La risposta del ministero giunge dopo un lungo percorso condotto dalla Regione e uno studio svolto dalla Commissione regionale tecnico consultiva sulla rete ‘Percorso nascita’ dell’Emilia-Romagna, che conta 26 punti nascita attivi sul territorio.
Lo scorso luglio, la stessa Commissione aveva presentato in una relazione i risultati di quell’analisi, concentrata in particolare sull’attività dei centri periferici ‘Spoke’, rispetto ai grandi ospedali delle città. L’indicazione della Commissione tecnica era di chiedere al ministero la deroga per i due punti nascita del cratere sismico di Cento e Mirandola, dove il volume di attività, negli anni precedenti al terremoto, era superiore ai 500 parti l’anno e dove non è ancora possibile valutarne stabilmente il trend perché le strutture non hanno ancora riacquistato la piena funzionalità. Stessa richiesta di deroga era stata proposta anche per l’ospedale di Scandiano – dove soltanto nell’ultimo anno e per la prima volta il numero di parti è stato di poco inferiore a 500 (490) – per il quale la Commissione prevedeva un periodo di “osservazione” in attesa di valutare l’evolversi dell’attività.
La stessa Commissione aveva invece evidenziato la necessità di sospendere il servizio nelle altre tre strutture (Pavullo nel Frignano, Borgo Val di Taro e Castelnovo ne’ Monti), perché non vi sono le condizioni di sicurezza sufficienti, visto il numero di parti largamente inferiore ai 500 l’anno.
La Giunta regionale, per evitare la sospensione delle attività di assistenza al parto in luoghi di particolare importanza per il territorio, aveva però deciso di chiedere la deroga al ministero della Salute, tramite la Commissione nascita nazionale, per tutti e sei i punti nascita, impegnandosi, qualora fosse stata concessa, a dotare le strutture del personale necessario a garantire gli standard di sicurezza richiesti.
Ieri, a conclusione della lunga vicenda, è giunta la risposta del ministero:
La risposta è arrivata da Roma nel pomeriggio di mercoledì 4 ottobre e configura un destino diverso per i 6 punti nascita dell’Emilia-Romagna dove si registrano meno di 500 parti l’anno. Il ministero della Salute concede la deroga, chiesta lo scorso luglio dalla Regione per evitare la sospensione dell’attività di assistenza al parto, solo per gli ospedali di Scandiano, nel reggiano, e per i due del cratere sismico: Mirandola, appunto, e Cento nel ferrarese.
La richiesta di deroga, invece, non viene concessa per le strutture di Castelnovo ne’ Monti, nel reggiano, Pavullo nel Frignano in provincia di Modena e Borgo Val di Taro, nel parmense. Di conseguenza, l’attività in questi ultimi punti nascita dovrà essere sospesa. Per il ministero, infatti, non ci sono le condizioni di sicurezza necessarie per tutelare mamme e neonati in una delle fasi più delicate della vita.
Domenica 29 ottobre un neonato è morto, un’ora dopo la nascita, all’Ospedale di Sassuolo. La tragedia che ha colpito la madre, una donna di 35 anni di Pavullo alla 37esima settimana della sua seconda gravidanza, ha riaperto la questione del punto nascita suscitando preoccupazione anche nella Bassa, dove quello di Mirandola è stato salvato, per ora, solo poco tempo fa.
Nelle scorse settimane, infatti, una deroga del ministero della Salute ha concesso una proroga ai punti nascita di Mirandola e di Cento, chiudendo invece quelli di Castelnovo ne’ Monti, nel reggiano, Pavullo nel Frignano in provincia di Modena e Borgo Val di Taro, nel parmense.
L’episodio ha riacceso il dibattito politico tanto che il consigliere regionale della Lega Nord Stefano Bargi ha presentato nella mattina di lunedì 30 ottobre un’interrogazione all’assessore alla Sanità Venturi perché faccia un passo indietro sui punti nascita.
“Purtroppo – sottolinea il consigliere – abbiamo avuto subito la dimostrazione di quanto strutture che garantiscano i servizi di prossimità siano fondamentali: soprattutto in ambito sanitario e in zone, come quelle montane, già penalizzate dalla collocazione geografica e dalle conseguenti difficoltà logistiche”.
I punti nascita “sono stati chiusi – prosegue Bargi – assecondando presunti standard di sicurezza che solo un determinato numero di parti all’anno garantirebbe. Tuttavia, evidenzio due dati. Primo, l’ospedale di Pavullo ha fatto registrare negli anni una percentuale molto bassa, nettamente inferiore alla media nazionale, di tagli cesarei nel trattamento dei parti, questo sì un inequivocabile parametro di alta qualità dell’offerta sanitaria. Secondo, la tempestività, come noto, è un fattore chiave della medicina d’urgenza: i servizi di prossimità, come quello di Pavullo, sono a maggior ragione indispensabili. Ecco perché è opportuno un passo indietro sulla chiusura dei punti nascite. Gli investimenti necessari a tenerli aperti – chiude il consigliere della Lega Nord – possono essere finanziati con maggiori efficienze in altri settori. L’esempio più eclatante è quello delle fusioni: da tempo, evidenziamo quanto su Policlinico e Baggiovara il percorso in questo senso sia di fatto bloccato”.
Sul caso è intervenuta anche la consigliera del M5S Giulia Gibertoni nella tarda serata di domenica chiedendo un intervento immediato di Venturi in commissione Sanità “a riferire – scrive la consigliera su Facebook – sia sull’accaduto sia sulle parole discutibili del direttore generale dell’ASL che in circostanze come queste avrebbe ben potuto valutare il silenzio e la necessità di approfondire subito con una inchiesta la dinamica esatta di quella che pare una patologia tempo-dipendente, in cui i minuti possono fare la differenza. Poi chiederò anche valutazioni indipendenti sull’impatto che la variazione del fattore tempo (la corsa da Pavullo a Sassuolo, oltre al tempo di entrata in sala operatoria) ha in casi come questo”.
Valentina Mazzacurati, coordinatrice provinciale dei giovani di Forza Italia, ha chiesto che il punto nascita di Pavullo sia immediatamente riaperto.
http://www.sulpanaro.net/2017/10/neonato-morto-sassuolo-scoppia-la-polemica/
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