Questione di dignità

Si chiama, con un’esagerazione retorica, Decreto Dignità, anche se mette poco più di una pezza alle storture più evidenti e indegne del mercato del lavoro, ma il suo effetto immediato è quello di mostrare in trasparenza quale sia il fronte politico reale che si oppone al governo: Confindustria, Forza Italia e i sedicenti Democratici che questa volta hanno più che mai gettato la maschera rivelando le loro vere affinità e il loro consenso non informato al neo lberismo.

il Simplicissimus

cnr precari-2Per giudicare un atto di governo è più importante capire chi è contro che chi è favorevole. Il nuovo decreto del governo che mette un tetto di 24 mesi per i contratti a termine e che rende più difficile sia licenziare che delocalizzare, è immediatamente diventata la bestia nera di Confindustria, del Cavalier Alzheimer, in arte Berlusconi che biascica di comunismo non sapendo mai dire altro e persino immaginate voi, del Pd che protesta con le solite formule da imbecilli perché “irrigidisce il mercato”. Non è che l’incrociatore Aurora abbia aperto il fuoco su Capalbio o che i soviet abbiano occupato le fabbriche, si tratta semplicemente di un aggiustamento nella giungla dei contratti che per la prima volta dopo dopo trent’anni va a favore dei lavoratori.

Si chiama, con un’esagerazione retorica, Decreto Dignità, anche se mette poco più di una pezza alle storture più evidenti e indegne del mercato del…

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Un pensiero su “Questione di dignità

  1. Libertà è, per caso, firmare un contratto ogni due o tre mesi senza sapere se poi potrai firmarlo nuovamente? Libertà è cambiare sede di lavoro da una parte all’altra, vagare per tutta la città, e avere ad esempio tre contratti determinati contemporaneamente (di cui uno solo sulla parola), perché altrimenti come si fa? Libertà è lavorare assiduamente, vedere riconosciuto il tuo lavoro solo a parole, solo con finte-amichevoli pacche sulle spalle, senza un misero aumento, senza ferie pagate, senza pensione, senza assicurazione sanitaria, senza rimborsi, senza il pagamento di ore-extra (perché quello è “lavoro sociale per l’azienda”), senza niente di niente? Libertà è lavorare gratis con la speranza che quel lavoro (che poi rimane comunque ai piani alti) provochi una domanda di mercato esaustiva a ciò che fai? Libertà è lavorare solamente quando c’è una domanda istantanea che spunta da un’applicazione che ha un algoritmo come padrone? Libertà è lavorare il triplo delle ore per ottenere uno stipendio (meno-di) base, neanche lontanamente dignitoso? Libertà è vagare tra mille identità, mille lealtà (fasulle) a sedi di lavoro che ti vedono solamente come un numero, un “freelance” senza diritti, niente di più? Libertà significa essere costretti ad abbandonare il proprio Paese perché le aspettative che ti eri giustamente sudato poi nella realtà non esistono? Libertà significa competere fino all’estremo – come Hobbes ci ha insegnato – e poi vedere che il risultato più eclatante di questa guerra è prima di tutto l’ignoranza di chi si crede auto-referenzialmente più bravo di te? L’ignoranza di chi pensa di sapere tutto senza la collaborazione degli altri, senza il confronto, senza il dialogo? L’ignoranza dell’opinionista sfegatato che sa sempre tutto (mannaggia a lui ma quante ne sa)? La libertà non dovrebbe derivare dal fatto che io, per una volta, posso contare su qualcuno? dal fatto che dall’esterno – constatando seriamente quello che faccio – mi corrisponda una base, una qualche sicurezza, un paracadute che mi consenta di godermi il panorama a lunga distanza? Non si era più liberi prima, quando io dovevo dar conto a qualcuno, e da ciò scaturiva una responsabilità, il rispetto reciproco, la vera lealtà, la presenza di un capo autorevole, presente, disponibile, aperto o non aperto, ma con le idee chiare (e non un capo-algoritmo), dalla cui intesa derivava una voglia di agire che è differente dalla costrizione di re-agire alla giungla veloce e istantanea che mi circonda? La libertà non dovrebbe essere agire autonomamente invece di re-agire a ciò che mi succede per non rimanerne schiacciato?

    Quella che viviamo oggi, la “libertà-da”, liberi dai vincoli della tradizione, liberi da un contesto sociale costruito da prescrizioni ferree, liberi dai confini per spaziare in un mondo interconnesso e super-inquinato senza speranza, liberi dalle carriere per afferrare le mille possibilità che si stagliano su orizzonti vasti (e sconosciuti)… Siamo proprio sicuri che questo tipo di libertà abbia dato adito – per far nascere definitivamente – la famigerata e tanta ambita e solamente patinata (per i più) “libertà-di”?
    Io non credo proprio.

    Francesco Paolo Cazzorla ( Zu Fra )
    https://ilconformistaonline.wordpress.com/2018/07/20/che-liberta-ce-nella-tua-vita/

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