Nel bilancio 2019 un aumento del 6,2% del budget per pagare gli assegni agli euroburocrati in pensione, una cifra mai raggiunta prima. Eppure il trattamento è già da super-privilegiati: maturano il diritto alla pensione dopo soli 10 anni di servizio e ne godono a partire dai 66, in alternativa dai 58. La beffa: gli importi sono calcolati con il metodo retributivo che l’Italia ha archiviato proprio su impulso della Ue a partire dal 1995.
“Lavorate di più”, “non toccate la Fornero”. Aumentate (ancora) l’età della pensione. La Commissione Europea continua a predicare l’austerità per l’Italia in fatto di politiche previdenziali ma senza troppa pubblicità fa per se stessa l’esatto contrario. Concede un generoso aumento di spesa per le pensioni dei propri “burocrati” che dal 2019 costeranno il 6,2% in più a tutti i cittadini europei, italiani compresi. Non si tratta di noccioline ma di 117 milioni di euro in più che per la prima volta portano il capitolo di bilancio “pensioni interne” a sfondare quota 2.009,507. Altro cheausterity.
A rendere la notizia indigesta – oltre ai diktat martellanti e qualche insulto di troppo – è il fatto che fu proprio l’Europa ad esigere che archiviassimo il sistema di calcolo retributivo considerato troppo dispendioso in favore di quello contributivo. Salvo mantenerlo inalterato per i propri burocrati.
I funzionari Ue maturano il diritto alla pensione dopo 10 anni di servizio e ne godono a partire dal compimento dei 66, in alternativa dai 58, con una penalizzazione sull’assegno pari 3,5% per ogni anno di anticipo. In Italia, dal 2019 l’età per la pensione di vecchiaia salirà a 67 anni con uno scatto di cinque mesi per l’adeguamento della speranza di vita. Gli importi poi sono calcolati con il metodo retributivo che l’Italia ha archiviato proprio su impulso della Ue a partire dal 1995 e definitivamente proprio con la Fornero, perché ritenuto troppo oneroso per le casse pubbliche. Ma attenzione: da noi era calcolato sull’80% delle retribuzioni degli ultimi 5-10 anni, per il fortunato funzionario Ue sul 70% dell’ultimo stipendio base percepito, dunque con l’ultimo grado nel quale è stato inquadrato.
Non parliamo di noccioline ma di stipendi così consistenti da pesare, letteralmente, nel dibattito sulla Brexit. Nel pieno della discussione, destò un certo effetto la notizia che un quinto dei funzionari Ue percepisse più di 142mila euro l’anno, ben più del premier britannico. A rintuzzare le pensioni d’oro poi, diversamente da quanto avviene in Italia e negli altri paesi dove l’indicizzazioneè al palo, ci pensa un sofisticato sistema di rivalutazione che assicura loro di mantenere inalterato il potere d’acquisto. Non sia mai che l’ex funzionario ai giardinetti debba vedersela con l’inflazione.
Volendo essere diretti e brutali, gli almeno 4.000 miliardi di risparmi privati degli italiani, più del doppio del debito pubblico, il manifatturiero nazionale e le proprietà immobiliari fanno gola e, per questo motivo, le “regole europee” non potranno cambiare fino ad esproprio avvenuto. Durante la crisi politico-istituzionale italiana dei giorni scorsi, un deputato crucco della csu nel parlamento europeo, tale Marcus Ferber vicino alla euronazikanzlerin Merkel, ha chiarito molto bene la questione dichiarando pubblicamente, da stupido troppo loquace, che la troika dovrebbe invadere Roma, impossessandosi del ministero del tesoro/economia. Se questo è lo spirito che aleggia “in Europa”, nulla sarà concesso, nell’eurolager, a 5S e Lega, se non contentini poco rilevanti, come fu la flessibilità sul deficit “strappata” da Renzi al mostro europide, che si rivelò una briciola di pane concessa a un affamato.
Eugenio Orso
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Le loro e le nostre
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