Quieta non movere

Dunque lo Stato, a tutt’oggi, non è riuscito nemmeno a creare una classe di amministratori e di politici consci dei doveri della cosa pubblica nei confronti della nazione. Vizio antico, peraltro; si pensi allo scandalo della Banca Romana del 1892-94: ciò significa che dai tempi di Francesco Crispi a oggi, nell’arco di centoventi anni, poco o nulla è cambiato.

È valido ancora oggi, in sostanza, questo ritratto della grande borghesia italiana dei decenni tra il fascismo, la Seconda guerra mondiale, il boom economico e gli anni della recessione, tracciato da Piero Ottone nel suo libro Il gioco dei potenti (Milano, Longanesi & C., 1985, pp. 144-146):

Presto si tornò alla normalità [dopo l’aprile del 1945], e le grandi famiglie ripresero la loro esistenza. Un’esistenza dorata, senza dubbio, quale poteva essere permessa da grande ricchezza. Ma non certo volgare. Si era formata in Italia un’aristocrazia capitalistica che era giunta alla terza o quarta generazione, e aveva imparato ad apprezzare le cose belle. I Conti, i Falck, i Crespi abitavano in palazzi di città, avevano quadri preziosi alle pareti, erano circondati da vaste schiere di servitori, maggiordomi, cuochi, cameriere, giardinieri, autisti, ricevevamo artisti e scrittori. (A Londra, il presidente della Dunlop, una delle maggiori società industriali, invitava ospiti a pranzo senza alcun servitore, la moglie andava in cucina; all’estero, la decimazione della servitù era già un fatto compiuto; gli stranieri si meravigliavano dei nostri lussi, noi ci meravigliavamo della loro austerità.)

Alle date prestabilite, ogni anno, si trasferivano nelle ville in campagna, o sui grandi yacht, o a Vichy o ad Aix-les-Bains per la cura delle acque. Certo i nuovi ricchi mostravamo disprezzo. I Crespi sembrarono offesi quando furono infornati che Angelo Rizzoli, fondatore di dinastia, prima generazione, qui di “nouveau riche” (e si vedeva) ambiva a diventare loro socio nella proprietà del “Corriere della Sera”.

Ogni sintomo di innovazione era sgradito, naturalmente. Non concepivano il capitalismo come una guerra di concorrenza, tanto meno come un continuo avvicendamento che permettesse ai più abili di sostituirsi, di volta in volta, ai vecchi, ai deboli, ai sorpassati. In più di un caso si occupavano delle loro aziende da una certa distanza, delegando il compito della conduzione ad appositi uomini di fiducia, che avevano la mentalità del ragioniere piuttosto che la figura del manager. Erano “gentlemen of leisure”, gentiluomini con molto tempo libero a disposizione. Quando lavoravo come inviato al “Corriere”, i tre fratelli Crespi, Mario, Aldo e Vittorio, venivano in via Solferino una volta la settimana, il giovedì mattina tra le dieci e le undici, chiacchieravano amabilmente col direttore politico e col direttore amministrativo, che vedevano separatamente, si infornavano sulle ultime novità romane, si congratulavamo perché in azienda tutto andava per il meglio, scuotevano la testa sulle bizzarrie del mondo, e poi se ne andavano, chi tornando ai suoi cavalli, chi alle sue collezioni di porcellane. L’amministratore, Giuseppe Colli, era soprattutto un guardiano dei costi. Dominava su tutti una costante preoccupazione: “quieta non movere”.

https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=62309

Delitto senza castigo

In fondo era mezzo secolo che volevano fare gli americani e adesso si sentivano vicini a questa mistica identificazione, proprio come valletti che tifano per il padrone senza nemmeno percepire lo stipendio.

