Siamo alle solite, nel vecchio usurato copione. In Italia, dal dopoguerra in poi, o c’è un governo gradito ai mondialisti e agli americani, vedi DC e poi governi tecnici PD, oppure c’è un governo voluto dal popolo che puntualmente viene annerito, definito “fascista”, “razzista”, con tanto di diabolizzazione del capo, vedi caso Craxi, poi Berlusconi, poi adesso Salvini.
Questo copione viene snocciolato agli italiani nel frame emotivo della tifoseria da stadio dove due squadre devono assolutamente contrastarsi anche qualora avessero trovato, per miracolo, una sinergia, e agendo sulle leve della manipolazione di massa a cui si prestano i media appartenenti ai grandi gruppi, RAI compresa che sottostà ai diktat dei gruppi di pubblicità.
Ed è così che le due squadre di governo dovevano sin da prima della loro nascita mai unirsi in quei punti sovranisti, tanti, che condividevano nei programmi elettorali, insieme al programma della Meloni che, primo errore, è stata scartata sin da subito da Luigi Di Maio al momento di formare il governo. Pertanto la Meloni per tutta la durata di questo governo ha giocato al gioco di gettare olio sul fuoco della zizzania del divide et impera voluto dalla finanza internazionale, allo scopo di riformare un centro destra – voluto da Trump e Bannon – tanto poco sovranista quanto di stampo liberista, pro privatizzazioni, per le autonomie e le riforme costituzionali, di cui il presidenzialismo, riforme del tutto non necessarie per il popolo italiano ma che vanno, assieme al taglio dei deputati fortemente voluto da M5S e FdI, nel senso di castrare e silenziare il parlamento con un governo ancora più forte per di più espresso – nel caso del presidenzialismo alla francese – da un uomo forte al comando.
Ricordiamo che i punti in comune per cui alcuni sovranisti hanno voluto e votato questo governo erano, sia il reddito di cittadinanza che la flat tax, sia misure anticicliche keynesiane che la separazione banche commerciali e banche d’affari, sia la nazionalizzazione di bankitalia che una banca pubblica per gli investimenti, sia strumenti monetari aggiuntivi, come i minibot, che la sospensione dei limiti ai contanti e nessun aumento dell’IVA, il superamento della Legge Fornero e la rimessa in discussione del fiscal compact.
Questi erano i punti in comune tra i tre partiti che però hanno poi finito per dare la priorità a tutti gli altri punti, populisti e poco sovranisti, come le autonomie, il taglio dei deputati, oltre a una misura raffazzonata del reddito di cittadinanza, perché dalla copertura troppo corta, un non superamento della legge Fornero che ha partorito un topolino, quota cento, e per finire il regalo alla Francia: la TAV.
Sin dall’inizio, dicevo, comunque il governo è nato male: con il siluramento di Savona all’economia, e l’infiltrazione nel governo di ministri come Tria, in economia, che proprio non ne ha voluto più sapere di minibot, di superamento del deficit e di flat tax, oltre a personaggi non politici, come Moavero agli Esteri e la Trenta alla Difesa che hanno spudoratamente remato contro Salvini, denunciandolo persino negli ambienti comunitari (Moavero alla Commissione) per il decreto sicurezza bis fatto e votato giustamente per fermare le ONG con il toto clandestini all’Italia e quell’enorme inganno chiamato “immigrazione” di (finti)”profughi”.
Quindi dal punto di vista programmatico viene fuori che a partire dallo strappo sulla Von der Leyen di cui non si è capito il non detto do ut des, ma che possiamo facilmente immaginare nello scambio di favori al M5S di cariche di commissari e di altro tipo, ancora da scoprire entro ottobre quando si voteranno i commissari europei, la Lega si è vista pesantemente penalizzata a livello europeo nonostante la vittoria schiacciante elettorale – con un piddino italiano alla presidenza del parlamento europeo – e tanto di stigmatizzazione generale del personaggio Salvini, con la tecnica, già usata per Berlusconi e Craxi, di “character assassination”.
Tecnica utilizzata per tutti quei personaggi fuori dalle righe nel mondo, che non si adeguano al linguaggio del perbenismo ipocrita e mondialista, onde creare le condizioni presso l’opinione pubblica di un loro siluramento o assassinio quanto meno traumatizzante ed eclatante: Saddam Hussein, Gheddafi, Laurent Gbabo, oppure Orban, Chavez, Putin, Al Assad, Fidel Castro, il presidente nord coreano, ecce cc ecc, la lista è lunghissima e la tecnica è sempre la stessa. Dopo la character assassination si passa ai fatti con infiltrazioni e maneggi interni i quali, se non bastano, lasciano posto all’embargo economico, di qualsiasi tipo esso sia. In Europa essendo impossibile per via dell’unione doganale interviene lo spread.
