Il 26 maggio, infatti, andremo/andrete (!?) a votare per eleggere i parlamentari dei cittadini dell’Unione, non i rappresentati italiani nell’Unione.
Questo cambiamento è previsto dalla Decisione numero 2018/994.
Si potrebbe pensare che sia solo un cambiamento lessicale, che poco cambia, ma non è così.
Cambia totalmente il senso delle elezioni stesse. Con questo atto siamo trasformati formalmente in cittadini dell’Unione.
Non siamo più italiani, francesi o tedeschi.
Ciò sarà un vero orgasmo per i nostri euro-pirla.
La cosa, tuttavia, ha del manicomiale.
Questa Decisione (così si chiama formalmente) è stata adottata proprio quando ormai è a tutti evidente che, per motivi storici e politici, lo Stato Federale non si può fare.
E lo hanno sanzionato proprio Francia e Germania con l’accordo di Aquisgrana e la successiva convocazione a Parigi dei parlamentini delle due nazioni.
Il significato è chiaro: l’Unione siamo noi.
Così, per un verso, diventiamo tutti euro-unionisti, e, dall’altra, il comando è delle elité francesi e tedesche: lo Stato Carolingio.
Ma questo è solo il primo passo.
La denazionalizzazione delle elezioni dei parlamentari è solo il primo passo.
Immagino che direttive, regolamenti, sanzioni, saranno ancor più stringenti sui poteri nazionali. Lo stesso ruolo della Commissione e del Consiglio dei governi ne verrà trasformato.
In Italia, tale Decisione è stata ratificata dal Consiglio dei Ministri e dalle Commissioni Competenti di Camera e Senato come se fosse una decisione qualunque e nel più totale silenzio.
Nessuno, nemmeno i nostri sovranisti leghisti o pentastellati hanno detto alcunché.
A tutti, infatti, interessava la spartizione dei posti lasciati liberi dalla Brexit contenuta nello stesso atto.
La gabbia Euro-Unione, dunque, si stringe.
Ma più si stringe più si complica.
Più si complica, più si stringe.
La rabbia, la voglia di indipendenza e di un’Europa diversa si allargherà.
Prima o poi, in un modo o in un altro, la corda si spezzerà”.
Ugo Boghetta
https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=61916
Nella consuetudine delle relazioni diplomatiche, viene ancora generalmente inteso che un alleato sia colui che agisce insieme a te, tenendo in considerazione sia i tuoi che i suoi interessi. Questa posizione sarebbe equa se non esistesse alcun concetto di preminenza degli interessi americani, che negli Stati Uniti sono considerati dominanti rispetto agli interessi di altri paesi. E mentre l’ordine mondiale sta procedendo sempre più verso il multipolarismo, Washington sta ancora cercando di aggrapparsi al mito della sua eccezionalità. Questo è il criterio sulla base del quale si è mosso in Medio Oriente, in Europa e in Asia.
Trump punisce l’Europa con i dazi su acciaio e alluminio, motivo per cui il settore industriale tedesco ha subito pregiudizio da questo in molti modi. Gli Stati Uniti chiedono anche che la Germania e l’Europa si conformino al regime di sanzioni contro la Russia, mentre di queste sanzioni buona parte dei paesi europei sono già abbastanza stanchi e la Germania in particolare che subisce grandi perdite per tali sanzioni.
Come un macigno nelle relazioni tra USA e la Germania c’è la questione del gasdotto Nord Stream 2 che la Germania sta realizzando per ottenere l’auosufficienza energetica mediante il gas russo. Le pressioni americane contro la realizzazione dell’opera non sono riuscite a far desistere Berlino ma anzi “Insieme a progetti di grandi dimensioni come il Nord Stream – 2, la piccola e media impresa tedesca si è aperta alle possibilità del mercato russo”, lo ha detto di recente il capo della camera tedesca, Matthias Schepp, a questo proposito.
Secondo lui, le aziende tedesche che conoscono bene il mercato russo non temono sanzioni e pressioni da parte degli Stati Uniti. Naturalmente, il progetto Nord Stream 2 ha svolto il ruolo più importante nella crescita degli investimenti. È realizzato principalmente con denaro russo e tedesco, e la stessa condotta ha un potente “copertura” politica.
