Morte del sindacato

Il tentativo dei 32 economisti di distanziarsi da Matteo Salvini, che li ha presi ad esempio di una scienza economica onesta e non asservita agli interessi dell’egemonia mercantilista tedesca, appare, alla luce del dato storico, un inutile ed artificioso tentativo retorico. Forse con Salvini, i nostri, non si intenderanno mai – benché un loro collega, anch’egli di sinistra, lo ha fatto fino a farsi eleggere deputato per la Lega, ci riferiamo ad Alberto Bagnai –, e siamo anche noi concordi sul fatto che ci sono molte cose criticabili nel leader leghista e che molti sono i suoi limiti culturali, financo politici. Ma certamente i 32 non possono non fare i conti con il concetto di sovranità nazionale che, pur con tutti i loro limiti (la tanto invocata sovranità deve essere giocata anche contro la Nato, come a noi piacerebbe, oppure no?), i sovranisti hanno innalzato a categoria del Politico. D’altro canto la sovranità nazionale è elemento imprescindibile della sovranità democratica. Essa nasce nel 1789 come bandiera della sinistra, ossia del “terzo stato”, contro la legittimità monarchica. La sinistra fucsia, come la definisce Diego Fusaro, prona ai poteri finanziari mondialisti, triste retaggio dell’utopia internazionalista, sembra averlo completamente dimenticato. Insieme alla sovranità nazionale la sinistra ha conseguentemente dimenticato le ragioni delle classi popolari che, invece, dovunque oggi, in Europa e nel mondo, chiedono, sempre di più, tutele contro l’aggressività della speculazione finanziaria, emancipata dalla globalizzazione la quale l’ha lasciata libera di scatenarsi allo stato puro come un Satana “liberato dalle catene”.

La realtà è che non si può rinunciare alla sovranità nazionale se non la si sostituisce con un contesto confederale di nazioni politicamente poste tutte su un piano di parità, libere ed eguali, anche se differenti in quanto a forza economica. Il che è facile a dirsi ma molto più difficile a farsi, data la tendenza, innata nelle disfunzioni ontologiche del cuore umano, alla prevaricazione del più forte sul più debole. L’attuale assetto dell’Unione Europea è appunto carente di qualsiasi quadro confederale, ovvero politico, ed il vuoto è stato riempito dagli Stati più forti ossia Francia e Germania.

Queste riflessioni di attualità politica ci inducono, per meglio comprendere e spiegare, a ripercorrere la storia dello Stato sociale quale trasformazione necessaria dello Stato nazionale sorto al tempo delle monarchie assolute post-medioevali che, più tardi, la Rivoluzione Francese cambiò in repubbliche.

Un primo dato storico necessario per capire la trasformazione dello Stato nazionale in Stato sociale è la funzione che svolse in tale processo il Sindacato. Non a caso oggi insieme allo Stato nazionale va morendo, o comunque molto indebolendosi, anche il sindacato. Stato e sindacato storicamente sono fenomeni coevi, giacché il sindacato nacque come risposta alla Legge Le Chapelier, con la quale nel 1791 la rivoluzione liberale e giacobina (il giacobinismo era soltanto la radicalizzazione delle istanze contrattualiste ed individualiste del liberalismo) dichiarò fuori legge tutte le “coalizioni” intese a raggruppare i cittadini in difesa di comuni interessi. In altri termini erano così abolite le antiche corporazioni di arti e mestieri, in parallelo con l’abolizione di tutti gli ordini religiosi. Nasceva in tal modo lo Stato accentrato, espressione della Volontà Generale intesa come somma sinallagmatica delle volontà degli individui uniti dal contratto sociale. Era l’illusione rousseviana che fosse possibile la coincidenza diretta e senza mediazioni tra Stato ed individuo. Una illusione tante volte poi tornata nelle filosofie successive. A tal proposito basta soltanto pensare all’attualismo gentiliano che presupponeva l’interiorizzazione da parte del singolo della volontà statale e viceversa l’assorbimento nello Stato della volontà del singolo. Anche nell’attualismo senza autentiche mediazioni sociali giacché nella visione idealista di Gentile corporazioni e sindacati, istituiti dal regime fascista quali organi pubblici, erano soltanto un momento di intermediazione autoritaria per fondere totalitariamente Stato ed individuo. La distruzione degli antichi corpi sociali svolse, naturalmente, un ruolo a tutto vantaggio della componente imprenditoriale del nascente capitalismo industriale che così poteva agire e stabilire le sue regole senza alcuna mediazione o concertazione con gli operai, i quali già nel XVIII secolo, in un contesto ancora corporativo nel senso premoderno della parola, andavano organizzandosi in quella sorta di proto-sindacati che erano i “compagnonaggi”. Certo anche gli imprenditori, i quali all’epoca erano piuttosto padroni in senso arcaico che imprenditori in senso moderno, non potevano fare “coalizioni” – benché poi facevano cartello per monopolizzare il mercato – ma è evidente che nei rapporti di forza all’interno della fabbrica ad avere la meglio era il proprietario, dato che anche gli scioperi erano vietati e duramente repressi in quanto tentativi di coalizione.