il Simplicissimus

l43-mario-draghi-romano-141216202238_bigL’elenco delle prime 500 aziende mondiali redatto da Fortune, è stato l’albero di Natale del neoliberismo, quello con in cima la stella cometa del pensiero unico e sotto i rami i pacchi regalo delle promesse e della ricchezza che la massa sterminata dei piccoli fiammerai dell’occidente guardava con stupore e ammirazione come la vetrina del bengodi. Ma adesso la musica è cambiata: nell’elenco del 2019 la Cina ha superato gli Usa come numero di grandi aziende: 129 a 121, rendendo palese anche ai livelli più sensibili al brillocchi americani,  l’ascesa dell’ex  celeste impero a prima potenza economica mondiale. Ma non è tanto questo che interessa, visto che il sorpasso era ormai cosa annunciata e scontata, quanto il fatto che la stragrande maggioranza delle aziende cinesi finite nell’elenco, sono aziende statali e che il numero di queste è cresciuto nel tempo, rispetto a quelle private invece di diminuire come scritto nei…

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Dai siti ai blog

Da oggi bondeno.com è raggiungibile (sempre come blog wordpress) anche come bondeno.online.

Il termine blog è la contrazione di web-log, ovvero «diario in rete».[4]

Tra il 2009 e il 2010 si avverte o comunque si teme una crisi dei blog, questo soprattutto a causa dell’immenso successo dei nuovi social network; anche se si ritiene che, soprattutto per quanto riguarda i blog tematici, i social network come Facebook e Twitter non siano adatti a rispondere all’esigenza del lettore dei blog in quanto certi tipi di post, caratterizzati da una particolare lunghezza, necessitano di un particolare formato di lettura. Il motivo per cui i blog si diffusero così tanto è da ricercare in più fattori: dall’esibizione pubblica della propria vita privata alla creazione di testi complessi e specifici; alla base della diffusione c’è a ogni modo la caratteristica della condivisione. Al 16 febbraio 2011 ci sono più di 156 milioni di blog pubblici in essere.[3].

bondeno.com nasce come sito nel 1998 per ospitare la prima edizione del Cyberfest e diventa blog nel 2003 (registrandosi come testata giornalistica); col tempo si è diversificato per categorie, a seconda dell’argomento trattato e wordpress permette anche di abbonarsi via mail per essere informati della pubblicazione di ogni nuovo articolo.

Mal di scuola

Era il titolo di un libro di Ethel Porzio Serravalle del 1988 ,della commissione Scuola del PRI.

Con la seconda repubblica i partiti hanno smesso di studiare, ma i problemi sono rimasti; anzi si sono aggravati se vogliamo prestar fede ai risultati dell’ultimo test INVALSI.

Calpesti e derisi

Poche parole bastano: nella votazione UE, abbiamo dimostrato davanti a tutti i nemici quel che cantiamo nell’inno anti-nazionale: che”non siam popolo, siamo divisi e perciò saremo “calpesti e derisi”.  I 5 Stelle non hanno alcuna capacità  di formulare un concetto qualunque di “Interesse nazionale”: sono la Lega Sud particolarista,  più vogliosa di assestare una pugnalata al cosiddetto “alleato  di governo” che mostrare unità.  Ovviamente ne subiremo le conseguenze per anni.

Perché  vediamo al confronto i tedeschi. Non hanno solo la giovane dura, fanatica anti-sovranista VonDer Leyen  al posto del senile ubriacone Juncker.

I tedeschi già occupano una serqua di presidenti indipendenti dal Parlamento:

la Banca Europea d’Investimento (BEI) – Werner Hoyer

  • La Corte dei Conti europea – Klaus-Heiner Lehne
  • Meccanismo Europeo di Stabilità – Klaus Regling –
  • insomma le casse e i soldi

Occupano tre segretariati generali su quattro:

  • Quello della Commissione
  • Del Servizio Europeo di Azione Estera
  • Quello del Parlamento Europeo

Quest’ultimo è occupato da Klaus Welle, uomo di partito (Merkel)  inchiodato a  quel posto da dieci anni, è lui  che guida  tutta l’amministrazione  dell’assemblea e dei suoi 8 mila (diconsi ottomila) funzionari e quindi dispone di tutto l’apparato burocratico che è  il vero motore anti-sovranist, capace di tutto dietro le quinte.

