Così l’unica conclamata abolizione, l’unico sacrificio alla divinità della guerra alla burocrazia sembra essere quella delle province. Il fatto è che a essere aboliti siamo stati noi: in una serie di consultazioni passate sotto totale silenzio come atti impuri e vergognosi, a votare per il rinnovo di 45 Province non sono stati infatti i cittadini ma alcune migliaia di sindaci e consiglieri comunali, così aggiungendo le sedi in cui si è votato da un anno e le 10 Città Metropolitane che non sono Province solo perché hanno cambiato il nome, 107 erano e 107 sono, in compenso sono diminuiti i fondi, mentre restano competenze che le anime morte, gli zombi non possono affrontare, dalla viabilità alla sanità all’ambiente.
La Cgil ha opportunamente pubblicato dei dati: le risorse (nelle Finanziarie del 2015 e del 2016 hanno subìto un taglio pari a due miliardi) per la manutenzione ordinaria delle strade sono scese del 68% e i fondi per la manutenzione straordinaria dell’84%. La polizia provinciale, incaricata di vigilare sull’ambiente, è passata in otto anni da circa 2700 effettivi a 700. I fondi per quel 13% di scuole a carico delle Regioni sono scesi del 20% anche se gli istituti sono aumentati di un quinto. Ma a farla davvero da padroni sono oltre 350 organismi intermedi tra Ato (ossia Ambito territoriale ottimale) rifiuti, Ato idrici, autorità di bacino e consorzi di bonifica che arrivano a 496 considerando quelli creati dalle regioni autonome, per non parlare dei circa 3 mila enti tra consorzi e partecipate e delle 30 mila stazioni appaltanti, con costi di milioni di euro tra spese di funzionamento e stipendi per revisori contabili e dipendenti.
L’Italia Provinciale era diventata un problema, meglio era farla diventare l’Italia Europea, magari replicando su scala locale quella macchina mostruosa azionata per ridurre la democrazia incrementando la burocrazia, moltiplicando i livelli decisionali formali per estromettere i cittadini dalle scelte, avvelenando e facendo evaporare l’acqua pulita per affondarci nel fango tossico, togliendo l’ossigeno della libertà e dell’autodeterminazione.
estratto da https://ilsimplicissimus2.com/2017/07/30/ladri-dacqua/
Strade colabrodo, limiti di velocità per motivi di sicurezza, divieti di transito. È questa la fotografia delle strade gestite dalla Provincia di Modena con la Bassa maglia nera di questa triste classifica. Nel dettaglio, sono oltre 100 i tratti di strade provinciali modenesi dove l’ente guidato da Giancarlo Muzzarelli ha introdotto limitazioni al traffico a causa del degrado del fondo che si traducono in quasi 200 chilometri con limiti di velocità per motivi di sicurezza, oltre cinque chilometri di strade chiuse al transito per frana e 24 chilometri con divieto di transito a mezzi a due ruote.
A denunciare la situazione è stato lo stesso Muzzarelli lo scorso 31 luglio nel corso di un incontro in Provincia con le associazioni di categoria del tavolo dell’economia, sindaci, parlamentari e consiglieri regionali. Muzzarelli ha puntato il dito contro i tagli alle province: “La situazione delle Province è ormai diventata un caso nazionale che deve esser affrontata dal Parlamento per adeguare il quadro istituzionale al risultato del referendum, senza ritornare alle vecchie Province, ma consentendoci di funzionare. In questi ultimi anni abbiamo assistito a un rinnovato centralismo fiscale e burocratico che penalizza i territori. E bene ha fatto il presidente Bonaccini a riaprire con il Governo il confronto sul tema dell’autonomia nei rapporti con lo Stato, un’azione che sosteniamo come territorio”.
Per questo nelle scorse settimane, aderente a una campagna di denuncia promossa dall’Unione delle Province d’Italia, Muzzarelli ha presentato un esposto cautelativo alla Procura della Repubblica e Prefettura di Modena e alla Corte dei conti di Bologna sulla situazione finanziaria dell’ente, dove – si legge in una nota – “Muzzarelli ha giudicato i prelievi una violazione della Costituzione, nonché del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, riprendendo una recente relazione della Corte dei Conti che ha giudicato i tagli alle Province «illegittimi e irragionevoli, tali da rendere impossibile lo svolgimento delle funzioni istituzionali»”.
“I prelievi dello Stato – ha evidenziato il presidente – anche quest’anno arriveranno a 37 milioni su circa 61 milioni di entrate dell’ente; dal 2103 abbiamo versato allo Stato oltre 125 milioni di euro provenienti dalle imposte pagate dai cittadini modenesi, in particolare automobilisti, visto che si tratta di quote di Rcauto e di Ipt, che avrebbero tutto il diritto di usufruire di una viabilità adeguata”.
Attualmente nel modenese è chiusa al transito, per dissesto idrogeologico, la provinciale 36 tra Serramazzoni e Pavullo, mentre sono chiuse alle due ruote per degrado del fondo la sp 9 a Mirandola, la sp 413 tra Carpi e Novi, la sp 26 a Pavullo e la sp 7 diramazione Ponte dei Rossi.
Per il ripristino una tantum dei tratti degradati servirebbero quasi 60 milioni, per mantenere in efficienza la rete servono oltre nove milioni all’anno, prevedendo anche oltre un milione e mezzo all’anno per interventi di manutenzione straordinaria e circa un altro milione e mezzo in media per l’attività di sgombero neve e l’acquisto del sale.
Per manutenzioni, sfalci, tappeti, risagomature e trattamenti superficiali il budget a disposizione della Provincia è sceso dagli oltre sei milioni all’anno del 2004 al milione e mezzo del 2016. Per il 2017 le risorse a disposizione sono leggermente aumentate solo grazie alla vendita di immobili di proprietà, ma comunque insufficienti.
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