Il sindacalismo nacque per reclamare, contro lo Stato liberal-giacobino, astratto e centralizzatore, lo spazio che era stato tolto agli antichi corpi intermedi. Durante tutto l’ottocento il dibattito filosofico-politico ruotò intorno al problema della riforma organica dello Stato per il riconoscimento giuridico delle realtà sociali naturali che nuovamente, nonostante le illusioni illuministe, erano risorte in una forma adeguata alla modernità industriale. I frutti di questo dibattito maturarono nel novecento quando lo Stato trovò la via del corporativismo cioè di quel particolare sistema istituzionale che demanda le grandi scelte politiche alla contrattazione tra organizzazioni sociali, i corpi intermedi, in grado di rappresentare e articolare gli interessi di intere categorie sociali nel quadro di un più alto e complessivo bene comune. Era la via auspicata, all’epoca, da diverse scuole di pensiero – la cattolica, la mazziniana, la nazionalista, la socialista a-marxista, la sindacalista-rivoluzionaria –, molto differenti tra loro ma tutte convergenti a favore della riforma corporativa dello Stato moderno.

(La nostra stessa Costituzione postfascista del 1948 ha un evidente impianto corporativista chiaramente palesato negli articoli iniziali, quelli della prima parte fondamentale, ovvero gli articoli 2 e 3, comma 2 e, poi, in molti altri articoli della seconda parte come il 39, il 46, il 99 ed altri ancora.)

La globalizzazione, infatti, ha portato ad esiti sostanzialmente differenti rispetto a quelli che hanno caratterizzato il sistema corporativo del passato. Mentre le caratteristiche istituzionali delle relazioni industriali corporative sviluppate, tra alti e bassi, nel XX secolo, ossia la densità identitaria sindacale e la struttura della contrattazione collettiva nazionale e decentrata nel quadro però nazionale, hanno a suo tempo condotto a una maggiore eguaglianza sociale, ad un riavvicinamento anche eticamente giusto della forbice sociale, le trasformazioni dell’assetto corporativista indotte dalla globalizzazione, a partire in particolare dagli anni ’90 ovvero dalla fine del XX secolo, lo hanno reso meno redistributivo rispetto a quello precedente. Se il corporativismo come realizzatosi fino agli anni ’70 ha consentito una crescita della quota dei salari proporzionale al reddito nazionale, quindi con effetti redistributivi verso il lavoro, la sua trasformazione postmoderna, al contrario, tiene ferma la dinamica salariale sicché l’aumento dei salari segue un ritmo sempre minore rispetto all’aumento della produttività, producendosi, di conseguenza, sia a livello nazionale che mondiale, un fenomeno di accumulazione della ricchezza verso l’alto. A causa della globalizzazione, che ha accentuato in modo incontenibile la concorrenza transnazionale, le nuove relazioni industriali, rispetto al corporativismo precedente, non sono più attente alla redistribuzione dell’utile del prodotto sociale ma guardano principalmente alla competitività economica. Non si ha più per finalità la negoziazione redistributiva, che imponga al capitalismo l’equità sociale, ma, al contrario, si favoriscono (contro)riforme di matrice neoliberista anche in Nazioni che, rispetto a quelle anglosassoni, hanno una storia corporativisticamente più forte come quelle dell’Europa continentale.

