Minoranze attive?

Sempre in tema di statistiche, una curiosità è che la percentuale dei cattolici praticanti è circa la stessa dei votanti alle ultime elezioni; chissà se i due insiemi coincidono?

Un’inchiesta Eurispes del 2006  rileva che l’87,8% degli italiani si dichiara cattolico, ma i praticanti solo solo il 36,8%, e riscontra inoltre un aumento dell’8% di chi si riconosce nel cattolicesimo rispetto a una medesima ricerca condotta 15 anni fa. Il presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, spiega questi dati con la crisi non della religione ma della religiosità. Il 65,6% dei cattolici sono favorevoli al divorzio. Il 77,8% si dichiara poco o per niente d’accordo con il divieto della comunione ai divorziati risposati. Il 66% ritiene che non sia giusta la posizione del sinodo dei vescovi che vorrebbe negare l’eucaristia ai politici che sostengono leggi non conformi alla legge di Dio (grassetto nostro n.d.r.(1)

Viste le prossime festività,  proponiamo un saggio del 2010 di Papa Francesco, quando era ancora il cardinal Bergoglio di Buenos Aires, il saggio si chiama “Noi come cittadini Noi come popolo”:

Quegli uomini di duecento anni fa desideravano costruire una nazione indipendente e sovrana. Questo fu il loro lascito alla storia.

È un dato certo che, nella nostra condizione di popolo nuovo nella storia, la nostra identità non si è del tutto e perfettamente definita. Si tratta di un processo, di un farsi popolo. Di una integrazione. Di un lavoro lento, difficile, molte volte doloroso, per il quale la nostra società ha lottato. Siamo un popolo nuovo, una patria bambina.

Il sistema democratico è l’orizzonte e lo stile di vita che abbiamo scelto di avere e in esso dobbiamo dirimere le nostre differenze e trovare i nostri consensi.

Poi, passa ad analizzare la società contemporanea e i suoi difetti:

Oggi esiste una tendenza, sempre più accentuata, ad esaltare l’individuo. Si tratta di un individualismo libertino, edonistico, consumistico, senza un orizzonte etico né morale.

La nostra politica spesso non si è messa in modo deciso al servizio del bene comune.  …c’è solo una sconfitta collettiva. È una responsabilità che ci accomuna tutti.

Abbiamo quindi un deficit di politica, intesa, nel senso ampio del termine, come la forma specifica che abbiamo per relazionarci in società. L’aspetto politico ci comprende tutti ed è responsabilità di tutti, anche se non siamo direttamente impegnati in attività politiche.

La riduzione della politica a spettacolo o a pura immagine è un fenomeno recente, che promuove personaggi privi di contenuto e di proposte, senza capacità di gestione né soluzioni per affrontare situazioni complesse come quelle che si trovano a vivere le società contemporanee. Non si tratta di una questione locale. Non è necessario fare esempi per rendersi conto dell’emergere di leadership inconsistenti prodotte da campagne pubblicitarie o dalla complicità mediatica.

Come antidoto, indica i doveri sociali di ogni cristiano devoto:

Non possiamo rassegnarci ad una idea di democrazia a bassa intensità.

L’amore cristiano spinge alla denuncia, alla proposta e all’impegno di progettazione culturale e sociale, ad una fattiva operosità, che sprona tutti coloro che hanno sinceramente a cuore la sorte dell’uomo ad offrire il proprio contributo.

Per formare comunità ciascuno ha un munus, un ufficio, un compito, un obbligo, un darsi, un impegnarsi, un dedicarsi agli altri. Queste categorie sono cadute nell’oblio, oscurate di fronte all’impellente spinta dell’individualismo consumistico.

Allargando i concetti qui esposti alla società tutta, ci definisce il concetto di cittadino:

Etimologicamente, cittadino viene dal latino citatorium. Il cittadino è il convocato, il chiamato al bene comune, convocato perché si associ in vista del bene comune.

Se dunque il cittadino è qualcuno che è convocato e obbligato a contribuire al bene comune, per ciò stesso fa politica, che, secondo il magistero pontificio, è una forma alta della carità.

Quindi il cittadino è chi è obbligato a perseguire il bene comune, ma l’allora cardinal Bergoglio dice di più:

Non basta l’appartenenza alla società per essere pienamente cittadino, la persona sociale acquisisce la sua piena identità di cittadino nell’appartenenza ad un popolo. Non c’è identità senza appartenenza.

Cittadini è una categoria logica. Popolo è una categoria storica e mitica. Contiene un plus di significato che ci sfugge se non ricorriamo ad altri modi di comprensione. Si vive in società e si dipende da un popolo.

Dobbiamo porci come cittadini in seno ad un popolo.

Quindi esplicita meglio il concetto di popolo:

Esiste una differenza sostanziale tra massa e popolo. Popolo è la cittadinanza impegnata, riflessiva, consapevole e unita in vista di un obiettivo o un progetto comune. Quando parliamo di cittadino, lo contrapponiamo alla massa di persone.

