Due passi a sinistra

Le elezioni europee si avvicinano e così d oggi mi permetterò di riportare alcune voci importanti, quelle che vengono silenziate il più possibile dai media mainstream e ancor più in Italia dove il dibattito elettorale giace al di sotto del bene e del male. Comincerò col riportare un’intervista a Marc Botenga candidato del Partito dei lavoratori belga, una formazione marxista leninista che negli ultimi anni ha visto aumentare i propri consensi e mostra che a sinistra non c’è solo una confusa sterpaglia di cespugli morti pronti ad essere raccolti per decorazione nelle dimore dei ricchi o altri europeismi che nascono come ammanite muscarie sulle decomposizioni, ma c’è ancora qualche germoglio vivo che potrebbe svilupparsi.

Dunque Botenga comincia col disegnare la cornice: ” La UE è stata costruita da multinazionali e questo non è solo uno slogan perché negli anni ’80 il processo di integrazione si è arrestato. Le grandi multinazionali  si sono sedute attorno a un tavolo – la Tavola rotonda europea degli industriali – insieme a due figure della Commissione  il capitano d’industria Etienne Davignon e François-Xavier Ortoli. È ovvio che tipo di forma stava prendendo l’UE, quando i commissari europei si sono connessi alle multinazionali per dire ai capi di governo come avrebbe dovuto essere il progetto. La nascente UE prese così la forma della deregolamentazione e della consegna di ogni cosa al mercato. Possiamo facilmente vederlo nell’Atto unico europeo del 1986, che ha preceduto il trattato di Maastricht. Questa alleanza è stata in grado di fare tutto ciò che voleva per oltre trent’anni, perché non esisteva nessun contrappeso dal basso, ma oggi stanno emergendo nuove lotte a livello continentale: ciò che dobbiamo fare è rafforzarle perché di fronte all’unità dell’avversario abbiamo bisogno di costruire un contropotere.”

Poi Botenga passa a decostruire le leggende metropolitane con cui il potere oligarchico chiede consenso e in particolare quella dei settant’anni di pace. ” Intanto non in Europa nel suo insieme: ricordiamo la terribile guerra in Jugoslavia. Ma soprattutto, l’UE è sempre più orientata verso la guerra. Anche il suo trattato di base obbliga gli Stati membri a migliorare le loro capacità militari. E i deputati di Strasburgo e il Consiglio europeo hanno appena adottato un piano del Fondo di difesa europeo che inonderà le multinazionali dell’industria delle armi con miliardi di euro. Altri progetti come il programma spaziale o anche il meccanismo delle infrastrutture interconnesse stanno assumendo una dimensione militare. L’UE si sta preparando per la guerra. Fino ad ora sono stati i suoi stati membri a distruggere interi paesi, come la Libia. Forse presto lo faranno sotto la bandiera europea. Che tipo di progetto di pace è questo?”

Leggi tutto su https://ilsimplicissimus2.com/2019/05/13/due-passi-a-sinistra-fra-leuropa-del-disastro/

6 pensieri su “Due passi a sinistra

  1. Il dibattito televisivo
    Il 15 maggio, dalle 21 alle 22:30, si terrà al Parlamento europeo di Bruxelles un dibattito pubblico tra i candidati alla guida della Commissione Europea. Il dibattito sarà visibile online qui e in Eurovisione in ciascuna delle lingue dell’Unione e nella lingua dei segni. Si potrà seguire su facebook, twitter e Instagram mentre è già possibile proporre domande con l’hashtag #TellEurope.
    https://www.wired.it/attualita/politica/2019/05/13/elezioni-europee-2019-cose-da-sapere/

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  2. Un conto è allearsi, ma non entro assolutamente nel Partito popolare europeo. Socialisti e popolari hanno governato in tutti questi anni in Europa, la Lega e’ un’altra cosa”. Lo ha detto Matteo Salvini a In mezz’ora, rilanciando l’appuntamento di sabato prossimo a Milano in piazza Duomo, “con i leader di 15 movimenti europei, da Marine Le Pen a Geert Wilders. Mi aspetto che ci siano centomila persone”.
    Nota: Attualmente la Lega è nel gruppo Europa delle nazioni e della libertà
    https://www.enf.eu/?page_id=10

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  3. Quello che non si domanda Monti che vede evidentemente in questa configurazione europea il migliore dei mondi possibili è a che cosa serva alla Germania tutto questo. La risposta ce l’ha data il Ministro degli Esteri Heiko Maas qualche mese fa in un “articolo-manifesto” (colpevolmente ignorato dalla nostra stampa) pubblicato da Handelsblatt. La Germania persegue una politica di sganciamento dagli USA al fine di giocare un ruolo da potenza mondiale con delle alleanze a geometria variabile in giro per il mondo. Tutto scritto, nero su bianco, da Maas.

