Egregio Ministro Poletti

fate bene ad umiliare costantemente noi insegnanti. Ce lo meritiamo. Negli ultimi decenni abbiamo accettato tutto supinamente: blocco salariale, classi pollaio, precarietà, aumento dell’orario di lavoro, edifici insicuri, finanziamento alle scuole private, cattedre spezzatino e concorsi truffa. Ed ora, sprezzanti ma con il sorriso sulle labbra, state realizzando la privatizzazione della scuola e la sua trasformazione in un’azienda senza che il corpo docente italiano dia un sussulto di vitalità.

Tra chi aspetta la pensione e chi pensa che un salario fisso anche se basso è meglio che niente, tra chi è stanco di lottare e chi si considera intellettuale, tra chi “tanto mio marito è un dirigente o libero professionista” e chi è solo e disperato, tra chi “o si blocca il paese per settimane o uno sciopero non serve a nulla” e chi ” ora servirebbe la rivoluzione”, gli insegnanti stanno assistendo inerti e rassegnati alla lenta morte della scuola pubblica, democratica e costituzionale.

Matteo Saudino estratto da http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=117672&typeb=0

8 pensieri su “Egregio Ministro Poletti

  1. È il ministro della scuola Giannini a chiarire più tardi nel pomeriggio cosa rappresentano le metaforiche cassette della frutta del ministro Poletti: nel DDL della “Buona scuola” sono già previsti stage, non pagati ça va sans dire, durante il periodo estivo.
    Diventano chiare le linee di tendenza della crescita nell’era renziana: delle forme di accumulazione che si baseranno sempre di più su operazioni puramente estrattive, su gigantesche macchine di lavoro gratuito e sulla devastazione dei territori. È in questo che l’Expo di Milano, con i suoi 17’000 volontari e le sue cattedrali nel deserto, rappresenta un vero modello per il futuro.
    La questione “culturale ed educativa” che vuole affrontare il ministro Poletti è quella di scollare attività lavorativa e retribuzione attraverso l’escamotage di un’eterna formazione che allunga interminabili quanto inutili curriculum.
    È il paradosso solo apparente di un paese in cui la disoccupazione la fa da padrona ma che ha fretta di mettere i suoi giovani a lavorare: perché la verità è che in Italia non manca il lavoro ma la volontà di pagarlo.

    http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=117610&typeb=0

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  2. Lo sgretolamento dei legami e delle lealtà umane è tra i più insidiosi danni collaterali perpetrati dal capitalismo nella sua ricerca dei mezzi più efficaci per prevenire il dissenso sociale e la resistenza alle sue pratiche. Lanciare lo spettro della ridondanza affinché volteggiasse sull’Europa si è dimostrato estremamente remunerativo in termini monetari. Ma è stato efficace anche nel depotenziare l’opposizione allo status quo prima anche che riuscisse a saldarsi in vere e proprio colonne in marcia…

    Il più importante effetto combinato della nuova strategia di dominazione che passa per l’insicurezza endemica creata artificialmente e per la separazione tra potere e politica è proprio la crescita smodata della disuguaglianza sociale, all’interno della stessa società e tra società diverse. Ci sono diverse forme di disuguaglianza, e in ognuna di esse qualcuno guadagna mentre altri perdono. Ciò che va sottolineato è il fatto che mai prima d’ora il numero di coloro che guadagnano si era ridotto così significativamente, mentre quello dei perdenti non aveva mai raggiunto livelli simili. Tutto ciò non può che condizionare profondamente ogni aspetto della nostra vita. Ma allo stesso tempo condiziona non meno profondamente le prospettive della nostra stessa sopravvivenza collettiva sul pianeta.

    http://www.nuovatlantide.org/bauman-il-divorzio-tra-potere-e-politica-e-una-malattia/

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  3. Le chiacchiere sulla meritocrazia da parte di una ceto politico di cooptati servono dunque a insinuare negli Italiani la rassegnazione alla società neoliberista di casta, senza mobilità sociale, quale è nelle visioni dei grandi gruppi finanziari; inoltre esse coprono le responsabilità di chi, dal ministro Berlinguer in poi, ha sostenuto l’incompatibilità tra “i giovani di oggi” e lo studio severo e ha fatto della scuola un luna-park; infine trasfigurano la contraddizione del non insegnare insegnando nell’ideale del super-docente meritevole, che con la potente magia dello strumento tecnologico e della continua innovazione didattica, in uno sforzo infinito, crea competenze senza lo studio e l‘esercitazione degli alunni, ex nihilo; viceversa, l’irraggiungibilità effettiva di quell’ideale giustifica l’umiliazione professionale ed economica degli insegnanti normali, la miseria crescente e la soppressione finale della scuola pubblica.
    http://www.appelloalpopolo.it/?p=13295

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    • Volendo si può anche fare della scuola un parco giochi (si deciderà poi della opportunità di una operazione del genere), ma non si può prescindere dal fatto che poi bisogna applicare con coerenza una selezione tra chi si è impegnato con serietà al perseguimento degli obiettivi assegnati e chi si è sistematicamente sottratto ad essi.
      Non a caso il problema degli Italiani è sempre stato quello di non prendere mai niente sul serio.

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  4. “ Le democrazie hanno grandi risorse di intelligenza e di immaginazione. Ma sono anche esposte ad alcuni seri rischi: scarsa capacità di ragionamento, provincialismo, fretta, inerzia, egoismo e povertà di spirito. L’istruzione volta esclusivamente al tornaconto sul mercato globale esalta queste carenze, producendo un’ottusa grettezza e una docilità –in tecnici obbedienti e ammaestrai – che minacciano la vita stessa della democrazia, e che di sicuro impediscono la creazione di una degna cultura mondiale.
    Se non insistiamo sul valore fondamentale delle lettere e delle arti, queste saranno accantonate, perchè non producono denaro. Ma esse servono a qualcosa di ben più prezioso, servono cioè a costruire un mondo degno di essere vissuto…”
    “Non per profitto –Perchè le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica” di Martha C. Nussbaum

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  5. Ecco la parola chiave: autonomia. Esattamente ciò che manca alla nostra società eterodiretta, nella quale anche la cultura, il divertimento, il tempo libero, diviene in realtà irreggimentato, veicolato, promosso e reso possibile, sino a essere obbligato, da cose, istituzioni, creatori di immaginario collettivo e mode che sono al di fuori di noi. Noi che, invece, dovremmo essere dominatori assoluti proprio di quel tempo.

    E allora, la direttrice cui questa proposta di Poletti si ascrive è chiara: Gaber cantava “polli d’allevamento”. Esattamente: qui si vogliono prendere i pulcini per insegnargli subito a diventare i polli di domani. Come dire: il tuo futuro sarà quello di uno schiavo, ed è bene che impari da subito a reprimere qualsiasi possibilità di scelta personale.

    Valerio Lo Monaco riportato in http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=50766

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