Perché stigmatizzare Salvini? Perché Salvini negli ultimi interventi si è pronunciato contro alcune misure che l’UE vuole assolutamente imporci, come da me spiegato qua, ad esempio:
• l’eliminazione totale e illegale di contanti,
• il rafforzamento della fattura elettronica e agenda digitale indiscriminata,
• le privatizzazioni demaniali di cui ha parlato Conte nel suo intervento,
• l’obbedienza ai criteri di deficit imposti dal fiscal compact, del tutto ingiustificati poiché paesi come Francia, Spagna e Portogallo, ma anche Belgio continuano allegramente a sforare il 3% o ci si avvicinano.
Inoltre traspare ben chiara la volontà di Salvini, dagli ultimi interventi, di alleggerire assolutamente l’onere fiscale degli italiani con la “flat tax” e di chiudere i porti, due misure imprescindibili per la ripresa del paese o per lo meno per non farlo affossare del tutto, e verso le quali il 5s è risultato più prudente.
Al punto che nei 10 punti programmatici per un eventuale rimpasto di governo, Di Maio uscendo dal Colle ieri ha completamente omesso sia la flat tax, sia una soluzione porti chiusi – senza citare il decreto sicurezza bis votato dal suo gruppo che non poteva immediatamente rimettere in discussione – parlando in cambio di soluzioni ASSIEME alle politiche dell’Unione europee e la modifica del regolamento di Dublino. Ma come, non lo sanno che vi è un tacito consenso europeo e internazionale per portarli tutti da noi (e in Grecia) cioè nei due paesi presi di mira da chi ci ha denominati PIIGS, ossia i mercati, come strumento per destabilizzarci e farci fallire più facilmente?
Una lista di dieci punti quella di Di Maio che mescola appunto misure volute dall’establishment finanziario – riduzione dei parlamentari, Green Deal, conflitto di interessi RAI (quale?) per un modello bbc, velocizzare la giustizia per pignoramenti più rapidi, autonomie e riforme enti locali – con timidissime misure sovraniste, come il salario minimo orario – più che giusto ma senza strumenti monetari aggiuntivi e senza alleggerimento fiscale non farà che penalizzare ulteriormente micro e mini imprese – sostegno nascite, disabilità e aiuto casa – più che giusto ma senza dire NO ALLA PATRIMONIALE sono solo parole – rintracciabilità dei grandi evasori – bisogna capire chi intenda per grandi evasori, la mafia nostrana che opera in contanti, scusa suprema per digitalizzarci tutti, o le grandi multinazionali i cui flussi infrasocietari devono essere resi pubblici alle nostre autorità fiscali, per cui basterebbe la volontà politica compatta?
Per ultimo, banca pubblica per gli investimenti per il sud e separazione banche d’affari e banche commerciali: come vedete, questi due punti, che sono l’abc di una politica anticiclica e keynesiana che dir si voglia vengono in fondo alla lista, e poi visto che 10 punti sono tanti per un governo provvisorio non verranno mai attuati.
La tattica è sempre la stessa. Chi di noi aveva visto che nel contratto la priorità era il taglio dei deputati? Non certo i sovranisti che studiano la moneta, o chi studia gli abusi delle banche, eppure improvvisamente questo punto è andato all’ordine del giorno, perché all’agenda globalista che si intromette continuamente nei nostri affari premono più di tutto, oltre alle misure di austerità, le riforme della nostra Costituzione e dell’assetto dello Stato per andare verso un assetto costituzionale di regioni forti onde minare lo Stato centrale insieme a governi forti – presidenzialismo – e sempre meno importanza del parlamento, già esautorato da anni, relegato al ruolo del passa carte dei decreti di governo.
Il solito copione, fino a quando non metteremo la moneta al centro di un nuovo contratto sociale, sia nazionale che internazionale, non cambierà mai, ma anzi abbiamo visto che questi, alla minima burrasca dei media e dei mercati hanno smesso persino di citare la parola minibot, che ricordiamo era una proposta del senatore della Lega Claudio Borghi. In poche parole, il “sospettato” antieuropeismo mai sopito della Lega, oramai fugato dal M5S con molteplici dichiarazioni nel senso dell’euroadesione, oltre alla determinazione di contrastare il limite al contante, e di perseverare con la flat tax, il deficit al 3% e i porti chiusi hanno fatto il resto, essendo le misure più impopolari per i mercati e l’Europa loro lacché.