Essere cittadini significa essere convocati per una scelta, chiamati a una lotta, a questa lotta di appartenenza a una società e a un popolo. Smettere di essere mucchio, di essere gente massificata, per essere persone, per essere società, per essere popolo. Questo presuppone una lotta. La lotta ha due nemici: il menefreghismo e la lamentela.

Che fare allora? Quale deve essere il progetto su cui basare la politica futura?

L’uomo è il soggetto, il principio e il fine di qualsivoglia attività politica, economica, sociale e la loro ragion d’essere.

Il nostro paese merita un progetto integrante. Questo progetto va oltre i tempi di qualsiasi governo, perché necessita di una visione a medio e lungo termine, e pertanto esige una continuità che può essere garantita solo mediante il compromesso tra le diverse forze politiche e sociali.

È possibile sollevare un poco lo sguardo dall’immediato che ci consuma e sognare un paese che forse darà frutti solo ai nostri figli e nipoti?

L’utopia non è fuga. Qui, invece è in senso positivo, come causa finale, come telos.

Non si può determinare un sistema prescindendo dall’uomo per poi obbligarlo a farne parte. Sarebbe inutile progettare minuziosamente un’organizzazione il cui intento, nel migliore dei casi, non sarebbe che quello di conseguire un ordinamento formale, meccanico e astratto che non risponderebbe alle esigenze innate della natura umana né terrebbe conto dei tratti caratteristici dell’uomo, incorporati storicamente nella nostra stessa nazionalità. Si tratta dell’accordo di vivere insieme. È la volontà esplicita di essere popolo-nazione nel mondo contemporaneo. È un’esperienza di popolo in cammino nella storia.

Qual è il compito dello Stato nella società?

Dobbiamo recuperare la missione fondamentale dello Stato, che è quella di assicurare la giustizia e un ordine sociale giusto al fine di garantire ad ognuno la sua parte di beni comuni.

Il lavoro è fonte di dignità e costituisce la colonna portante dell’identità nazionale e sociale. (2)

1) http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/01_Gennaio/17/cattolici.shtml

2) http://www.appelloalpopolo.it/?p=12651


6 pensieri su “Minoranze attive?

  1. Lo stesso comune di Parigi ha sempre più ridotto i fondi per le feste natalizie, fino a farle scendere a zero quest’anno tagliando anche i 30000 euro per le decorazioni e l’albero di Notre Dame, offerto in risposta, gratuitamente dalla Russia. Peccato pero’ che lo stesso comune di Parigi ogni anno organizzi nel suo salone d’onore per la bellezza di più di un milione di euro un gran galà per la fine del Ramadan e la rottura del digiuno.(Nessun giornalista o umanista ha mai gridato allo scandalo, lo stesso Melanchon, si é ammutolito quuando Zmmour gli ha chiesto perché non avesse protestato allo stesso modo quando il sindaco di Parigi coi soldi dei contribuenti finanzia tutte le festività musulmane e invoca la benedizione di Allah sulla Francia direttamente dai saloni del municipio.

    Ma sorpresa delle sorprese, proprio 2 giorni fa, nel pieno del vespaio delle polemiche sul presepe esce il sondaggio che nessuno si aspettava, in una Francia dove oltre la metà della popolazione è atea, la prima religione praticata è l’Islamismo, ormai da 5 anni, e solo il 3% della popolazione si dichiara cattolico praticante, ebbene l’80% di tutta la popolazione si dichiara favorevole la presepe nei luoghi pubblici(l’88% dei votanti UMP, l’84 di quelli FN, il 64% dei PS e il 47% dei simpatizzanti dell’estrema sinistra). Questo sondaggio per le élites è un colpo durissimo, a noi italiani potrebbe anche sembrar normale, ma in Francia dove da un secolo ogni ostentazione pubblica di simboli religiosi é vietata, è uno shock, è una vera e propria bestemmia. L’élite mediatica che vive nel quartiere latino scopre di esse circondata da 50 milioni di francesi fanatici, che reclamano segni religiosi nello spazio pubblico, il tutto dopo solo 10 giorni di un altro sondaggio choc, in cui la priorità dei francesi in questo momento, non è l’occupazione o la sicurezza, ma la laicità(per il 78%). Come conciliare questi due risultati ? come soprattutto conciliare che a essere favorevole al presepio nei luoghi pubblici, non sono solo l’84 e 87 % dei votanti Fn e UMP, ma il 64% anche di quelli del PS e del Front de gauche. Una risposta semplice e chiara ci sarebbe , non è questo il momento, ma di sicuro essa già turba le notti di una élite che giorno dopo giorno si sta accorgendo che il loro incantesimo si sta rompendo. Che troppo a lungo si è imposto ai francesi di amare ciò che odiano e di odiare ciò che amano, in una sola parola di rinnegare se stessi. Il risveglio è lento ma inesorabile , un popolo si sta svegliando e presto si rimetterà in marcia.
    http://www.appelloalpopolo.it/?p=12681

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  2. Individualismo di massa
    Un individualista è bene che sia liberale, che abbia, quindi, una concezione dura della vita, che aspiri a fare denaro o ad avere successo, che sia tenace, paziente, che desideri fare gavetta a bottega per 10-15 anni e sappia farla, che sappia tacere, sappia reprimersi, sia cinico. Alla fine, materialisticamente, vivrà bene.

