E’ sempre più evidente che le oligarchie anglosassoni la cui ricchezza deriva dalle rendite di posizione sono ormai disposte a giocarsi il tutto per tutto,
Poco più di un secolo e mezzo fa Marx definì l’ Economist come “l’organo europeo dell’aristocrazia finanziaria” e questa funzione non solo non è venuta meno, ma anzi è divenuta ancora più centrale ed evidente nella contemporaneità oligarchica: dunque non è soltanto una curiosità se il settimanale ha dedicato il suo ultimo numero alla “prossima guerra e alla crescente minaccia di conflitto tra le grandi potenze”. La tesi che viene illustrata è tutta all’interno di quell’ anglostupidigia formata da un insieme agitato, ma non mescolato di ipocrisia, ottusità ideologica e imperialismo inossidabile: “Negli ultimi 25 anni, la guerra è costata troppe vite. Eppure, mentre infuriavano le lotte civili e religiose in Siria, Africa centrale, Afghanistan e Iraq, uno scontro devastante tra le grandi potenze mondiali è rimasto pressoché inimmaginabile. Ma questo è venuto meno … si sono prodotti cambiamenti forti e di lungo periodo nella geopolitica, mentre la proliferazione di nuove tecnologie…
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Nemmeno ci si domanda se questa pretesa di imperialismo psicopatico abbia una qualche legittimità o un qualche senso etico: essa è invece è il piano di riferimento, la cornice inamovibile che regge l’argomentazione.
Ibidem
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