DALLO STATO NAZIONALE DEL LAVORO ALLA GLOBALIZZAZIONE DEL CAPITALE – di Luigi Copertino

 

Europa divisa

Poi, a distanza di qualche mese arriva il “European Green Deal” di Ursula von der Leyen, che fa riferimento fin da subito al fenomeno dei Fridays for Future. Con 100 miliardi di euro da destinare alle regioni e ai settori più vulnerabili per favorire la riconversione energetica di tutta l’industria europea. Ma anche l’accordo verde europeo stabilisce una serie di politiche troppo ambiziose per essere credibili: una legge europea sul clima per sancire l’obiettivo della “neutralità climatica” entro il 2050; un aumento dal 40% al 50/55% di riduzione delle emissioni del 2030; un Fondo di transizione per sostenere le regioni più colpite dalle nuove politiche climatiche; una tassa sul carbonio, e una revisione della direttiva sulla tassazione dell’energia. Alcune di queste politiche si manifesteranno nei primi 100 giorni, mentre altre dovranno impiegare anni, vista la progettazione così complessa. Le disposizioni del Green New Deal insomma sembrano approdare sulla luna, con l’orizzonte del 2050 per la completa decarbonizzazione. Ma non tutto procede secondo i piani di zia Ursula, visto che Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca e la Francia (sostanzialmente per la difesa del proprio nucleare) si sono rifiutate di appoggiare la proposta in occasione di una riunione del Consiglio europeo.

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/ursula-scopre-la-luna

L’età dei lumi

Forse è la rivolta sociale in Francia che porta Macron a meditare, anche sull’assenza reale di un’Europa che non è altro che un coacervo di ideologie commerciali guidate dalla Nato, ma non c’è il minimo dubbio che occorre ripensare completamente il futuro e rifiutare il presente se non si vuole trovarsi ai margini della carta geografica dove si accumulano le cacche delle mosche.

Gas illuminante

Un po’ di storia

Il MES equivale come evento non solo alla nascita della creazione della Banca di Inghilterra nel 1694 quando un fondo chiuso, società privata, poté emettere banconote da prestare e o cedere a una borsa chiusa e privilegiata dei mercanti avventurieri delle Compagnie delle Indie, avvalendosi della garanzia del governo inglese.

Ma tramite l’adesione a un trattato internazionale non europeo e collegato in modo truffaldino dall’ampliamento di un articolo dei Trattati FUE assomiglia tremendamente alla creazione della Banca d’Italia, privata, per consolidare il debito del Piemonte indebitato con i Rotschilds, grazie al furto dell’oro del sud Italia nello scambio banconote contro oro (crf. Forcheri, Dall’Unità di Italia all’Unione europea ).

E la creazione del MES è anche simile al meccanismo, mutatis mutandis, della creazione del franco CFA con l’obbligo di porre a riserva presso il Tesoro francese le valute estere dei paesi “aderenti” – le colonie africane – con la santificazione del principio di cui sopra, prima paghi e poi forse riprendi in prestito i tuoi soldi, o tutt’al più trasformi i CFA in debiti esosi e riforme mortifere del FMI i cui danni provocati agli Stati “assistiti” sono oramai arcinoti anche a pietre e a bambini. (Forcheri, Tutte le eccezioni della FranciaI segreti dei conti francesi,  Convegno sul franco CFA ).