    Inutile anche sottolineare che la Germania surrettiziamente persegue una politica di potenza anche militare. Vogliamo parlare del vertice sui Balcani tenutosi una settimana fa a Berlino dove la Germania invitava caldamente paesi come la Bosnia, la Serbia e la Macedonia ad entrare nella EU? Vogliamo parlare della richiesta tedesca di costruire una “portaerei europea” aggirando così il divieto imposto a Berlino di riarmarsi? Vogliamo parlare della scoperta di una missione militare tedesca in Niger fatta dal governo della Merkel all’insaputa del parlamento stesso? Tutta roba emblematica.

    Sfortunatamente mi pare di capire che gli altri paesi vincitori della seconda guerra mondiale, Cina, USA, UK e Russia quel ruolo non hanno nessuna intenzione di concederlo. Per nessuna ragione al mondo. Ecco, quello che non capisce Monti è che un’Europa unita e germanizzata è foriera di guai al pari di una rottura della UE stessa. In un caso si rischia una guerra intraeuropea e nell’altro si rischia una guerra tra l’Europa ed il resto del mondo.
    http://appelloalpopolo.it/?p=51204

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  4. La soglia del 3% sul deficit/Pil è stata elaborata negli anni ’80 da un sconosciuto funzionario del governo di
    François Mitterand: Guy Abeille, ai tempi non ancora trentenne.

    La storia è andata così. Dopo la vittoria alle elezioni del 1981 in Francia i socialisti guidati da Mitterand per mantenere le costose promesse elettorali avevano portato il deficit da 50 a 95 miliardi di franchi. Per
    “darsi una regolata” Mitterand incaricò Pierre Bilger, a quel tempo vice direttore del dipartimento del Bilancio al ministero delle Finanze di implementare una regola per evitare spese pubbliche all’impazzata. Bilger contattò due giovani esperti che avevano una formazione economica e matematica all’Ensae: Roland de Villepin, un cugino del futuro primo ministro Dominique de Villepin e Guy Abeille.
    Sarà quest’ultimo ad elaborare il paletto del 3% sul Pil, nato però, per sua stessa ammissione, senza alcuna base scientifica: «Prendemmo in considerazione i 100 miliardi del deficit pubblico di allora.
    Corrispondevano al 2,6 % del Pil. Ci siamo detti: un 1% di deficit sarebbe troppo difficile e irraggiungibile. Il 2% metterebbe il governo sotto troppa pressione. Siamo così arrivati al 3%. Nasceva dalle circostanze, senza un’analisi teorica».

    L’incredibile ciarlataneria del deficit massimo al 3%

    Aujourd’hui en France Le Parisien rivela un altro virgolettato di Abeille: «Abbiamo stabilito la cifra del 3 per cento in meno di un’ora. È nata su un tavolo, senza alcuna riflessione teorica. Mitterrand aveva bisogno di una regola facile da opporre ai ministri che si presentavano nel suo ufficio a chiedere denaro […]. Avevamo bisogno di qualcosa di semplice. Tre per cento? È un buon numero, un numero storico che fa pensare alla trinità».
    Sperimentato in Francia questo paletto resse nel corso degli anni ’80, ad eccezione del 1986, anno in cui il governo spese a deficit di più. A dicembre 1991 quella regola entrò fu promossa da “francese” ad “europea” ed entrò a pieno titolo nei parametri di Maastricht.
    Secondo quanto documenta la Faz l’allora Ministro delle Finanze tedesco Theo Waigel ha svelato come Trichet convinse la Germania a dare l’ok al paletto del 3%: «Il livello di indebitamento europeo all’inizio degli anni ’90 era pari a circa il 60% del Pil. La crescita nominale era circa il 5%, e l’inflazione al 2%. In questa situazione i debiti potevano crescere al massimo di un 3 % all’anno, per non superare la soglia del 60%».
    Ma perché proprio il 3%, e non il 2,5 % o il 3,5 % o il 4%? «Economicamente è difficile da giustificare», disse una volta l’ex presidente della Bundesbank Hans
    Tietmeyer, mentre osservava da vicino la nascita del criterio.
    Il “padre della regola” che è diventato l’incubo di mezza Europa oggi ha 62 anni, e assiste agli sviluppi con un certo divertimento: «Non l’avremmo mai immaginato». Tuttavia è rimasto un sostenitore della disciplina di bilancio.
    Le Parisien sottolinea che «l’ironia della storia è che i tecnocrati di Bruxelles si sono ispirati a questo famoso 3 per cento anche per creare un’altra regola iscritta nel nuovo trattato di bilancio europeo e
    altrettanto falsamente cartesiana, quella che obbliga a limitare il deficit strutturale degli Stati allo 0,5 per cento. Perché non l’1 o il 2 per cento?
    Nessuno lo sa».
    La pensa così, oggi, lo stesso Abeille che considera alquanto utopici i calcoli sul deficit strutturale, al momento di gran moda, che ignorano l’impatto congiunturale.
    Insomma, che Rehn lo sappia o meno, appare chiaro che la scienza fu messa in secondo piano nei palazzi di Maastricht al momento di decidere la nuova architrave europea che detta ancora oggi la linea.

