
Si tratta di una stranissima consuetudine trasposta ovviamente dall’Europa, con le dovute modifiche. È un’usanza che viene dal mondo militare, anzi, dal codice d’onore militare, e non anglosassone, come si potrebbe credere, ma dal mondo latino, e in particolare francese. Me lo raccontò un amico che stava nella Legione straniera.
In breve, la storia è questa: nell’esercito napoleonico, ma forse anche prima e anche in altri eserciti, tra commilitoni vigeva un codice d’onore molto rigido. Quando qualcuno si comportava in maniera difforme da questo codice non scritto, con i suoi colleghi, non con i superiori, per vigliaccheria, o parlava alle spalle, o non manteneva la parola e cose di questo genere, gli altri soldati decidevano di punirlo umiliandolo. Ora, per i soldati francesi, non si sa perché, l’animale più offensivo è la gallina: così li facevano vestire da galline, salire su un terrazzo o su un tetto della caserma, e dovevano emettere il verso della gallina, urlando affinché tutti nella piazza d’armi lo potessero sentire. Un soldato gli gridava degli ordini o delle domande, e lui doveva rispondere col coccodé. A quanto pare, questa era una umiliazione terribile per un uomo. È chiaro che così si punivano colpe veniali, leggere, legate più ai comportamenti caratteriali singoli che vere e proprie infrazioni alla disciplina o alla legge.
Nel west, evidentemente, la cosa funzionò a livello allegorico: non disponendo di giacche piumate né di piume prese da elmi come nel caso dell’esercito napoleonico, si “vestiva” il malcapitato (che aveva commesso una cosa lieve, ripeto, non rubato un cavallo o ucciso qualcuno, per quello c’era l’impiccagione o la legge di Lynch) con piume di vera gallina, attaccandole con il solo collante con cui si aveva familiarità, la pece, che si usava nei cantieri, soprattutto ferroviari. E forse è legato anche a questo l’uso di portare alla berlina il malcapitato a cavallo di una traversina o di un binario, che aveva una duplice funzione: quella di far girare la sua vergogna per il paese, e quello di essere una metafora della terrazza della caserma.
Infine, un fumetto in cui compare spesso questa bizzarra usanza, è proprio Lucky Luke, il cui autore, guarda caso, è un belga.