E come non vedere un parallelismo di metodo tra la possibilità del MES di richiedere entro sette giorni agli azionisti i fondi per l’aumento di capitali, deciso in totale impunità, o l’imposta ristrutturazione del debito, con la “clausola di rastrellamento” che la Francia può imporre agli stessi paesi della Françafrique, in virtù della quale le BC devono raccogliere presso tutti gli enti pubblici e PRIVATI delle colonie, gli ori e la valuta estera perché il Trésor francese possa continuare a godere della disponibilità di tali riserve  in cambio delle banconote da essa stampate per le 3 banche centrali africane?

E a me fa anche pensare agli ordini di rientro repentini dai fidi che le banche in Italia hanno inoltrato nelgi ultimi anni ad aziende in difficoltà di liquidità mandandole al fallimento.

E come non pensare all’enorme bail in che ci potrebbe essere richiesto a tutto il paese, sempre sulla base di decisioni segrete – ricordo che la decisione della BCE per definire in difficoltà le 4 banche Etruria ecc, così come la decisione di commissariamento della Carige del 2 gennaio scorso non sono state diffuse nel pubblico (vedi Forcheri, Italia come Grecia, la BCE può tenere segrete decisioni fondamentali per paesi interi ) – per assicurare che flussi di cassa, obbligazioni e pegni vadano a garantire l’arricchimento degli azionisti nascosti delle banche di Stati altrui, che fanno parte del mercato chiuso di cui sopra ?

Per questo la riforma del MES non solo va rifiutata in blocco ma è il MES in toto che va rescisso come Trattato, con una  campagna politica e di informazione che va fatta con determinazione fatta anche e soprattutto in Europa,  e qualcosa mi fa  pensare che una delle ragioni della Brexit risieda proprio in questa piega mortale assunta dall’UE, il MES e Aquisgrana, a meno che dietro al MES non ci sia proprio la manina invisibile degli Invisible della City di Londra.

Nforcheri 04/12/2019

MES: il golpe è servito. Forcheri

Disinformazione

Da decenni, la Sinistra ha abbandonato le lotte in difesa dei lavoratori, della loro sicurezza e dignità, dello stato sociale, per dedicarsi a sostenere i diritti degli omosessuali, dei gruppi LGBT, degli immigrati perdendo in tal modo seguito e consensi ed ha quindi bisogno di individuare sempre un nemico, prima Berlusconi oggi Salvini e la Meloni per costituire ogni volta un fronte comune da egemonizzare.

Le sardine sono naturalmente tutte antifasciste, il loro inno “Bella ciao”; gli idoli Karola Rackete, Greta Thunberg, e sono coccolati da tutti i mezzi di informazione. Questi ragazzi, completamente ignoranti di politica, sono fortemente condizionati dalla stampa, dai social ma soprattutto dagli insegnanti. L’egemonia della Sinistra nel corpo docente è fortissima ed i ragazzi assorbono come spugne certi messaggi pseudo buonisti subendo un indottrinamento senza neanche accorgersene, nel completo disinteresse dei genitori, spesso assento o distanti. Facendo leva su concetti come il razzismo, l’accoglienza, la tolleranza e criminalizzando nel contempo valori come Patria, Nazione, Comunità, si costituisce una solida base di “utili idioti” da utilizzare nelle piazze. Al tempo di Berlusconi si facevano i “girotondo”, oggi è il momento delle “sardine” e grazie alla straordinaria copertura mediatica di cui godono, proprio le sardine al momento rubano la scena.

