Giovedì scorso, per presentare il mio libro Storia reazionaria del calcio. I cambiamenti della società vissuti attraverso il mondo del pallone, ho partecipato alla Festa nazionale di CasaPound che si teneva in un bel agriturismo (il meglio della dolcezza delle colline venete) ma parecchio fuori mano e lontano da Verona dove i militanti di questo gruppo hanno una certa consistenza. Evidentemente si era ritenuto opportuno tenerli il più possibile alla larga. C’era moltissima pula. L’ambiente era misto, insieme a giovani che si tatuano da capo a piedi c’erano famigliole con bambini. Il mio intervento si è svolto nella massima tranquillità e alla fine mi sono salutato molto cordialmente col presidente di CasaPound Gianluca Iannone. Non è la prima volta che accetto gli inviti di CasaPound, sono stato tre volte a Roma dove hanno la sede nazionale e ho potuto notare che fanno un buon lavoro sociale in aiuto alle famiglie disagiate. Naturalmente le teste di cazzo non mancano nemmeno qui, ma quando esorbitano dalla loro ideologia e compiono atti violenti vengono giustamente messi al gabbio come ha deciso anche di recente una sentenza della Cassazione. Ma questo non vale solo per Casapound ma per chiunque compia atti di violenza.
La targa della mia automobile è stata fotografata da agenti in borghese. Ora la mia domanda è questa. Se decidessi di aprire un profilo Facebook per i fatti miei –non ci penso neanche- incorrerei nelle sanzioni che la società di Zuckerberg ha comminato a CasaPound e Forza Nuova? Facebook –che se vogliamo metterci nella sua ottica, che non è la nostra, è uno dei peggiori seminatori di odio e di istigazione alla violenza come la cronaca ha ampiamente dimostrato- è una società privata che può darsi i regolamenti che vuole. Lo Stato italiano no, deve sottostare alla Costituzione che all’articolo 21 garantisce la libertà di opinione e di espressione. E non per nulla sia CasaPound e Forza Nuova, i due gruppi messi fuorilegge da Facebook, si sono regolarmente presentati alle elezioni sia pur prendendo percentuali bassissime.
Per legittimare l’intervento censorio di Facebook nei confronti di CasaPound e Forza Nuova ci si è richiamati alla legge Scelba del 1952 che vieta “la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista” e che dà attuazione all’articolo XII delle “Disposizioni transitorie e finali” posposte alla Costituzione. Sia la legge Scelba che la disposizione a cui questa legge dà attuazione avevano un senso al momento in cui furono emanate. Uscivamo da una gravissima sconfitta militare e da una sanguinosa guerra civile fra chi al fascismo si opponeva e chi il fascismo ancora difendeva. C’erano quindi ancora ferite aperte. Ma sono passati tre quarti di secolo da allora e proprio per questo i nostri padri costituenti definirono “transitorie” quelle disposizioni e sta ‘in re ipsa’ che una disposizione transitoria non può andare avanti all’infinito (altrimenti si chiamerebbe in altro modo) e prima o poi deve decadere.
Insomma queste leggi liberticide avevano un senso 75 anni fa, oggi lo hanno perso. Io voglio potermi dire fascista, anche se non credo di esserlo, è un mio diritto di libertà come è un mio diritto di libertà riconoscere le cose buone che il Fascismo pur fece (“Gli anni del consenso”, De Felice) come è un altrettale diritto di libertà vederne solo il peggio. Queste sono le regole della democrazia, di ogni democrazia, dove la libertà di esprimere le proprie idee e opinioni, per quanto possano essere ritenute aberranti dalla maggioranza, è sacra. Altrimenti non di democrazia si tratta ma di un totalitarismo democratico. Che non è meno totalitario di ogni altro totalitarismo.
Massimo Fini
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/il-totalitarismo-democratico-non-e-democrazia
Eccoci dunque alle radici psicologiche e culturali del totalitarismo della bontà: il senso di colpa. Un senso di colpa abnorme, ipertrofico, sterile e distruttivo, che non perdona e non dimentica nulla del passato, perché non ama e non apprezza nulla del presente; un senso di colpa che alimenta un continuo auto-disprezzo, una specie di furore autolesionistico, un patologico impulso d’infangare, deturpare, insozzare la propria immagine. Cominciando dall’immagine più autorevole e più necessaria di tutte: quella del padre. Sulla scia di Freud, e sull’esempio dei pessimi maestri del ’68, la società europea ha introiettato, specie nelle giovani generazioni, un’avversione per la figura paterna che sconfina abbondantemente nel disprezzo e nell’odio più irragionevoli. Il padre non è più colui che protegge, che rassicura, che garantisce un ordine contro le forze minacciose del caos; no: è il tiranno, l’ipocrita, lo sfruttatore, colui che vuole sottomettere, che vuole castrare i suoi figli, e che merita il più grave dei castighi: la morte, se non la morte fisica, quella morale.
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/vogliono-imporre-il-totalitarismo-della-bonta
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Ieri un amico commerciante di una città di Piddinia Democratica, parlando dell’imminente introduzione della ZTL nella strada – cruciale per l’accesso al centro storico – dove ha il negozio, mi ha raccontato un episodio sconcertante al quale ha assistito di persona. Il comitato di residenti che si oppone all’ennesimo provvedimento della serie “se si muove ancora, tassalo” (cit.) è stato ricevuto dalle autorità cittadine. Dopo aver ascoltato (forse) le ragioni del comitato, l’apposito assessore si è rivolto ai presenti in questo modo: “Voi che avete cinquant’anni dovete capire che finora avete inquinato e adesso è giusto che facciate dei sacrifici”. Naturalmente ha aggiunto che il provvedimento relativo all’introduzione nelle città delle ZTL “ce lo chiede l’Europa”. Proprio così, con le stesse identiche parole dell’ormai famigerato slogan.
