La bottega del caffè, composta nel 1750, è una delle più importanti commedie di Carlo Goldoni, all’interno della quale si sviluppa un intermezzo, dallo stesso titolo, composto da Goldoni nel 1736.
Nato inizialmente come intermezzo in tre parti, l’enorme successo del soggetto spinse il commediografo a tornarci sopra, ampliandolo fino a crearne una commedia in tre atti. È considerata uno dei suoi testi più fortunati tra le sedici commedie nuove. La commedia venne rappresentata per la prima volta a Mantova, il 2 maggio di quell’anno 1750[1], con gran successo. Fu poi portata a Venezia dove venne replicata per dodici volte. (1)
Il Caffè Pedrocchi, situato nel centro di Padova, in via VIII Febbraio nº 15[1], è un caffè storico di fama internazionale. Aperto giorno e notte fino al 1916 e perciò noto anche come il “Caffè senza porte”, per oltre un secolo è stato un prestigioso punto d’incontro frequentato da intellettuali, studenti, accademici e uomini politici. L’8 febbraio 1848, il ferimento di uno studente universitario all’interno del locale diede il via ai moti risorgimentali italiani; ancora oggi l’episodio è ricordato nell’inno ufficiale universitario, Di canti di gioia. (2)
Più vicino nel tempo e nello spazio, personalmente ricordo un’assemblea del PRI al Caffè Italia di Cento; questo per dire che la frequentazione di locali pubblici e vita politica sono sempre stati storicamente intrecciati prima che diventasse una consuetudine sia della Lega che del M5S:
Il Caffè Pedrocchi si configura come un edificio di pianta approssimativamente triangolare, paragonata a un clavicembalo. La facciata principale si presenta con un alto basamento in bugnato liscio, guarda verso est e si sviluppa lungo la via VIII Febbraio; su di essa si affacciano le tre sale principali del piano terra: la Sala Bianca, la Sala Rossa e la Sala Verde, così chiamate dal colore delle tappezzerie realizzate dopo l’Unità d’Italia nel 1861.
La Sala Rossa è quella centrale, divisa in tre spazi, è la più grande e vede attualmente ripristinato il bancone scanalato di marmo così come progettato da Jappelli. La Sala Verde, caratterizzata da un grande specchio posto sopra al camino, era per tradizione destinata a chi voleva accomodarsi e leggere i quotidiani senza obbligo di consumare. È stata pertanto ritrovo preferito degli studenti squattrinati e a Padova si fa risalire a questa consuetudine il modo di dire essere al verde. La Sala Bianca, si affaccia verso il Bo, conserva in una parete il foro di un proiettile sparato nel 1848 dai soldati austro-ungarici contro gli studenti in rivolta contro la dominazione asburgica. Inoltre, è anche nota come ambientazione scelta da Stendhal per il suo romanzo “La certosa di Parma”. Completa il piano terra la Sala Ottagona o della Borsa, dall’arredo non troppo raffinato, destinata in origine alle contrattazioni commerciali.
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