Ancora tedesche sono le tre presidenze più importanti: affari esteri, commercio internazionale, agricoltura.  Persino i francesi  sono stati espulsi dai posti che veramente contano:  hanno la Lagarde alla BCE, di cosa debbono lamentarsi? Il resto se lo accaparrano i germanici e i germanofoni, gli anseatico-finlandesi.  Gli stati di 5 milioni di abitanti  che,   come è noto e comprovato,  sono i cani da guardia di Berlino e i  custodi  delle sue imposizioni economiche al Sud.

Infine, scrive Coralie Delaume, “molti tedeschi si spartiscono i posti di coordinatori di commissione, poco visibili  al pubblico ma cruciali  perché sono  loro che ripartiscono il lavoro parlamentare.  Otto coordinatori di commissione del Parlamento sono germanici contro un solo francese. Sei coordinatori Verdi sono tedeschi contro un solo francese.

Ora, credete che  questi tedeschi, ancorché di vari partiti e provenienze, si divideranno su qualche tema, in Europa? No. Saranno un blocco unitario impenetrabile da divisioni e distinguo:  nella UE,  agiscono da “tedeschi” non da verdi, socialisti, CDU.

E a noi è stato dato al posto di Tajani il presidente del Parlamento: David Sassoli, una mezza figura, poco intelligente  e passivo poco lavoratore,  scelto perché possa dimostrare tutto il suo odio virulento verso il governo del paese da cui viene, e favorire la sua fazione contro l’interesse nazionale. Vorrà dimostrare ogni volta che potrà, quanto lui odia Salvini,  e come desideri stangare “i populisti” italiani. Sarà il più utile alleato dei germanici, essendo il suo scopo rimettere al governo dell’Italia il Partito che ci ha dato la mafia nigeria, ci ha dato gli affidi rieducativi dell’Emilia  alle lesbiche, ci ha dato Mario Monti e sostenuto la sua politica di rovina economica – e  continua ad essere votato dal 20 per cento degli italiani.  Ed ora può sperare di tornare al governo con la Lega Sud grillino-arretrata.

Leggete i suoi tweet e capirete.

E’ storia antica che si ripete. Tanto ripetitiva che non vale la pena  di spenderci altre parole. Saremo calpesti e derisi dagli stranieri  –  perché ce lo siamo voluto.

L’articolo UE. I TEDESCHI HANNO TUTTI POSTI. (Noi, un anti-italiano) proviene da Blondet & Friends.

Russiagate

Un recente sondaggio dice che il 58% degli italiani ritiene grave la storia dei soldi promessi dai russi alla Lega per la campagna elettorale europea di quest’anno. Ciò dimostra ulteriormente che l’inconsapevolezza è la regina della democrazia come oggi praticata.

Infatti, posto che il problema di questo ipotetico e non avvenuto finanziamento è quello dell’interferenza straniera nella politica italiana, cioè della tutela dell’indipendenza politica italiana, allora ogni non-idiota sa che questa indipendenza non esiste dalla fine della II GM:

a)l’Italia dal 1945 è militarmente occupata dagli USA con oltre 100 basi sottratte al controllo italiano;

b)gli USA hanno allestito, armato e finanziato in Italia la Gladio, un’organizzazione paramilitare illecita con fini di condizionamento politico;

c)la DC e il PCI hanno sempre preso miliardi rispettivamente dagli USA e dall’URSS, dati per condizionare la politica italiana; in particolare l’URSS assicurava al PCI percentuali su determinati commerci;

d)il PCI riceveva questi soldi mentre l’URSS teneva puntati contro l’Italia i missili nucleari;

e)il PCI, in cui allora militava il futuro bipresidente della Repubblica G.N., accettava la guida del PCUS di Stalin;

f)diversi leaders politici italiani hanno sistematicamente svenduto a capitali stranieri i migliori assets nazionali;

g)moltissimi leaders politici e statisti italiani hanno sistematicamente e proditoriamente ceduto agli interessi franco-tedeschi e della grande finanza in fatto di euro, fisco, bilancio, immigrazione; in cambio hanno ricevuto sostegno alle loro carriere;

h)l’Italia ormai riceve da organismi esterni, diretti da interessi stranieri, l’80% della sua legislazione e della sua politica finanziaria;

i)essa è indebitata in una moneta che non controlla e che è controllata ultimamente da banchieri privati; la Banca d’Italia è controllata pure da banchieri prevalentemente stranieri.