Sorvolando sulla singolarità di promuovere manifestazioni filogovernative, eventi che raramente si verificano in paesi democratici essendo prerogative di regimi dittatoriali, l’aspetto più sconcertante di questo movimento riguarda il sostegno che le sardine concedono a questo governo, il più antinazionale e antipopolare di sempre. Un governo che ha sottoscritto il trattato del Mes, tenendo il Parlamento all’oscuro di tutto, che impegna l’Italia per 125 miliardi di euro, soldi dei risparmiatori italiani che saranno probabilmente utilizzati per il salvataggio delle banche tedesche drammaticamente esposte sul piano dei derivati in vista della Brexit. Un governo che nella legge di bilancio, con la scusa della lotta all’evasione fiscale, ha abbassato la soglia del contante favorendo in tal modo le banche e nella stessa legge autorizza l’Agenzia delle Entrate a pignorare i conti correnti anche per una multa o una bolletta non pagata. Senza contanti e con i conti pignorati nei prossimi mesi potremmo avere un’infinità di povera gente che non potrà letteralmente sopravvivere.

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/elogio-funebre-delle-sardine

Italia, ultimo atto

di Luciano Lago

Il panorama italiano in queste settimane offre di che riflettere. I 5 stelle hanno compiuto il lavoro per cui sono stati concepiti, ovvero sterilizzare il dissenso e la protesta, incanalandola su un binario morto. Adesso risulta che gli italiani hanno mangiato la foglia e gli hanno voltato le spalle.
Nonostante questo gli strateghi del sistema prevedono e anticipano i tempi: i padroni di Grillo, gli stessi di Renzi , Prodi, Conte e simili, stanno lavorando su di un nuovo progetto : le sardine.
Il loro ruolo sara’ al momento quello dei semplici mestatori , degli antifa edulcorati. Devono sbarrare la strada ai sovranisti o pseudo sovranisti come Salvini.
Successivamente saranno organizzati, con tutta probabilità, per catalizzare il voto degli scontenti dei 5 Stelle, come sempre per consolidare il potere del ceto cosmopolita dominante. Si lasciano giocare e innalzare slogan, come avviene nelle rivoluzioni colorate e nelle sceneggiate delle commedie all’italiana. Un copione già visto dal 1968 in poi.
L’obiettivo è sempre quello di garantire lo status quo, la conservazione del potere delle centrali finanziarie dominanti.
I popoli devono avere l’illusione di partecipare, di sentirsi protagonisti, né più né meno come si sentivano protagonisti i giovani dei 5 stelle , quelli che hanno mandato in Parlamento di Maio e Fico.
Adesso lo spettacolo di quelli che volevano cambiare la politica e ne sono stati divorati è davanti ai loro occhi. Tuttavia le lezioni della Storia, come noto, non si apprendono mai.

Jean C. Junker assieme a G. Soros –

Nel frattempo il disastro italiano emerge in tutta la sua gravità: Taranto con l’ILVA che è destinata a chiudere e con quella l’acciaio in Italia, come in passato aveva chiuso la chimica, la siderurgia e domani la plastica. Venezia che sprofonda nell’alta marea, mentre la mega diga del Mose viene lasciata da anni ad arrugginirsi in acqua salata.
Genova e la Liguria dove crollano i ponti e i viadotti ed il più importante porto italiano rischia di rimanere isolato. L’Alitalia, una volta orgoglio dell’aviazione italiana, oggi ridotta ad una società paria in dissesto che aspetta degli acquirenti dall’estero e non li trova.
Non poteva essere peggio ed è quello che volevano le centrali dominanti: deindustrializzare e gettare nel caos un pericoloso concorrente per la Germania e Francia, i paesi dominanti in Europa. Con i collaborazionisti della classe politica italiana il progetto sta andando a compimento.
La fase successiva sarà quella di appropriarsi del grande risparmio italiano, quello che fa gola alle grandi banche e potentati finanziari esteri. Il meccanismo si è messo in moto con il MES, basta aspettare e gli effetti di questo salasso si vedranno in seguito. Con l’euro e la sudditanza alla Commissione Europea sarà più facile la prossima rapina del risparmio italiano.
Chi può se ne scappa o cerca delle vie di fuga, altri rimangono ma sono nella rassegnazione , nell’apatia e nella passività. In altri paesi le folle dei giovani si muovono, fanno barricate e si scontrano con la polizia per reclamare il diritto ad un futuro, in Francia con i “Gilet gialli”, in Cile, in Colombia, in Honduras, in Argentina la gente inizia ad usare i social per radunarsi e contrastare il potere, in Italia le “sardine” si radunano attraverso i social per plaudire alla conservazione dello status quo.
Facile prevedere che apatia e rassegnazione porteranno ad un prossimo disastro annunciato.

