Fonte: Andrea Zhok
Il ministro dell’Istruzione Fioramonti annuncia che dal prossimo anno tutte le scuole pubbliche dedicheranno 33 ore all’anno, quasi un’ora a settimana, a studiare i problemi legati al cambiamento climatico. Inoltre il tema dello sviluppo sostenibile verrà trattato trasversalmente ad altre materie come geografia, matematica e fisica. Secondo le parole del ministro all’agenzia Reuters: “Voglio fare del sistema educativo italiano il primo che pone l’ambiente e la società al centro di ciò che impariamo”.
Ora, la domanda – da pronunciarsi rigorosamente scrollando il capo sconsolati – è “Perché?”.
Perché in questo paese non si guarda mai ai fattori strutturali e si corre dietro costantemente a mode e simboli da prima pagina?
Perché un ministro che dovrebbe occuparsi di uno dei settori più strategici e disastrati si sente in obbligo di inventarsi l’ennesimo tripudio di effetti speciali per sentirsi ‘i primi’ in qualcosa? Da dove proviene questo terrificante provincialismo?
Siamo quel paese dove università in crisi costante sfornano tra i più bassi numeri di laureati dell’OCSE (quasi tutti concentrati in una manciata di sedi sovraffollate);
dove i Conservatori musicali hanno avuto il loro ultimo concorso un quarto di secolo fa;
dove nell’intero comparto scolastico a colpi di ‘innovazioni tecnologiche’, ‘modernizzazioni’ e ‘internazionalizzazioni’ abbiamo demolito l’offerta formativa tradizionale sostituendola con gusci vuoti chiamati ‘stage professionalizzanti’, ‘laboratori’, ‘sperimentazioni’, mentre studenti arrivano alla laurea senza saper usare una sintassi intelligibile;
dove è diventato quasi impossibile studiare una seconda lingua che non sia l’inglese alle superiori;
dove l’attività principale dei docenti, di straordinaria innovazione in straordinaria innovazione, è diventata la gestione burocratica di test, aggiornamenti, schede, regolamenti, valutazioni e autovalutazioni, buoni propositi, rendicontazioni, compilazioni di prestampati, progetti a caccia di fondi, lasciando lo studio e la cura della didattica alle varie ed eventuali.
Perché, invece di concentrarsi su come far camminare passo dopo passo un intero sistema formativo nazionale si vuole dar a intendere che siamo impegnati nel rifinire le ultime acrobazie aeree?
Naturalmente il problema non è che il cambiamento climatico non sia una cosa importante di cui discutere. Lo è, come a seconda dell’agenda mediatica del momento, può esserlo il razzismo, la fame nel mondo, le malattie sessualmente trasmesse, il bullismo, il rispetto di genere, lo smog, la sovrappopolazione, le energie alternative, le tossicodipendenze, la mafia, ecc. ecc. ecc.
Il problema è che saltabeccare di iniziativa estemporanea in iniziativa estemporanea, nel nome del proprio quarto d’ora di celebrità, affastella disorganicamente ‘idee brillanti’ con dietro il deserto mentale, drenando continuamente risorse dall’essenziale al contingente, dal sostanziale al modaiolo.
A mia memoria di studioso del sistema scolastico italiano, le ultime discussioni serie le fece la commissione parlamentare Brocca agli inizi degli anni ’90. Poi “mani pulite” spazzò via tutto…
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Intervistato da Corrado Formigli, durante la trasmissione ‘Piazza Pulita’, l’economista bocconiamo (milanese) Tito Boeri ha enunciato la sua teoria generale sul Sud: “Il Mezzogiorno non potrà mai decollare e convergere con il resto del Paese fino a quando sfornerà diplomati che non sanno far di conto e non sanno leggere e interpretare un testo. Non hanno i rudimenti scientifici al pari degli studenti diplomati che escono dalle scuole del Nord…”.
E’ sicuramente vero, purtroppo però il Nord si sta allineando verso il basso 😦
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