Dalle piazze ai palazzi

Come vi siete accorti anche voi (lo si capisce dagli articoli più letti in questi giorni) non solo le decisioni, ma anche le discussioni politiche hanno preso altre strade: sicuramente quelle dei social, ma, più spesso nessuna.

Il guaio è che, con le discussioni, si è spostato anche il lavoro per quel fenomeno che gli economisti hanno prontamente definito (e, a volte, anche auspicato) “Globalizzazione”.

La globalizzazione (che non è un incidente di natura, ma il frutto di accordi internazionali sottoscritti dai governi, a partire dai Trattati UE e dal CETA) ci ha consegnato la desertificazione industriale del Paese e la terziarizzazione del lavoro. In sostanza, al posto di ingegneri, tecnici, ricercatori, operai specializzati, chimici, abbiamo tutto puntato su magazzinieri, camerieri, operatori di call center. Lavori che non richiedono particolari competenze e, dunque, rendono i lavoratori facilmente sostituibili, con altri lavoratori più “moderati” o, addirittura, robot. La sinistra – con un tradimento ideologico e culturale che la sta facendo sparire da tutta Europa – ha dimenticato i lavoratori, sostituendolo con i “consumatori”. I consumatori sono tanto più soddisfatti quanto meno pagano beni e servizi. Il problema è che questo risultato si ottiene solo abbassando più che proporzionalmente i salari, e ciascun consumatore è anche e anzi prima un lavoratore. (1)

Per questo siamo stati chiamati a votare per un referendum che cambiasse la costituzione  e per questo veniamo oggi chiamati a votare.

Teniamolo presente e consideriamola un’occasione per parlare con i candidati che, in questo mese, si presentano nelle piazze.


  1. https://terzapaginainfo.wordpress.com/2018/01/31/vocabolario-della-neolingua-g-come-globalizzazione/#comment-2180

3 pensieri su “Dalle piazze ai palazzi

  1. Ma se i regimi peccano del vizio della pretesa di innocenza, nei popoli sempre più ridotti a massa, a gente, si diffonde la pretesa di estraneità, quella che permette di chiamarsi fuori, di rigenerare il mito illusorio di una società civile proba e incolpevole rispetto a un ceto dirigente reo di ogni nequizia e affetto da ogni vizio. Quel silenzio raccomandabile diventa un invito a astenersi, una sollecitazione alla delega e una assunzione di irresponsabilità, che trasforma in inevitabile effetto secondario di scelte decise in alto il razzismo, il fascismo, l’egoismo, la sopraffazione. Ma anche la sopportazione senza ribellione dell’esproprio di diritti e conquiste, l’assoldamento in eserciti di sfruttati e schiavi in cambio di una imitazione dei benessere, la limitazione di libertà la cui rinuncia dovrebbe garantire ordine e sicurezza, la riduzione di democrazia, che deve assicurare la loro “governabilità”.

    Non sarà il pianto per le vittime a renderci incolpevoli di aver accettato di esserlo anche noi.
    https://ilsimplicissimus2.com/2016/07/16/colombe-e-sciacalli/

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  2. Con il Decreto legge 333 dell’11/07/1992 sulle “Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica”, Amato, capo di governo da dodici giorni, trasforma l’IRI, l’ENI, l’INA e l’ENEL in società per azioni. Il decreto trascina nella privatizzazione le ‘Banche di interesse nazionale’ e dunque anche la Banca d’Italia. A quell’epoca, una menzognera campagna di stampa presentava l’IRI, lo scrigno che conteneva i tesori italiani, come un carrozzone che dava solo perdite e che dunque ai proprietari, cioè allo Stato e al popolo, conveniva disfarsene. Fino allora, invece, gli utili enormi delle imprese IRI avevano consentito allo Stato, assieme a tasse e altre entrate, di finanziare anche sanità, istruzione, cultura, previdenza: in breve, la spesa pubblica e sociale che dava benefici enormi al paese e che oggi le grancasse risonanti il pensiero unico liberista associano allo “spreco”. L’IRI venne smembrato e svenduto, piazzando i vari pezzi a qualunque costo e, in alcuni casi, praticamente regalato.

    Il 30 giugno del 1993 Ciampi, capo del governo, nomina Draghi, membro del Comitato esecutivo di Goldman Sachs, a presiedere un Comitato di consulenza per le privatizzazioni. Nel ‘97 Prodi privatizza la telefonia, strumento di controllo sociale nelle mani di interessi privati. Nel ‘99 D’Alema consegna i trasporti e l’energia petrolifera ed elettrica alla ge­stione di società per azioni. In definitiva, tra il ‘92 e il ‘99, i governi iperliberisti sottraggono le risorse strategiche dalle finalità pubbliche e le ricollocano in un quadro di gestione aziendalistica, i cui ricavi sono da massimizzare e i cui destinatari sono i clienti paganti, non i cittadini con il diritto al servizio (2).
    Roberto Nardella in http://www.appelloalpopolo.it/?p=12977

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    • La razzia di quel che resta dell’azienda Italia ha come protagonista il più grande fondo privato del mondo, Bridgewater, che avrebbe già investito 3 miliardi in titoli italiani, scommettendo sul vento ribassista che presto tornerà a soffiare su Piazza Affari. Si tratta, come sempre, di operazioni allo scoperto, scommesse sulle difficoltà post elettorali previste – o forse organizzate – dalle loro altezze i mercati internazionali. Nel mirino della nave pirata di Ray Dalio Unicredit, Intesa San Paolo, Eni, Enel, Unipol, Terna, Generali, Leonardo, i gioielli di famiglia scampati ai lanzichenecchi in 25 anni di razzie.
      https://www.maurizioblondet.it/la-statistica-piegata-alla-ragione-governativa/

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