https://www.controinformazione.info/in-arrivo-il-prossimo-disastro-annunciato-la-rapina-del-risparmio-italiano/

Modernismo

MIRANDOLA, CAVEZZO, FINALE – “Le ciclabili vanno bene ma solo se affiancate ad altre infrastrutture come le reti ferroviarie”. Giulia Gibertoni replica così all’assessore all’Ambiente Raffaele Donini che, interpellato dalla consigliera del Movimento 5 stelle sulla situazione infrastrutturale della Bassa Modenese, ha affermato che i tracciati ferroviari dismessi non corrispondendo più alle esigenze di velocità odierne non verranno ripristinati.

La pentastellata aveva infatti proposto, “già a partire dal nuovo Piano regionale dei trasporti, il ripristino delle linee ferroviarie dismesse: la Mirandola-Modena e la Cavezzo-Finale Emilia”. Un modo, secondo la Cinquestelle, per una “più equa valorizzazione dei territori, per la diffusione del diritto a una mobilità ecologia, per il rispetto delle esigenze di un’Area Nord già sufficientemente svantaggiata nella distribuzione dei servizi, per una maggior attrattività di un territorio già messo a dura prova dal terremoto e dall’isolamento trasportistico”.

Il Prit, ha affermato Donini, prevede “interventi per la Modena-Mantova, con il raddoppio della tratta Quattro Ville-Carpi, e la Bologna-Verona, con il potenziamento tecnologico. Il recupero e la riqualificazione delle ferrovie dismesse avviene per la modalità ciclabile o nell’ambito di valorizzazione di linee storiche. Le ex linee Modena-Mirandola e Cavezzo-Finale Emilia sono dismesse dal 1964. Non c’era ancora la Regione. La sede della ex Modena-Mirandola è stata recuperata come pista ciclabile tra Modena e Bastiglia e tra Villafranca e Mirandola. Il tratto Cavezzo-Finale Emilia è quasi interamente recuperato a percorso ciclabile”.

The post Il treno Mirandola-Modena e Cavezzo-Finale? Inutile chiederlo, la risposta della Regione è No appeared first on SulPanaro | News.

Sardine

Quello che è notevole e che fa immediatamente capire chi ci sia dietro “le sardine”, anche non si volesse risalire a Prodi e soci, è lo sperticato sostegno di tutti gli opinionisti e commentatori dei grandi media e delle TV che sono corsi a balzare sul carro delle sardine per esaltarne la “testimonianza democratica”, la “spontaneità” del movimento che sbarra la strada ai sovranisti ed al pericolo del fascismo, del razzismo e del nazionalismo più gretto.
Non sappiamo se le persone ingenue possano abboccare all’esca lanciata dai grandi media per fermare l’ondata del “finto sovranismo” di Salvini e soci, che già andrebbe criticato piuttosto per le sue ambiguità e per la poca chiarezza di programmi e assenza di una visione di fondo.

Il sovranismo è uno spauracchio, demonizzato dalla sinistra utilizzato come slogan dalla destra, quando in realtà è un concetto tutto inconsistente in un paese che la sovranità l’ha persa da un pezzo, vista la situazione di dipendenza dai circoli della UE di Bruxelles e di Francoforte, e considerata la subordinazione al padrone USA che mantiene indisturbato le sue 116 basi militari nella Penisola o può contare sull’assenso dei denominati sovranisti per ogni sua campagna bellica o di sanzioni verso i paesi dichiaratamente (quelli si) sovrani e come tali avversi alla dominazione del padrone USA: la Siria, l’Iran, la Russia e i loro alleati.
Le sardine, al contrario di quello che vorrebbero far sembrare, nuotano in branco nel brodo del conformismo e della corrente che omaggia i poteri dominanti e nulla vuole cambiare per fornire nutrimento al grande capitale finanziario che di sardine fresche è anche ghiotto.