    twitter.com/vitolops –
    sole24ore

    http://www.imolaoggi.it/2014/01/29/confermata-la-bufala-del-3-sul-deficitpil
    -ci-stanno-ammazzando-per-nulla/

    L’articolo Di Maio prono all’élite: “Sforare i parametri UE è da irresponsabili” proviene da Blondet & Friends.

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  5. Ma alla fine di 40 anni di pace ininterrotta in Europa, scontata dalle popolazioni coloniali degli altri continenti, le lotte sociali si erano inasprite e la razza padrona riteneva che la guerra potesse essere una buona occasione per ristabilire l’ordine che vedeva compromesso e magari acquisire nuove rendite.

    Questo in realtà non è un salto nel passato, ma un ritorno al futuro perché il medesimo impasto di tensioni e di condizioni si sta riproponendo oggi, sia pure sotto forme aggiornate, ma ancora ben riconoscibili: sanzioni, riarmo e aumento delle spese militari, distruzione del diritto internazionale, tentativi di sovvertimento dei governi scomodi o non troppo accomodanti, l’assalto politico-militare ai Paesi con risorse naturali come il Venezuela e l’Iran e non facilmente penetrabili da multinazionali di ogni settore il cui potere è diventato immenso, desiderio di instaurare una nuova era di disuguaglianza in nome del mercato e del profitto, ma anche tentativi di ribellione, crescita esponenziale di nuove potenze economiche, sfilacciamento e crisi delle istituzioni create per favorire l’ordine nuovo liberista. Le elites occidentali si sentono sull’orlo del disastro e la loro tracotanza è quella della paura tanto da aver ormai inserito la guerra globale tra le opzioni praticabili perché i suoi effetti per così dire maltusiani, oltre alla enorme distruzione di mezzi di produzione potrebbe consentire di tornare a una sorta di punto zero.
    https://ilsimplicissimus2.com/2019/05/16/roulette-russa-con-la-tempia-degli-altri/

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  6. I cosiddetti padri fondatori dell’Ue erano a libro paga dei servizi segreti americani e hanno realizzato un incubo più che un sogno. Per rompere il sortilegio occorre riavvicinarsi al principale antagonista di Washington, la Russia. Deve essere inaugurata una nuova politica di intese tra est ed ovest per rompere l’isolamento russo e sganciare l’Europa dalla dipendenza americana. Questi primi passi, da attuare con cautela, sono possibili perché il declino americano, seppur relativo, è un fatto. Il multipolarismo è un processo storico oggettivo e inarrestabile ma il mutamento dei rapporti di forza ed il ribilanciamento della potenza, dipende anche da fattori soggettivi. La Storia spalanca delle finestre ma per passarci attraverso bisogna “osare”, ed essere strategici. Ormai, anche muovere un dito in questo mondo in ebollizione genera scosse da tutte le parti. È l’oggettività della situazione conflittuale. La sorte dei conflitti dipende però anche dal l’intelligenza soggettiva degli attori in campo. Il mondo è aperto ad ogni possibilità.
    di Giovanni Petrosillo – 27/05/2019

    L’Europa si salva con la Russia

    Fonte: Conflitti e strategie

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