Un assessore che si rivolga così, in maniera sprezzante e smaccatamente propagandistica e ideologica in periodo pre-elettorale (alle regionali si vota a gennaio e per le comunali sempre nel 2020) sarebbe stato impensabile solo qualche tempo fa in qualunque democrazia europea e anche nei mesi scorsi in Italia. Ora però che il loro leader bellino è tornato in auge, si sentono invincibili e sta cadendo ogni velo di pudore a coprirne le meschine vergogne. Come ad esempio quella di aver introdotto da gennaio e alla chetichella, perché sono cosacce che non si raccontano in giro, un “diritto di accoglienza in camera mortuaria” per chi muore a casa o in strutture per anziani “non convenzionate” e deve essere portato all’obitorio dell’ospedale per il commiato. Una tassa da cento euro secchi oltre al solito diritto di trasporto. Il Comune dice che “glielo ha chiesto l’ASL”. Arieccoci, è sempre colpa di qualcun’altro. Ancora una volta la bella e piena confessione di non essere altro che gli agenti esecutori, i willing executioners di Qualcun altro.
Il disprezzo sempre più palese verso i propri cittadini scomodi testimoni di quando Essi sembravano ancora umani e personcine perbene votate al bene collettivo si manifesta attraverso la vessazione economica di ogni tipo sulle fasce più deboli della popolazione – altro che privilegiati bianchi ma operai disoccupati cinquantenni che la pensione non la vedranno mai – che si ostinano a non levarsi di torno per far posto ai nuovi elettori (ma si illudono), come già auspicano le prime guardie rosse glitterate da tastiera. Vedi questo mio tweet di ieri ed i commenti lasciati da quelli della parte giusta che auspicano, ad esempio, per i vecchi over 50 “iniezioni letali” come se fossero le punture ricostituenti di una volta e dove il Cervello Unico Progressista ha ritrasmesso a mononeuroni unificati il messaggio dei “cinquantenni che hanno distrutto il mondo”. Casualmente lo stesso enunciato dell’assessore e dalla nota posseduta che, nella foga del mortacci vostri, ha rischiato di mandare in frantumi il Palazzo di vetro.
http://ilblogdilameduck.blogspot.com/2019/09/guardie-rosse-glitterate-della.html
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La sentenza della Corte di Cassazione sul suicidio assistito e sul fine vita, merita un dibattito oltre che politico, sociale. Nella società consumistica vige un principio: fin quando si consuma si sta bene, si vive. Ciò implica che solo se si è soggetti “economici” si può avere una vita degna: qualora, quindi, esistano impedimenti di ogni natura che deviano da questo status, nulla vale e tutto si mette in dubbio.
Altro miracolo della società del benessere è il dogma della felicità: se sei felice, vivi. Se puoi raggiungere il livello di benessere imposto dalla società dei consumi, allora riesci a raggiungere l’estasi. è il mantra del “Produci-consuma-crepa”. Uscire fuori dal cerchio della felicità implica arrivare al terzo vocabolo del jingle e non vivere.
Per raggiungere tali livelli, si è partito da un presupposto: eliminare la sofferenza, perché tutto deve essere perfetto. L’uomo felice non deve soffrire. Nella società economica la fatica, lo sforzo non conta: è importante il cosa, non il come.
In questo senso anche la morte diventa una soluzione e non più il compimento di un percorso di vita. Oltre a ciò anche la libertà cambia prospettiva: poter disporre di se stessi, del proprio io in modo autonomo da individuo perfettamente distaccato dalla società. Da, possiamo dire, mezzo. è diventato il fine stesso della propria vita.
Tale descrizione, socialmente pericolosa, è stata alla base, credo della decisione della Corte: partendo da questi presupposti, hanno stabilito che non è reato aiutare a morire. Anzi si sono spinti oltre: una commissione medica, potrebbe intervenire sul suicidio medicalmente assistito. Hanno portato le lancette degli orologi nei pericolosi anni Trenta tedeschi o russi. La chiamano libertà, forse è semplicemente la morte dello Stato
http://www.barbadillo.it/85111-bioetica-aiutare-a-morire-non-e-reato-ma-cosi-si-compie-la-maledizione-dellhomo-oeconomicus/
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Tutti noi siamo sensibilissimi a certi temi. Il problema è che ci hanno convinti che riusciremo a risolvere le situazioni “ognuno nel nostro piccolo”, evitando di gettare la plastica nell’umido o la carta nell’indifferenziata. Ma vedi se sono i potenti a decidere, l’unica cosa saggia da fare, sarebbe togliergli il potere. Hanno già fatto abbastanza danni, non credi?
Vorrei darti il mio umile consiglio, Greta. Non parlare più del pianeta e del riscaldamento globale. Tu, che ne hai la possibilità, parla alla gente e fagli capire che per avere un sistema eco-sostenibile, dobbiamo privare della capacità decisionale i potenti, utilizzando l’unica arma che abbiamo: la democrazia! Soffermati, per favore, sul concetto che per farla funzionare serve gente che si impegni, non solo nel suo piccolo ma anche e soprattutto insieme ai propri simili, facendo fronte comune e pretendendo delle leggi che impongano un modo diverso di considerare la produzione di massa e l’economia.
Saverio Squillaci
FSI- Riconquistare l’Italia
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