchio

Imprese a rischio

Fonte: Italicum

Oggi vogliamo mettere a nudo una problematica che sicuramente sarà già stata trattata, ovverossia l’annunciata strage delle piccole imprese italiane.

Sono 460.000, infatti, le piccole imprese italiane (con meno di 10 addetti e sotto i 500.000 euro di fatturato) a rischio chiusura a causa dell’epidemia, nel nostro Paese. Esse rappresentano l’11,5% del totale, e nel 2021 potrebbero scomparire.

Ecco i dati allarmanti: ad oggi il fatturato risulta dimezzato per 370.000 microimprese. 415.000, sono in crisi di liquidità.

Tutto ciò è quanto emerge dal 2° Barometro Censis-Commercialisti “sull’andamento dell’economia italiana”, realizzato in collaborazione con il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili.

È in gioco un fatturato complessivo di 80 miliardi di euro e quasi un milione di posti di lavoro.

È in pericolo, uno dei motori trainanti del modello di sviluppo italiano, si legge in una nota del Censis (Centro Studi Investimenti Sociali), che pone in risalto come il cuore del sistema Paese siano le piccole imprese, spesso a conduzione familiare.

Sono dati agghiaccianti, sono dati che dovrebbero far sobbalzare dalla sedia (rectius dalle poltrone) e far riflettere, i nostri governanti!

Solo per essere chiari e descrivere, con dati statistici, la portata e gravità dell’emergenza in corso, si può affermare che tale emergenza potrebbe spazzare via il doppio delle microimprese che hanno chiuso a causa delle crisi economiche a cavallo tra il 2008 e il 2019.

leggi tutto su https://www.ariannaeditrice.it/articoli/i-dati-reali-del-paese-460-000-piccole-imprese-a-rischio-chiusura

Per un nuovo comunitarismo

Fonte: Mario Bozzi Sentieri

Siamo nel “secolo della solitudine”? L’immagine indubbiamente suggestiva  è di Noreena Hertz, economista e saggista inglese, autrice del libro The lonely Century: How Isolation Imperils Our Future, appena uscito in lingua inglese. Come anticipato da “la Repubblica”, in un’intervista alla Hertz , la denuncia verso “le perversioni del capitalismo e dell’individualismo” e la perdita del senso di comunità e di aggregazione, come i partiti, i  sindacati ed i quartieri (oggi in preda al multiculturismo d’importazione) favoriscono il legame tra solitudine, populismi ed estrema destra, facendo loro guadagnare consensi. Secondo la  Hertz il consenso a Jean-Marie Le Pen sarebbe molto alto tra le persone solitarie o abbandonate. Stesso discorso per i sostenitori del Pvv olandese, Donald Trump, Matteo Salvini. 

“Buttarla in politica” rischia però di ingenerare qualche confusione. Così come confondere aspetti patologici, cause reali e possibili palliativi. La questione è evidentemente più complessa, con risvolti a dir poco inquietanti e non solo per  la sanità americana e per quella britannica, dove le conseguenze fisiche e mentali della solitudine gravano sui rispettivi bilanci con importi miliardari.

A New York  molti professionisti stanno dilapidando  i loro  patrimoni per affittare “amici a pagamento” (tariffa oraria quaranta dollari) in grado di alleviare lo stress da solitudine. Gli psicofarmaci vanno per la maggiore.  In gran Bretagna il sessanta per cento degli impiegati non si rivolge la parola e tre quarti dei cittadini non conoscono il nome del proprio vicino. L’ex premier Theresa May, nel 2018, aveva creato perfino un sottosegretariato alla solitudine. Ma senza risultati.

Come ha notato Noreena Hertz, in un incontro presso la stampa estera di Londra  “Non basta una nuova istituzione per sconfiggere il problema. La solitudine fa parte di un ecosistema e deriva da cause strutturali. E’ inutile creare una posizione ad hoc se allo stesso tempo il governo decide di chiudere le biblioteche comunali e tagliare i centri ricreativi che forniscono un sostegno a molte persone”. 

I numeri – del resto – delineano un fenomeno diffuso, che dai Paesi nordici ha invaso anche l’Italia. Nel Regno Unito oltre 1,2 milioni di persone soffre di solitudine cronica. Ma  secondo le rilevazioni Eurostat, il 13 per cento degli  italiani non ha nessuno a cui rivolgersi in un momento di difficoltà e il 12%  non sa con chi confidarsi. Sono numeri che l’emergenza Covid ha reso ancora più rilevanti.