    Invece, l’individualismo delle persone comuni è una contraddizione in termini, ha qualcosa di ridicolo e si esprime soltanto nel credito al consumo, nella indisciplina, nella impazienza, nella incapacità di contrarre o rispettare vincoli, nello sciacquare il cervello con la TV, nell’assumere perennemente la posizione di fan senza nemmeno voler un giorno divenire idolo.

    http://www.appelloalpopolo.it/?p=12693

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  3. Ma in Usa, la socialità e le nuove modalità della comunicazione inter-attiva tra cittadini sta cambiando e in modo molto diverso che da noi. E gli americani che protestano vantano quattro aspetti che da noi sono tragicamente latitanti.
    1). Gli Usa sono diventati una nazione post-televisiva. I telegiornali viaggiano su un indice di gradimento mediamente intorno al 5% di media nazionale. Per non parlare dei talk show, che hanno una media anagrafica di telespettatori intorno ai 65 anni.
    2). I movimenti organizzati di protesta sono tutti inequivocabilmente post-ideologici e caratterizzati da una fortissima identità territoriale, legati alla comunità di riferimento, e sono tutti leaderless, ma sul serio, non come da noi.
    3). L’economia va molto molto meglio, il tasso di disoccupazione è in netta discesa ed è assestato su un 5,6%, il che -è intuitivo- aiuta la richiesta di salari più equi e una maggiore redistribuzione delle ricchezze perché, venendo meno l’assillo della ricerca del lavoro, ci si può occupare di cose come la dignità e il decoro del lavoro. Tanto è vero che lo slogan unificante di questo tipo di protesta ha davvero perforato l’immaginario collettivo della nazione: no more slaves, mai più schiavi. I professionisti bianchi che marciano accanto agli afro-americani non lo fanno nel nome di una solidarietà o di un principio ideale, bensì perché intimamente complici nella consapevolezza che il nemico da battere è comune, per tutti i popoli e i cittadini del mondo: il neo-schiavismo imposto dalle neo-aristocrazie del mondo iperliberista di centro-destra o centro-sinistra.
    4). A differenza dell’Italia, la media dell’istruzione e della cultura nella generazione dai 18 ai 35 anni è aumentata nell’ultimo quinquennio in maniera eccezionale (e questo è il più grande merito dell’amministrazione Obama) e i dati del mercato sono davvero confortanti: chiudono le grandi catene di librerie in franchising che monopolizzavano il mercato e aprono a raffica piccole librerie indipendenti. Nascono come funghi case editrici indipendenti che fanno lauti profitti. Nel 2012 i lettori sono aumentati del 12% rispetto all’anno precedente. Nel 2013 del 24% rispetto al 2012, e la ABA (American Booksellers Association) l’associazione dei librai, ha annunciato un mese fa che nel 2014 i lettori sono aumentati di un ulteriore 35% rispetto al 2013 battendo il record storico di alfabetizzazione e di diffusione di lettori.
    http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2014/12/il-parco-del-tramonto-i-popoli-o-le.html

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  4. Concludiamo quindi questo invito alla lettura con le parole dello stesso Harvey: “Credo ci sia un bisogno estremo di articolare un umanesimo laico rivoluzionario che possa allearsi con quegli umanesimi fondamentalmente religiosi (articolati con particolare chiarezza nelle versioni protestante e cattolica della teologia della liberazione, e in movimenti correlati entro le culture religiose indù, islamica, ebraica e indigene) per combattere l’alienazione nelle sue molte forme e cambiare radicalmente il mondo, allontanandolo dalle sue modalità capitalistiche” (pp. 283-284). Il cambiamento profondo, se sarà, sarà dunque politico-psicologico-spirituale.
    http://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/diciassette-contraddizioni-e-la-fine-del-capitalismo/

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  5. MA C’È ANCHE UNA “FEDE” nella comunità umana la cui libertà si fonda sui diritti fondamentali di ciascun individuo. E’ qui che la religiosità di Andrej si intreccia paradossalmente con idee socialiste fino al rimpianto dell’Unione Sovietica.
    “Istruzione, salute,lavoro erano garantiti a tutti. Io figlio di povera gente sono potuto diventare ingegnere agronomo grazie a questo”. Parla della rivolta di Maidan con inaspettata simpatia. “La protesta era iniziata per rivendicazioni giuste. Contro la corruzione, per la protezione sociale , per affermare i diritti della gente comune che venivano calpestati. Sono state le oligarchie filo occidentali a strumentalizzarla trasformandola in scontro xenofobo e fascista”.
    http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=114016&typeb=0

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