As usual. Colonia rimane chi si comporta come tale. E noi lo rimaniamo.
https://nicolettaforcheri.wordpress.com/2019/08/24/colonia-italia-solito-copione/
In sintesi il Consiglio raccomanda – NON VINCOLANTE !! – una crescita nominale della spesa pubblica netta non superiore allo 0.1% nel 2019, la riforma dei valori catastali, la fattura elettronica, la riduzione dei contanti permessi, la riduzione del peso delle pensioni di vecchiaia, l’accelerazione dei processi, lo smaltimento dei crediti deteriorati, una riforma in materia di insolvenza, migliorare l’accesso delle imprese alle borse, e blablabla. Un programma POLITICO che nessuno di noi ha votato.
https://scenarieconomici.it/il-paradosso-del-doppio-legame-ue/
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la nuova organizzazione costituzionale – quale risulta dalla legge costituzionale 1/2012 – subordina la dinamica rappresentativa nazionale agli obiettivi di equilibrio del bilancio e di sostenibilità del debito per come – si badi – concretizzati di tempo in tempo in sede europea. Ecco la fedeltà all’Ue. (…). In realtà, sembra quasi essersi realizzato un antico sogno di alcuni Paesi europei: governare gli italiani col loro consenso. Oggi siamo un Paese costituzionalmente soggetto, per propria “libera” determinazione costituzionale, ad un “concerto” di Stati stranieri. (…). Lo scenario è simile a quello un tempo ben noto al diritto internazionale, di Paesi che si affidavano al governo di sovrani stranieri: se il comitato esecutivo nazionale non piace, lo si cambia. (…). Se si tiene presente che, secondo un principio del diritto costituzionale generale, non è ammissibile che un popolo rinunci alla propria indipendenza, … (si) impone una riflessione radicale»
Cfr. Mario Esposito, intervista, “Perché non si vota – decide l’Europa per noi, lo dice la Costituzione” in http://www.ilsussidiario.net, 23.08.2019.
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La nostra vigente Costituzione, all’articolo 99, ha previsto un organo come il CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) finalizzato a consentire l’espressione della nazione reale, che non è rappresentata soltanto dai partiti nel parlamento. I “padri costituenti”, in detto articolo, ripresero, benché timidamente, l’antica tradizione corporativista italiana. Ma, non a caso, questo organo non ha mai trovato effettiva valorizzazione quale camera rappresentativa dei corpi intermedi e camera di canalizzazione della legittimazione popolare e di contrappeso all’Autorità politica. Se esistesse un organo effettivamente operativo della rappresentanza reale, e non solo legale, del popolo italiano, non sussisterebbe alcun pericolo di deriva plebiscitaria in un quadro costituzionale che acconsentisse ad una più forte Autorità politica sulla base di una democrazia plebiscitaria e diretta di tipo presidenziale. Solo per vie istituzionali di tal genere è possibile, infatti, conciliare legalità e legittimità facendo della prima non un guscio vuoto, a disposizione di forze irresponsabilmente a servizio delle lobby finanziarie e dell’inferenza estera, ma l’espressione normativa di una autentica legittimazione sostanziale.
Luigi Copertino
Nota: . Alla fine del 2016 l’organo salì alla ribalta dell’opinione pubblica italiana, in quanto la sua abolizione fu prevista dalla riforma costituzionale Renzi-Boschi, bocciata con apposito referendum costituzionale.
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https://www.cnel.it/Chi-Siamo/Organi-di-Governance/Consiglieri-in-carica
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Da tutto quanto sopra consegue che agli italiani conviene un governo non ribelle agli interessi stranieri, specificamente franco-tedeschi, piuttosto che uno ribellista ma impotente, che attira ritorsioni su di loro. Un governo sottomesso ma dialogante, che attenui la violenza del processo di spolpamento, espropriazione ed invasione afroislamica, e lo diluisca nel tempo, dando modo alla popolazione generale di vivere decentemente qualche anno in più, e alla parte più valida di essa di emigrare e trasferire aziende e patrimonio all’estero.
http://marcodellaluna.info/sito/2019/08/22/il-sovranismo-della-serva-italia/
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