j)ciliegina sulla torta: notoriamente, nel 2011, su disposizione di BCE e Berlino, il Palazzo italiano ha eseguito un golpe per sostituire il governo Berlusconi con uno funzionale agli interessi della finanza franco-germanica.

E su tutto questo nessun PM ha mai aperto un fascicolo per corruzione internazionale: andava tutto bene!

Nel confronto con questi fatti, il problema dei soldi russi alla Lega, peraltro mai dati, è insignificante, solo un idiota può considerarlo diversamente; mentre chi ha un minimo di buon senso nota che il problema grave è un altro, ossia che i servizi segreti -sottoposti al premier Conte- abbiano eseguito un anno fa, e tirato fuori proprio ora, le intercettazioni in questione, e che le tirino fuori ora per mettere in difficoltà la Lega in un momento critico per il M5S. Questa è la vera interferenza, questo è lo scandalo.

14.07.19 Marco Della Luna

Riconquistare l’Italia

fsiAlla fine degli anni ’80 eravamo la quarta potenza economica mondiale con la metà della produzione industriale nelle mani dello Stato. Eravamo il paese più socialista del mondo dopo l’Unione Sovietica e le nostre imprese di Stato competevano a livello internazionale.

Svenduto tutto negli anni ’90, sperimentiamo da allora un arretramento in favore di economie emergenti che trainano la crescita con una forte presenza di imprese pubbliche e il primo player mondiale resta il detentore del primato della presenza dello Stato nell’economia: la Cina.

È interessante notare che questa narrazione ideologica sull’inefficienza dello Stato abbia attecchito in Italia, un paese che è cresciuto e ha raggiunto il benessere grazie alla presenza ingombrante dello Stato nell’iniziativa economica.
Ed è altresì interessante osservare che, benché si sia svenduto praticamente tutto ai capitali privati si continui a sostenere che il problema è ancora lo Stato, che è ormai ridotto ai minimi termini.

Editoriale del 08/07/2019 Gianluca Baldini
FSI – Riconquistare l’Italia

Il giubilo degli oligarchi

Le oligarchie di Bruxelles e i tecno burocrati delle Istituzioni Europee sono in tripudio in questi giorni, dopo avere autocelebrato la loro giornata di trionfo con la nomina dei presidenti e componenti delle Istituzioni eurocratiche.

L’obiettivo dei tecno burocrati era quello di estromettere dai vertici del Parlamento i movimenti e partiti che, in Italia, come in Francia ed in altri paesi hanno vinto le elezioni e sono emersi come i partiti più votati dagli elettori, è il caso della Lega in Italia e del partito della Le Pen in Francia. I metodi sono sempre gli stessi: quelli meschini ed antidemocratici degli escamotage formali e degli accordi fra esponenti di peso a Bruxelles per escludere i candidati che potrebbero rappresentare un disturbo rispetto alla linea europeista, globalista e progressista in Europa.

Come ha dichiarato la eurparlamentare leghista Mara Bizzotto ““Oggi l’Europa ha dimostrato in maniera evidente la distanza che esiste tra l’arroganza del potere e la voglia di cambiamento espressa dal popolo . Questi falsi democratici che comandano i palazzi della UE continuino pure a prendersi gioco della volontà popolare: gli italiani non dimenticheranno i colpevoli di questo affronto e molto presto il nostro popolo li spazzerà via”, ha concluso la Bizzotto e come non dargli ragione.

