LA TRUFFA DELL’AUTOIMPRENDITORIALITÀ – ESPERIENZA PESCARESE
L’Unione Europea promuove l’autoimprenditorialità, incentivando i giovani a “inventarsi un lavoro” con misure di finanziamento mirate.
Così accade che, nella foga di inventarsi imprenditori e motivati dall’impossibilità di trovare un impiego in altro modo, numerosi giovani senza esperienza lavorativa pregressa si lancino nell’inflazionatissimo mondo della “somministrazione di alimenti e bevande”, ché con la crisi che c’è è l’unico in cui si vedono girare un po’ di soldi.
Nella mia città, Pescara, questa corsa all’apertura di pub/birrerie-vinerie/lounge bar/ristoranti/paninoteche ha generato conflitti (nelle zone in cui questo fenomeno è stato ipertrofico l’eccessiva concentrazione di persone bisognose di divertimento e negli orari più lontani dalla luce del sole ha causato un crollo della qualità della vita dei residenti) e ha prodotto il risultato di portare la concorrenzialità delle attività a livelli inimmaginabili fino a qualche anno fa, prima della liberalizzazione delle licenze commerciali.
Essendo uno studioso appassionato delle materie economiche sono tenuto a dover nutrire una certa fiducia nelle forze del mercato e nel meccanismo virtuoso della concorrenza e in effetti è riscontrabile anche questo effetto “salto in alto”, in cui l’asticella della qualità dei prodotti e dei servizi si è decisamente spostata in favore del miglioramento dell’offerta.
Ma dato che l’economia mi piace davvero, non posso non tenere in considerazione le lezioni di Keynes, che un secolo fa ci spiegava perché non è tutt’oro quel che luccica e che, nella lotta ingaggiata tra le giraffe, non possiamo non tener conto del danno sociale dell’esclusione di quelle dal collo corto e delle foglie che rimarranno sul terreno, calpestate dalle giraffe che si azzufferanno nel tentativo di vincere la lotta per la sopravvivenza.
Così analizzando i numeri sull’autoimprenditorialità non possiamo non citare quelli degli osservatori sulle startup, che ci dicono che 7 attività su 10 chiudono i battenti entro i 5 anni dall’apertura e che una quota cospicua dei finanziamenti per l’avvio delle attività è coperta dai risparmi della famiglia d’origine, magari dal TFR di un padre operaio di una famiglia monoreddito che è riuscita a mandare i figli all’università e che poi sono costretti a ingaggiare una lotta per la sopravvivenza spillando birre a Pescara vecchia o in zona mercato.
Lo spirito imprenditoriale è innato, non siamo e non saremo tutti imprenditori, e le competenze necessarie ad avviare un’attività si acquisiscono con la formazione e l’esperienza e non ci si improvvisa ristoratori dal nulla. In questa lotta non possiamo non tener conto del valore distrutto. Il 70% dicono i dati. Vuol dire che spendi 100 per generare 30+il margine x che presumo non arrivi a coprire la spesa, visti i tempi.
Senza lo Stato che riprenda a svolgere la sua funzione economica, in particolar modo nei periodi in cui sono necessarie misure anticicliche per ripartire, non andiamo da nessuna parte. Altro che autoimprenditorialità…
Gianluca Baldini
Così, ha avuto buon gioco la CGIL, sindacato comunista nel midollo, oggettivamente ostile all’impresa, a richiederne l’abrogazione. Erano diventati un omnibus che legittimava precariato, nuovo sfruttamento, caporalati vari, occultava rapporti di lavoro ben diversi da quelli retribuiti con i buoni. Tanta acqua sporca, insieme con la quale è stato gettato il bambino, nella peggiore tradizione italiana. Sì’, perché il fragile governo Gentiloni, già afflitto dalle primarie del PD e dalla scissione dei nostalgici di Bandiera Rossa, non può permettersi conflitti con la principale organizzazione dei lavoratori, storica alleata e cinghia di trasmissione. Dunque, voucher aboliti con un tratto di penna. Risultato? Giubilo del Rosso Antico, ma, nel concreto, si ricaccia nel lavoro nero tutta una serie di settori – pensiamo all’agricoltura, alla ristorazione, alla cura della persona, anche a molti ambiti della “new economy” – che un uso controllato e regolato con chiarezza e severità avrebbe aiutato. Moltissimi perderanno quindi i contributi e quel poco di protezione sociale assicurata dai voucher, mentre le imprese torneranno al nero, con perdite assai rilevanti per l’INPS e per l’erario.
http://www.maurizioblondet.it/vusa-puse-la-vacca-le-sua-grida-piu-la-vacca-sua/
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Un’altra notizia dei danni causati dalle folli sanzioni europee alla Russia. Arriva da Concordia, dove un’azienda del settore illuminazione ha visto crollare il proprio fatturato per l’embargo sul mercato di Mosca e dintorni: tra le conseguenze, come spiegato in un comunicato stampa dei sindacati, lo sciopero dei dipendenti per mancati pagamenti. “E’ l’ennesimo caso in cui emergono l’assurdità di quelle sanzioni e i gravissimi danni causati all’economia emiliano-romagnola”. Stefano Bargi, consigliere della Lega Nord, dall’inizio del regime sanzionatorio che ha prodotto i contro-provvedimenti russi, si batte – spiega una nota – affinché la Regione prenda almeno posizione in merito a un tema di evidente impatto sui bilanci delle nostre aziende e di conseguenza sui posti di lavoro. “I dati – prosegue l’esponente del Carroccio – chiarivano sin dall’inizio come il nostro export fosse tra i più danneggiati in Italia per il blocco del mercato russo, secondo solo a quello della Lombardia. Tuttavia, nonostante molteplici sollecitazioni, la Regione ha preferito un pallido immobilismo, denotando tra l’altro l’assenza di volontà e indirizzo politico”.
Il caso di Concordia è solo l’ultimo di una lunga serie: produttori emiliano-romagnoli di diversi settori si sono visti negare l’accesso a un mercato immenso, che in alcuni casi faceva la differenza tra un conto economico in utile e uno in perdita. “Ma per la Regione pare che non sia mai successo nulla”, sentenzia amareggiato Bargi.
The post Crisi della Martini Light, Bargi (Ln): “Sanzioni alla Russia sono folli e danneggiano la nostra economia” appeared first on SulPanaro | News.
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