Malattia come salvezza

Perciò tireremo a campare con le piccole associazioni, le confraternite, le riunioni parrocchiali, le catene solidali, il clientelismo, il familismo amorale. Perché siamo adusi a reificare il potere in dimensioni sempre più piccole: regionali, campanilistiche, familiari, personali. La nostra verve individualistica, che viene liquidata con tanta facilità come un vizio, è solo un’esclusione dello Stato dagli affari privati, e oggi che lo Stato non è più sovrano, significa escludere anche qualsiasi altra forma di intrusione da parte delle istituzioni sovranazionali. Perciò questa arretratezza medievale, questo realismo pre-ideologico e pre-moderno, è un bacillo che ci vaccina da un’altra malattia, quella europeista, esterofila, cosmopolita. Il nostro campanilismo, che è poi una sorta di pluralismo – tradito invece dalla democrazia – resiste alla reductio ad unum del vortice centripeto europeo. L’Ue si illude di poter fare finalmente gli italiani in chiave europeista, quando hanno fallito nel tentativo vent’anni di fascismo e 50 anni di inglesismi e di colonizzazione culturale americana. L’Italia sarà fatta quando gli immigrati supereranno gli autoctoni. Forse a quel punto spariranno i dialetti, qualcuno parlerà l’idioma nazionale e si avrà più senso civico. Ma fino ad allora, per fortuna, siamo malati.

Lorenzo Vitelli estratto da “L’intellettuale dissidente”

riportato in http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=50747

5 pensieri su “Malattia come salvezza

  1. Questo spiega anche perché, con tutto quello che è successo in Italia (vedi ad esempio il libro di Marco Travaglio, dal titolo “La scomparsa dei fatti” con il sottotitolo “si prega di abolire le notizie per non disturbare le opinioni” pubblicato nel lontano 2006 dal Saggiatore), per la maggior parte dell’opinione pubblica è come se non fosse mai successo, perché non è tra le cose che ciascuno considera parte della sua vita.

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  2. Non è più il momento delle parole misurate sul terreno a loro favorevole del politicamente corretto – questo sì, campo eminentemente scorretto, teso a silenziare ogni traboccante passione civile – o della pacata opera di convincimento (non si tratta di convincere chi, con sprezzante cecità o infame malafede, non accetta di porre in discussione posizioni palesemente indifendibili). Occorre mettere ognuno di fronte alle proprie responsabilità di uomo, di cittadino, di italiano; perché, quando sarà il momento di ricostruire un Paese devastato dall’esterofilia imperante e dalla totale e prona subordinazione delle classi dirigenti degli ultimi trent’anni a interessi altri che del popolo italiano hanno fatto scientemente carne da macello, ai traditori di cui sopra dovrà essere presentato un conto salato.
    Davide Parascandolo in http://www.appelloalpopolo.it/?p=13350

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  3. La logica, a trovarne una, pare quella del derby strapaesano, dove la politica conta veramente poco e ad emergere sono le rispettive appartenenze “di contrada” ed il peggiore familismo, in grado di soffocare le ragioni del gruppo.

    Senza, per questo, apparire nostalgici del vecchio monolitismo ideologico, un minimo di “linea”, se c’è, all’interno, dei rispettivi partiti, una condivisione di valori e di programmi, andrebbe tenuta. Non è solo una questione formale. Essa riguarda (dovrebbe riguardare) i processi di selezione interni, il rispetto di chiare regole di comportamento, il rapporto tra eletti e struttura-partito.

    http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=50786

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  4. Questa nostra nazione … come definirla? Zombificata? Burocratizzata? Dissanguata?
    Una salma in attesa della tumulazione.
    Ex Oriente lux … certo, la luce, ma anche la distruzione … tutte le infezioni più micidiali, come la peste, vennero da oriente … anche le epidemie che schiantarono i popoli nativi del Sudamerica (vaiolo, influenza, morbillo) vennero da oriente … dall’Europa, che, di fatto, l’Oriente del Sudamerica …
    In fondo ce lo meritiamo d’essere spazzati via, con la nostra sicumera, la supponenza d’essere il centro del mondo, la celebrazione necrofila d’un passato che non è più presente.
    http://pauperclass.myblog.it/2015/04/14/storia-due-barbieri-alceste/

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