LE SCELTE DELL’UE PER I POSTI DI VERTICE RIFLETTONO LE POLITICHE CHE HANNO PORTATO AL SUO ATTUALE PASTICCIO

Nonostante tutto quello che è accaduto nell’UE negli ultimi cinque anni, i suoi stati membri sono riusciti a selezionare in primo luogo quattro politici che incarnano una totale continuità con tutte le politiche che hanno portato l’Unione europea in questo pasticcio.
Nessuna delle recenti calamità ha convinto il blocco degli oligarchi europei a modificare leggermente il suo corso. Non l’ascesa dei partiti anti-sistema in Italia, Germania, Francia, Finlandia e altrove. Non l’ascesa delle forze patriottiche in Polonia e Ungheria. E tanto meno la Brexit, che, in termini economici equivale alla perdita di uno Stato membro tranne 20, e che distruggerà le attuali disposizioni del bilancio dell’UE.
Al contrario, tecnoburocrati della UE si sono “autocelebrati” e hanno alzato i “cordoni sanitari” contro i partiti populisti.

L’annuncio più eclatante è ovviamente quello del miglior posto di vertice, così il ministro della Difesa tedesco Ursula von der Leyen è stata designata come presidente della Commissione.
Poiché è noto che la Commissione ha il monopolio dell’intero processo legislativo ed esecutivo nelle istituzioni dell’UE, questo organismo è il vero motore che guida l’intera macchina eurocrate.. Il Parlamento Europeo, al confronto, è impotente. Il fatto che la Germania abbia ora acquisito il controllo della più importante istituzione europea è notevole, anche perché è la prima volta che un tedesco ha ricoperto questo incarico dal primo presidente della Commissione, Walter Hallstein, che ha avuto il lavoro tra il 1958 e il 1967. Nei decenni successivi, e in particolare dal 1990, la Germania è emersa come potenza egemonica nell’UE e nulla viene deciso a Bruxelles senza l’accordo di Berlino.

Il contributo specifico di Ursula von Leyen, a parte la sua nazionalità e il suo status di stretto alleato di Angela Merkel, è che lei è una sostenitrice impegnata non solo del concetto di Europa federale ma anche di un esercito europeo. Come ministro della difesa, in precedenza aveva annunciato l’intenzione di investire 130 miliardi di euro in un corpo militare tedesco in 15 anni e un aumento del 10% nel 2019 per portarlo a 50 miliardi di euro l’anno. Se questa ri-militarizzazione è vestita con abiti “europei”, le tensioni della Guerra Fredda nel continente europeo non potranno che aumentare, cosa che la onorevole von der Leyen chiaramente vuole: la stessa è nota per essere uno dei peggiori falchi anti-russi in Germania e Europa.

Charles Michel, il nuovo presidente del Consiglio europeo, è il secondo belga ad occupare questo posto essenzialmente onorifico: Herman van Rompuy è stato nominato primo presidente nel 2009. (Il secondo è stato Donald Tusk, Michel è il terzo). spesso si dice del Belgio che ha sette parlamenti ma nessuno stato: ora Michel avrà 27 governi ma ancora nessuno stato.
Sarebbe difficile immaginare un politico più conformista di Charles Michel: questo liberale nato non ha mai pronunciato una parola originale nella sua vita. Inoltre, come Ursula von der Leyen, ha una politica europea nel suo sangue. Come Ernst Albrecht, padre di Ursula von der Leyen, che era un alto funzionario della Commissione europea prima di diventare ministro della Bassa Sassonia (Ursula era nato a Bruxelles e si era trasferito alla Scuola europea), il padre di Charles Michel, Louis, era un ministro degli esteri belga e commissario europeo. Due delle quattro nomine di ieri sono quindi dinastiche, sottolineando la classe politica europea simile a una casta, alla quale si dovrebbe forse aggiungere Josep Borrell, ex presidente del Parlamento europeo e ex presidente dell’Istituto universitario europeo di Firenze.