Le imprese tedesche stanno compiendo molti sforzi per eludere le sanzioni statunitensi e sviluppare la cooperazione con la Russia. Perché questo è redditizio.
Ad aprile, la Camera di commercio russo-tedesca ha pubblicato un rapporto in cui nel 2018 le imprese tedesche, nonostante le sanzioni, hanno investito 3,2 miliardi di euro in Russia. Questo è stato un record negli ultimi 10 anni.
Anche l’industria automobilistica tedesca è molto coinvolta con gli investimenti in Russia. Dal 2014, gli investimenti della casa automobilistica Volkswagen hanno già raggiunto oltre 500 milioni di euro. Questi fondi sono andati alle fabbriche della zona di Kaluga e Nizhny Novgorod. Ad aprile, Vladimir Putin e il ministro dell’economia tedesco Peter Altmeier hanno inaugurato lo stabilimento di produzione Mercedes-Benz di Daimler in Russia.
Tutto questo sta accadendo sullo sfondo della crescita della circolazione delle merci tra i due paesi. Cresce dell’8,4% e raggiunge i 61,9 miliardi di euro. Le imprese tedesche hanno aumentato le loro spedizioni in Russia del 14,7% a 36 miliardi di euro. La Russia ha aumentato le spedizioni dello 0,6% a 25,9 miliardi di euro.
La Germania bypassata a favore dell’Iraq
Nei giorni scorsi un episodio di scortesia diplomatica ha ulteriormente incrinato le relazioni tra USA e Germania. Questo è stata la visita senza preavviso del Segretario di Stato americano Mike Pompeo in Iraq. Di per sé, una tale visita, sullo sfondo di un forte aumento della retorica bellicosa di Washington contro l’Iran, non è sorprendente. E’ stato al contrario inaspettato il fatto che, la sera del 7 maggio, Pompeo era atteso a Berlino, dove tutto era pronto per il suo incontro con la cancelliera Angela Merkel e la collega tedesca Heiko Maas. Pompeo ha disdetto improvviosamente l’appuntamento senza preavviso e ha dato buca ai leader della politica tedesca mentre quella stessa sera si è improvvisamente materializzato per tutti a Baghdad.
A Baghdad Pompeo ha tenuto colloqui con le autorità irachene e ha raccontato loro la necessità di combattere con l’Iran dalla parte degli Stati Uniti. Il Segretario di Stato ha parlato con molto sfarzo in una conferenza stampa in cui ha promesso la protezione americana per gli iracheni contro ogni sorta di minacce terroristiche e contro il complotto che, secondo lui, è stato senza dubbio preparato da qualche parte nei gabinetti di Teheran.
“Il Segretario di Stato Mike Pompeo ha definito l’Iran una crescente minaccia regionale durante una visita senza preavviso in Iraq, dove ha ripetuto gli avvertimenti degli Stati Uniti a Teheran, offrendo supporto agli alleati a Baghdad”, come hanno scritto le fonti dei media USA.
L’Iran è stato dichiarato ufficialmente la minaccia numero uno in Medio Oriente da Washington. Ciò significa che il resto del mondo, e in particolare gli alleati della NATO, devono fare lo stesso. Tuttavia, ricordiamo che l’Europa, che ha compiuto molti sforzi per concludere un accordo tra i “sei” mediatori internazionali sul programma nucleare iraniano, non è d’accordo. Per gli Stati Uniti, lo scontro con l’Iran rappresenta una grande occasione per alzare la bandiera nel conflitto arabo interno di lunga data e per guidare la strategia degli stati del Golfo sunnita contro l’Iran sciita. E quindi ottenere la chiave per il Medio Oriente.
Non è un caso che la visita di Pompeo in Iraq è stata seguita immediatamente dopo che gli Stati Uniti hanno annunciato l’invio di un gruppo d’assalto guidato dalla portaerei Abraham Lincoln sulle coste dell’Iran. Il gruppo ha anche un bombardiere – formidabili B-52 in grado di trasportare armi nucleari.
Il motivo di questo spiegamento di forze non convince: Pompeo parla di informazioni dell’intelligence (sicuramente il Mossad) seondo cui l’Iran si preparerebbe ad attaccare basi e truppe USA nell’area tra Iraq e Siria ma in realtà sembra più verosimile che i neocon di Washington, nella loro ossessione anti Iran, stiano cercando un pretesto o una provocazione per portare la guerra all’Iran.