La solitudine non è però solo figlia di questo nostro tempo, fatto di virus, di lockdown, di smart working.  Essa appartiene piuttosto all’ideologia individualista che ha informato l’ultimo ventennio del Novecento, proiettando le sue ombre sul Terzo Millennio. E’ molto più di un sistema economico. E’ una mentalità che ha permeato i popoli, destrutturando le società ed uccidendo la politica. I “palliativi” – come visto – servono a poco, laddove la questione ha i tratti di una crisi che richiede risposte complesse, in grado di articolare adeguate contromisure. 

Non a caso Zygmunt Bauman, il teorico della modernità liquida, segnata dall’incertezza, dalla precarietà, dall’isolamento, ha evidenziato il riemergere della voglia di “communitas”, costruita sui rapporti interpersonali e sul contatto diretto tra le persone  (così come teorizzato, alla fine del XIX secolo, da Ferdinand Tönnies) seppure declinata con la “societas”, strutturata sui rapporti a distanza. 

In questo contesto – sottolineiamo noi –  il “nemico principale” sono soprattutto  i processi di disintermediazione attraverso i quali si è realizzato il depotenziamento dei corpi intermedi. Alla base di questi processi  l’idea che  l’individuo sia  il migliore giudice di sé stesso e dunque non abbia  bisogno di “intermediari”, sia in campo politico che sociale e culturale. Il  singolo è  così decontestualizzato rispetto alle appartenenze sociali (familiari, territoriali, aziendali, di categoria), diventando il figlio di una società in cui a dettare legge sono  l’individualismo e lo sradicamento. Con il risultato di  trasformare la solitudine in un tema politico, a tal punto significativo da spingere ad intitolare questo nostro secolo alla solitudine. 

L’ augurio ovviamente è che ciò non accada. Di ben altre suggestioni abbiamo bisogno e di ben altre speranze, per uscire da questo lockdown psicologico. Soprattutto di risposte ad  una domanda di appartenenza  che va ricostruita in ragione di rinnovati valori fondanti, incardinati storicamente intorno all’idea di famiglia, di Patria, di solidarietà sociale. Più che di palliativi c’è insomma bisogno di esempi e di una nuova consapevolezza collettiva, intorno a cui “ritrovarsi”. E quindi, ben al di là della politica, di una nuova metapolitica, in grado di promuovere e rendere concreta  una visione della vita e del mondo alternativa a quella corrente.

Manzoni barava

Come sanno tutti Manzoni ambienta i Promessi sposi nel 6oo, ma li scrive nell’800 ( il che gli permette, tra l’altro, di inventare le figure degli ” untori”) e di impersonare la figura del narratore onnisciente.

All’epoca si sapeva già che il vettore della peste erano le pulci dei topi (non dei gatti) ingiustamente trucidati, meno noto, (ma i miei professori al classico lo sapevano) era che il Manzoni in gioventù era Giansenista: Cornelis Otto Jansen conosciuto con il nome latinizzato di Giansenio (Acquoy28 ottobre 1585 – Ypres6 maggio 1638) è stato un teologo e vescovo cattolico olandese; è ritenuto il fondatore del giansenismo, una dottrina dichiarata eretica dalla Chiesa cattolico-romana dopo la sua morte.

Il che in pratica significa ,in teologia, che il sacrificio di cristo sulla croce non ha salvato tutti, ma solo i predestinati ( il che tradotto nel romanzo spiega perché solo i cattivi muoiono di peste).

Apparentemente oggi nessuno fa caso alle eresie, ma l’ortodossia della ventilazione forzata che porta alle embolie, come sarebbe stata scoperta se si fosse seguito alla lettera il divieto ministeriale di fare autopsie?

Caporetto

Lo avete visto tutti l’appello per la ricerca di 450 (come la task force) per la Campania; solo che tutta l’Italia è sotto organico grazie ai tagli continuati alla sanità

Ma non si parla di tagliare le figure ai vertici, anzi per quelle è già partita la lotta alla successione (ovviamente sempre all’interno dello stesso partito di riferimento); in trincea restano i fanti ( per modo di dire, visto che per fare un medico servono 10 anni!)