In breve, nessuno dei quattro brilla come personalità, mentre molti di loro sono stati coinvolti in scandali finanziari – Borrell per non aver dichiarato un lavoro di consulenza di € 300.000 all’anno nel 2012 e Lagarde per l’approvazione di un pagamento statale ad un amico di Nicolas Sarkozy. Leyen è stata spesso accusata di incompetenza come ministro, più preoccupata della sua pettinatura perfetta che dell’esecuzione dell’esercito tedesco. Tutti e quattro sono sopravvissuti in politica, nella maggior parte dei casi per decenni, proprio perché non hanno mai deviato dalla linea di partito e hanno invece ottenuto l’appoggio delle oligarchie in quello stanno facendo, come si mormora negli ambienti informati.

In breve, di fronte a una crisi esistenziale e ad una grave mancanza di credibilità, il messaggio dell’UE ai suoi elettori e al mondo è: Business as usual.

Fonte: News Front

Traduzione e sintesi: Luciano Lago

https://www.controinformazione.info/i-tecnoburocrati-della-ue-si-autocelebrano-e-alzano-cordoni-sanitari-contro-i-partiti-populisti/


Antigone

«A proclamarmi questo non fu Zeus, né la compagna degl’Inferi, Dice, fissò mai leggi simili fra gli uomini. Né davo tanta forza ai tuoi decreti, che un mortale potesse trasgredire leggi non scritte, e innate, degli dèi. Non sono d’oggi, non di ieri, vivono sempre, nessuno sa quando comparvero né di dove.»
(Antigone, vv. 450-457)

Bookmaker scatenati: quanti punti avrà portato a Salvini la vicenda Sea Watch? Anche se forse la prima domanda sarebbe un’altra: come pensiamo di gestire quei 143 milioni di migranti climatici (stima World Bank) che di qui al 2050 si sposteranno in cerca di pane da Africa, Asia e America Latina?
Domenico Quirico de “La Stampa”, uno che di migrazioni se ne intende, ha stigmatizzato il “narcisismo fanatico della misericordia” di Carola la Capitana: anche lui ci aveva creduto, ma ormai si è convinto che pietà ed empatia, “pasionarie e commozioni” non servono a niente.
Servirebbe, semmai, una politica che al negazionismo autoritario, securitaristico e opportunistico di Salvini (le migrazioni non esistono, i cambiamenti climatici nemmeno, aiutiamoli a casa loro, no pasaran) sappia opporre un progetto ragionevole a breve-medio termine: nell’interesse del nostro Paese e in spirito di unità nazionale, una seria riforma del Trattato di Dublino da portare in Europa come priorità non differibile; l’istituzione immediata di corridoi umanitari; la richiesta che l’Onu s’impegni in Libia contro i lager e il traffico di carne umana.
Dall’opposizione invece solo laconiche dichiarazioni (Zingaretti) sul caso Sea Watch come arma di distrazione di massa dai “veri problemi” (sic), oltre alla gita “sotto le stelle” di Matteo Orfini & C, in ritardo di almeno 10 anni. Per chiudere con il dubbio di Graziano Del Rio che speronare una motovedetta della Guardia di Finanza “in caso di stato di necessità” possa costituire una violazione accettabile.
Mentre Salvini cavalca strepitosamente l’onda, la sinistra si accontenta di surfare su una modesta risacca, tappando i suoi vuoti con le gesta di giovani Antigoni che poi di Antigone -che non era un’antagonista né una militante politica né speronava lavoratori in divisa- hanno ben poco (qui ci vorrebbe Pasolini: “Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti, io simpatizzavo coi poliziotti! Perché i poliziotti sono figli di poveri”).
Lasciandoci soli l’Europa ci ha regalato Salvini, le gesta della Capitana fanno rischiare il Super-Salvini.
Che la sua liberazione, speriamo imminente, zittisca le tifoserie e ci riporti al buon senso.

http://www.barbadillo.it/83451-politica-nessuna-carola-puo-riempire-il-vuoto-pneumatico-della-sinistra/