https://www.controinformazione.info/le-sardine-un-boccone-prelibato-per-il-grande-capitale-finanziario/

Tribalismo

I membri del gruppo hanno un’istintiva inclinazione alla conformazione, accettando come plausibile qualsiasi informazione che avvalora l’identità del gruppo e ne giustifica la difesa. Come già insegnava il sociologo francese G. Le Bon oltre un secolo fa, nel suo celebre saggio Psicologia delle folle, perché un messaggio sia efficace e faccia presa sul grande pubblico occorre che sia semplice e diretto, senza troppi giri di parole. Niente di più indovinato che un tweet di 280 caratteri.

La veridicità del contenuto non è fondamentale, poiché:

“Le folle non hanno mai avuto sete di verità. Dinanzi alle evidenze che a loro dispiacciono, si voltano da un’altra parte, preferendo deificare l’errore, se questo le seduce. Chi sa illuderle, può facilmente diventare loro padrone, chi tenta di disilluderle è sempre loro vittima”.

Gustave Le Bon (1841-1931)

Nella folla, intesa da Le Bon dal punto di vista psicologico e non come mero aggregato di persone, il soggetto perde le proprie caratteristiche distintive e diviene come un essere nuovo, con un’anima diversa, collettiva. Rispondendo a tale dinamica ogni individuo, anche il più colto, reagisce per istinto all’interno di essa. La massa viene completamente governata dall’inconscio, che inibisce i meccanismi di controllo e di conseguenza lascia affiorare i comportamenti umani più primitivi.

L’assenza dell’aspetto cosciente priva le folle di capacità critica, spingendole ad accettare giudizi imposti e incontestati. Se, al suo interno, una singola persona può maturare nel proprio conscio un atteggiamento critico nei confronti dell’evento cui sta assistendo, baderà bene a tenerselo per sé e a reprimerlo, poiché la maggioranza dei presenti non si muove controcorrente come suggerirebbe la logica individuale.

Il singolo acquista, sostenuto dal numero, un sentimento di potenza invincibile e cede a istinti che, in solitudine, avrebbe necessariamente tenuto a freno: essendo la folla anonima, scompare anche il senso di responsabilità. Insomma, emerge la parte più istintiva e primordiale, vince la logica tribale.
L’identikit degli elettori

A seguito dei recenti risultati elettorali in Ungheria e Polonia è stata condotta una ricerca sugli elettori (Beyond populism – tribalism in Poland and Hungary, Political Capital, 2018): a smentita delle aspettative è stato riscontrato come coloro che avevano votato per i partiti populisti non condividevano necessariamente atteggiamenti populisti né nutrivano avversione per le cosiddette élite.

Alla base delle loro scelte non c’era l’adesione alla “retorica populista”, ma una forte attrazione per le narrazioni semplicistiche che dipingono la scena politica come una lotta tra due parti, una buona e una cattiva, e una predisposizione spontanea ad accordare fiducia a un leader percepito come forte.

L’elettorato presenta, dunque, le caratteristiche di una tribù che si coalizza intorno al suo capo, pronta a combattere contro quella avversaria.

Pertanto, i fiumi di parole spesi sulla disinformazione e sull’ignoranza dell’elettorato non servono a spiegare la polarizzazione e la radicalizzazione dell’attuale scena politica.

Non si tratta di populismo, ma di qualcosa di congenito e atavico, il tribalismo appunto, che nei media attuali trova l’humus ideale.
Fonte: Ilaria Bifarini

https://www.controinformazione.info/dal-populismo-al-tribalismo-la-nuova-frontiera-del-consenso-politico/