Quale cultura?

Fino a pochi anni fa di ogni fenomeno politico nascente e vincente si cercava e si trovava la corrispettiva matrice culturale e i suoi ispiratori. Si indicavano autori, filoni, opere e intellettuali che fossero il prologo in cielo di quel che stava avvenendo sul terreno politico. L’ultima volta che accadde fu al seguito della cosiddetta seconda repubblica e riguardò la nuova destra e la nuova sinistra, i neoliberali e il berlusconismo, di cui si ritrovarono non solo autori ed esponenti provenienti dal mondo intellettuale, ma anche cospicue tracce di un’egemonia sottoculturale nel regno della tv e dei costumi. Perfino il leader considerato più ruspante e più allergico a una matrice culturale, Bossi, ebbe al fianco della Lega alcuni intellettuali di spessore, a partire da Gianfranco Miglio. Ma Renzi, ma Grillo, ma Salvini, a che cultura civile, se non politica, attengono, quali intellettuali di riferimento, quali idee o perlomeno di quale egemonia sottoculturale sono espressione? L’impressione è che siano autoreferenziali in assoluto, personaggi televisivi prima che politici, cresciuti nel deserto delle idee e che la loro leadership nasca dalla rottura di ogni vaso comunicante, dal dissolversi di ogni ispirazione culturale o anche sottoculturale. Non c’è una nuova post-sinistra dietro Renzi, non c’è un pensiero radicale dietro Grillo, non c’è neanche mezzo Miglio dietro Salvini, almeno in partenza. E questa mancanza di retroterra non produce nei leader e nei loro proseliti alcun disagio, come se fosse inutile, ridondante, ingombrante, del tutto superfluo. Anche i tecnici, pur provenendo da ambiti accademici, non erano peculiare espressione di una corrispettiva cultura, ma sancivano l’autonomia assoluta e sovrana della tecnica e della finanza rispetto a ogni matrice e a ogni idea. Del resto, i filoni delle culture politiche sono esausti ormai da tempo e non alimentano alcun progetto di società e politica né alcuna formazione di leader.

Leggi tutto su: http://www.lintellettualedissidente.it/rassegna-stampa/renzi-grillo-e-salvini-sotto-il-leader-niente-men-che-meno-la-cultura/

6 pensieri su “Quale cultura?

  1. di Stefano Di Ludovico – 13/01/2015

    Fonte: Krisis

    Tra i punti di forza che Matteo Salvini presenta come imprescindibili del nuovo corso intrapreso dalla Lega Nord continua ad esserci il “no alle moschee”, ovvero il no alla costruzione di luoghi di culto islamici nelle nostre città. Diciamo “continua” perché se in altri ambiti Salvini pare aver impresso una svolta importante ed innovativa alla politica del suo partito (vedi ad esempio, a livello interno, l’attenzione alla dimensione nazionale o, a livello internazionale, l’appoggio alla Russia di Putin), su tale punto non si registrano novità sostanziali rispetto alle tradizionali posizioni antislamiche tipiche del movimento leghista, all’interno del quale “questione immigrazione” e “questione islamica” sono state da sempre viste come due facce di una stessa medaglia. E proprio da tale identificazione che ci pare scaturiscano una serie di problemi la cui messa a fuoco crediamo possa essere utile al fine di chiarire meglio limiti e contraddizioni in cui anche la nuova Lega di Salvini continua a muoversi, e con lei i diversi partiti e movimenti europei cosiddetti “identitari” – etichettati anche come “populisti” o “di estrema destra” – con i quali la Lega è oggi sempre più strettamente alleata, limiti e contraddizioni che vanno ad investire la natura, i valori di riferimento e la visione del mondo stessa che sottendono all’insieme di tale area politica.
    Leggi tutto su http://www.krisis.info/2015/01/contra-islam-a-difesa-della-nostra-identita-si-ma-quale/

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  2. Massimo D’Alema (1949) Gianfranco Fini (1952) e Pier Ferdinando Casini (1955) sono Timmy Tommy e Gimmy, che ereditarono le tre grandi tradizioni del pensiero politico italiano: quello marxista, quello d’origine fascista e quella cristiana. Erano loro ad avere in mano le “chiavi” ideologiche delle rispettive tradizioni, ad essere stati nominati in pectore successori, Delfini da padri nobili ed hanno fallito. Vale a dire: hanno intascato fior di soldoni – in questo non sono certo dei falliti – ma hanno gettato l’Italia in mano ai Renzi, al nulla incombente, alle twittate, alle “selfate”, ai giochini di un adolescente scemo e comandato dai soliti grembiulini e dai mammasantissima, questa è la responsabilità storica dei D’Alema, dei Fini e dei Casini.
    http://carlobertani.blogspot.com/2015/01/i-tre-porcellini.html

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  3. La nuova definizione di partito è la zona di comando, non i cittadini, simpatizzanti o no. Il tramite, usato con una decisa sfrontatezza degna di Berlusconi, è un’informazione in cui la politica parla solo di se stessa e quasi solo del suo leader, che a volte torna e ritorna con la stessa frase nello stesso telegiornale, o viene tradotto in italiano da voce sovrapposta, mentre sta parlando in una lingua nuova e coraggiosa della quale anche i traduttori professionali più esperti hanno poche notizie.

    Dunque il sogno del partito leggero e della casa vuota si sono realizzati. Non dimenticate che molti luminari della politica a sinistra hanno teorizzato molto presto che tocca ai professionisti decidere e agli altri seguire, qualunque fosse il loro grado di competenza. Gradatamente coloro che avrebbero potuto interferire con la decisione dei soli esperti, i professionisti della politica, sono andati via.
    Furio Colombo in http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/26/litalia-renzi-paese-casa-volto/1370691/

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  4. Il segreto di Renzi
    Perché, anche sul piano della comunicazione, il suo punto di forza è proprio la rozzezza, l’arroganza, la maleducazione. Lo stile “tamarro” piace, dobbiamo farcene una ragione. Così come ha successo la slealtà. Mancare ai patti è segno di furbizia, buttare a mare alleati e sodali è prova di senso pratico, il cinismo è intelligenza…

    http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=50326

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