Questo è il vero motivo per cui Donald Trump ha rotto l’accordo sull’Iran, nonostante il fatto che gli esperti dell’AIEA non abbiano trovato segni della sua violazione da parte di Teheran. .
In Europa, questo comportamento è interpretato come un rifiuto da parte degli Stati Uniti di obblighi verso gli alleati. C’è l’accumulo della massa critica, che presto convincerà gli europei che non possono più fare affidamento su Washington. E il primo parere del genere inizia a esprimerlo la Germania.
Adesso bisogna fare attenzione, l’interrogativo è: dove si trova l’ interesse dell’Europa in questo? La risposta corretta è da nessuna parte. Così hanno giudicato in Germania, dove hanno completamente frainteso come fosse possibile annullare l’incontro con il capo dello stato Angela Merkel per sventolare i pugni immaginari contro l’Iran di fronte alle autorità dell’Iraq, che già da parte loro hanno dichiarato che non seguiranno gli USA in questa corsa contro i loro vicini iraniani. Avrà l’Europa la forza di affermare il proprio interesse ad evitare altre guerre ed altri sconvolgimenti nell’Area medio Orientale o si accoderà alle direttive dell’Amministrazione USA?
https://www.controinformazione.info/disgusto-in-germania-per-le-azioni-di-trump-e-pompeo/
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Si potrebbe dire che adesso viene il bello o forse il brutto: per 75 anni abbiamo pensato che le cessioni di sovranità implicite o esplicite prima nei confronti degli Usa poi dell’Europa sarebbero state in qualche modo non solo vantaggiose, ma anche omogenee, soprattutto quando dopo la caduta del muro pareva che il pensiero unico dovesse dominare un occidente senza alternative e senza contraltari, visto che la Russia giaceva nel fango,e la Cina era ancora un Paese esotico e in India andava bene al massimo per i fachiri, concetti che ancora sopravvivono dentro un primitivismo italiota coriaceo come il complesso del maggiordomo. Per questo abbiamo accettato, anzi abbiamo disperatamente cercato il giogo europeo, un po’ perché le alternative politiche interne erano saltate, un po’ perché alcuni si illudevano che questo avrebbe risolto i problemi di bilancio di governo.
https://ilsimplicissimus2.com/2019/05/09/e-adesso-povero-paese/
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http://www.ansa.it/europa/notizie/europarlamento/approfondimenti/2019/01/14/i-gruppi-politici_16829cb6-76d4-4159-8bdb-fdd5ec368ae0.html
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http://www.europarl.europa.eu/about-parliament/it/organisation-and-rules/organisation/political-groups
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Euroscettici
Raggruppano coloro che sono contrari alle politiche dell’Unione europea, all’allargamento della giurisdizione comunitaria negli affari nazionali e all’introduzione dell’euro come moneta unica.
Il primo gruppo euroscettico nasce nel 1994 è il Gruppo Europa delle Nazioni, fino al 1996. Suo successore è il Gruppo degli Indipendenti per un’Europa delle Nazioni, fino al 1999. Il gruppo si riorganizza nel 1999 e chiamato Gruppo Europa delle Democrazie e delle Diversità. Nel 2004 diventa Gruppo Indipendenza/Democrazia, espressione dei partiti Alleanza dei Democratici Indipendenti in Europa e EUDemocrats. Nel 2009 gli euroscettici si riorganizzano nel Gruppo Europa della Libertà e della Democrazia.
Euroscettici
Gruppo Europa delle Nazioni (Gruppo di coordinamento) 19/07/1994 10/11/1996
Gruppo degli Indipendenti per un’Europa delle Nazioni 20/12/1996 20/07/1999
Gruppo per un’Europa delle Democrazie e delle Diversità 20/07/1999 20/07/2004
Gruppo Indipendenza/Democrazia 20/07/2004 11/06/2009
Gruppo Europa della Libertà e della Democrazia 01/07/2009 24/06/2014
Gruppo Europa della Libertà e della Democrazia Diretta 24/06/2014 (1°), 20/10/2014 (2°) 16/10/2014 (1°), – (2°)
https://it.wikipedia.org/wiki/Gruppi_politici_al_Parlamento_europeo
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[…] 2- https://bondenocom.wordpress.com/2019/05/06/per-cosa-si-vota-il-26-maggio/ […]
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