
Intanto prosegue la scomparsa dell’Italia industriale già annunciata dal libro di Luciano Gallino, confermata dalle recenti notizie di cronaca:
https://ilsimplicissimus2.com/2019/11/05/ilva-lindustria-dellimpunita/
https://ilsimplicissimus2.com/2019/11/05/italia-in-liquidazione/
Ma la più illustre scomparsa è la FIAT
https://anni60storia.wordpress.com/2019/11/03/fiat/
Si cercano da anni improbabili soluzioni, quando l’unica cosa da fare sarebbe nazionalizzarle.
D’altronde è evidente come i modelli di successo siano quelli dei Paesi in cui lo Stato interviene pesantemente nell’economia.
Al link trovate un estratto degli articoli di Panorama
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https://terzapaginainfo.wordpress.com/2019/11/06/la-necessita-di-un-nuovo-iri/
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Un nuovo socialismo tricolore
Una visione di chiara matrice sociale è stata espressa recentemente in Senato dal parlamentare della Lega William De Vecchis, con un intervento nel quale ha difeso le ragioni quota 100 e ha criticato le liberalizzazioni dei governi di centrosinistra che hanno generato appalti e sub-appalti forieri di concorrenza sleale nonché con risparmi sulla sicurezza sul lavoro.
De Vecchis ha parlato anche di sicurezza sul lavoro e dignità dei lavoratori e contro la delocalizzazione: da qui si registra un incontro di tendenze europee. Da un lato i lavoratori considerano politicamente distanti dalle loro istanze i partiti di sinistra (come il Pd), dall’altro i partiti di destra popolare, come Lega e Fdi, difendono le richieste di questa categoria, penalizzata dagli scenari della globalizzazione.
Non è un caso che De Vecchis abbia in parlamento rivendicato “la marcia del lavoro” del 16 novembre a Fiumicino: la Lega sarà in piazza per difendere 62 operai Opel che saranno licenziati “perché l’azienda delocalizza”, ha detto il parlamentare salviniano.
https://www.barbadillo.it/85875-politica-nella-lega-si-fa-largo-con-il-senatore-de-vecchis-la-tentazione-del-socialismo-tricolore/
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Nel gennaio 1934, l’IRI deteneva circa il 48,5% del capitale azionario in Italia. Nel marzo 1934, rilevò anche il capitale delle principali banche (Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano e Banco di Roma) e, alla fine del 1945, controllò 216 società con oltre 135.000 dipendenti. Negli anni 80, ha moltiplicato le sue quote e ha raggiunto un numero di 600.000 dipendenti. L’IRI è stato protagonista della ricostruzione industriale postbellica, intraprese interventi volti allo sviluppo economico delle regioni meridionali, al potenziamento della rete autostradale, del trasporto in genere e delle telecomunicazioni, al sostegno dell’occupazione. L’IRI ha inoltre realizzato grandissimi investimenti nel Sud Italia, come la costruzione dell’Italsider di Taranto e quella dell’AlfaSud di Pomigliano d’Arco e di Pratola Serra in Irpinia; altri furono programmati senza mai essere realizzati, come il centro siderurgico di Gioia Tauro. Per evitare gravi crisi occupazionali, l’IRI venne spesso chiamato in soccorso di aziende private in difficoltà: ne sono esempi i “salvataggi” della Motta e dei Cantieri Navali Rinaldo Piaggio e l’acquisizione di aziende alimentari dalla Montedison; questo portò ad un incremento progressivo di attività e dipendenti dell’Istituto. Esattamente quello di cui ci sarebbe bisogno oggi in Italia, con un Paese quasi interamente da ricostruire dopo 30 anni di deindustrializzazione feroce e un deficit di dipendenti pubblici di almeno 2 milioni e 500 mila lavoratori rispetto a Paesi come Francia e Inghilterra.
Poi sono arrivati gli anni 90, con la presidenza Prodi …
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/ci-siamo-fregati-con-le-nostre-mani
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