Doppio binario

Non si sa quanti altri terroristi stiano entrando attraverso Lampedusa per poi mimetizzarsi e far perdere le proprie tracce, a volte passando i confini per entrare in Francia o in Germania, come accaduto in altri casi accertati. Questo sospinge gli altri paesi a chiudere le proprie frontiere con l’Italia ed a rimandare indietro nel nostro paese i migranti clndestini trovati in giro sul loro territorio.
Il governo Conte in pratica ha dimostrato la propria incompetenza e superficialità di fronte a tutta l’Europa nella sua incapacità di controllare il flusso dei migranti e di individuare gli elementi pericolosi.
Questo significa che l’Italia rappresenta un pericolo per la sicurezza di tutta Europa ed in particolare per la Francia, l’Austria e la Germania.
Inoltre si dimostra che esiste una doppia valenza per le leggi quando queste riguardano i cittadini italiani, mentre non valgono per gli stranieri migranti che possono muoversi senza controlli mettendo a rischio la sicurezza di tutti.

Non è chiaro se i cittadini italiani, distratti dalla ossessiva campagna di psicosi sul Covid, abbiano preso consapevolezza di questa deriva del governo e dello Stato Italiano.

Le conseguenze di questa situazione non saranno ininfluenti e presto dovrà suonare la sveglia per coloro che ancora pensano di essere in un sistema normale.
Di normale ormai non c’è più niente.

Luciano Lago in https://www.controinformazione.info/emergenza-lampedusa-sbarchi-massicci-di-migranti-senza-sosta-la-rotta-per-i-potenziali-terroristi-rimane-aperta/

Sedati

Ma il fatto sostanziale è che gli autonomi non riescono ad immaginarsi come forza antagonista e ascoltando le varie interviste di questi giorni ad alcuni protagonisti e partecipanti alle manifestazioni che sono partire da Napoli si ha la tangibile impressione del disagio che questo popolo disperso prova a scendere in piazza dopo una vita che si è auto percepita contro la piazza: molti sembrava quasi chiedere scusa per questa invasione di campo, sottolineando  di “essere gente per bene” come se manifestare fosse qualcosa che attiene al brigantaggio.

Spesso ci troviamo di fronte a gente che ha fortemente creduto nella terra promessa del liberismo, niente tasse, poco stato e tutto privato, terra cui si poteva accedere prima di tutto proprio contribuendo ad arginare le lotte sociali, qualcosa di vissuto tra l’altro alla luce di un certa sciocca etichetta dell’era berlusconiana che le classificava tout court come comunismo. Una cosa risibile, ma che ancora gira e si riciccia nei più ammuffiti scantinati subliminali. Ad ogni modo è chiara la difficoltà di passare da punta di diamante del cambiamento a vittime designate dello stesso e di agire di conseguenza tentando di salvare il salvabile.  Per farlo occorrerebbe che la lotta di protesta potesse prendere una direzione politica che di certo non potrebbe ancorarsi all’ attuale opposizione dal momento che essa semplicemente non esiste, che è addirittura clamoroso il vuoto di proposte di Salvini e della Meloni, che il Covid sembra agire cone una livella politica rendendo tutti uguali nella decozione dell’economia ordinata dall’alto. Eppure ormai lo stesso Oms pubblica studi già controllati e referenziati, nei quali si evince che la mortalità  per le persone sotto i 70 anni è dello 0,05 per cento vale a dire dieci volte inferiore a quello dell’influenza. E’ chiaro che di fronte al silenzio complice l’unica strada sarebbe reinventarsi politicamente, così come c’è da reinventare tutto un Paese.

estratto da https://ilsimplicissimus2.com/2020/10/31/conte-si-compra-la-piazza/

Roba da recovery

E’ possibile, ma si tratta di una mia sensazione maturata già al tempo di questi avvenimenti che l’esaurirsi della spinta propulsiva dell’Urss spingesse i dirigenti del Pci ad accreditarsi come forza credibile di governo, accettando le linee di politica macroeconomica del grande capitale. Fatto sta che man mano il vincolo esterno è diventato l’unica impalcatura del sistema politico italiano e paradossalmente l’unico concetto base della sinistra, ancorché costruito proprio per annullare la sinistra . Forse l’occasione per mettere in crisi questa logica di fondo o quanto meno per cominciare a sparigliare il tavolo, si è avuta con i 5 Stelle che tuttavia si sono rivelati in sostanza una creatura del vincolo esterno stesso, messa in piedi per evitare che ci fossero veri cambiamenti. Ed ecco perché stiamo discutendo del nulla, ossia di fantomatici aiuti europei grazie ai quali saremo ancora di più in catene e che peraltro non servono assolutamente a nulla visto che da soli potremmo, anzi facciamo di meglio e raccogliamo molto più denaro a condizioni migliori fare assai di meglio. Un ottima occasione in cui si dimostra il contrario di quanto viviamo da oltre mezzo secolo: che è meglio essere soli che male accompagnati.

estratto da https://ilsimplicissimus2.com/2020/10/21/roba-da-recovery/

Xe pèso el tacòn del buso

Il significato letterale è: “è peggio la toppa del buco”. Quello metaforico è: “il rimedio è peggiore del danno”

Il Covid 19 non è certo un virus peggiore di quello dell’Asiatica (1957-58), probabilmente neppure di quello dell’influenza di Hong Kong (1968-69), ma la classe politica che lo gestisce certamente lo è. E di gran lunga, come ben si vede dall’osservatorio italiano.

C’è un personaggio che esemplifica l’attuale disastro. E’ il buffone mascherato che governa la Campania. Vincenzo De Luca è uno e trino. E’ lo sceriffo col lanciafiamme che tutto vorrebbe chiudere, verrebbe da pensare per sempre. E’ il presidente di una Regione che non è riuscito a potenziare i posti di terapia intensiva, come avrebbe dovuto e come sarebbe stato possibile. E’ il politico che, nonostante tutto ciò, anzi forse proprio grazie anche a tutto ciò, ha vinto le elezioni del 20 settembre col 69% dei voti.

L’epidemia in Campania non ha lasciato tracce nelle statistiche demografiche. La mortalità ufficialmente attribuita al Covid è pari a 0,86 vittime ogni diecimila abitanti, molto più bassa della normale influenza stagionale. Eppure lo sceriffo col lanciafamme ha chiuso le scuole dalla sera alla mattina, anche se poi – a seguito della mobilitazione delle mamme – ha dovuto riaprire in fretta e furia almeno le scuole dell’infanzia. Sulla chiusura al momento il governo dice di dissentire, ma non mi stupirei se in un prossimo futuro De Luca risultasse l’apripista di analoghe decisioni governative.

Abbiamo detto delle terapie intensive. Mentre ululava mascherato davanti alle telecamere, il piddino De Luca ben poco faceva su quel versante. Lo denuncia addirittura un suo collega di partito, il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia. Il quale, parlando della Campania, dichiara che:

«Prima del Covid aveva 335 posti letto di terapia intensiva. Il governo attraverso Arcuri ha inviato 231 ventilatori per le terapie intensive e 167 per le sub intensive. Oggi risultano attivati 433 posti, devono essere 566».

Come mai in Campania manchino 133 posti di terapia intensiva rispetto al previsto nessuno lo sa, ma su questo De Luca non è solo. Ecco cosa dice – sempre nello stesso articolo de la Repubblica – l’Alto (si fa per dire) commissario per l’emergenza, Domenico Arcuri:

«In questi mesi alle Regioni abbiamo inviato 3.059 ventilatori polmonari per le terapie intensive, 1.429 per le subintensive. Prima del Covid le terapie intensive erano 5.179 e ora ne risultano attive 6.628 ma, in base ai dispositivi forniti, dovevamo averne altre 1.600 che sono già nelle disponibilità delle singole regioni ma non sono ancora attive. Chiederei alle Regioni di attivarle. Abbiamo altri 1.500 ventilatori disponibili, ma prima di distribuirli vorremmo vedere attivati i 1.600 posti letto di terapia intensiva per cui abbiamo già inviato i ventilatori».

estratto da https://www.ariannaeditrice.it/articoli/la-verita-sul-covid-e-il-disastro-italiano

NOTA: Tanto più che qui al nord abbiamo accertato da tempo che la ventilazione forzata è responsabile delle morti per embolia