
La disperazione negli occhi della gente sommersa dal fango, come da qualsiasi altro fenomeno più grande delle singole persone e comunità, è ovunque la stessa. Ovunque la stessa domanda: perché nessuno ci aiuta? Dov’è lo Stato?
Domanda assolutamente legittima. Purtroppo cade in un contesto più che trentennale, ormai, di condanna della presenza del “pubblico”, (corsivo nostro) di richiesta universale (pilotata dalle imprese private, ma questo è meno noto) di riduzione dell'”invadenza” delle amministrazioni pubbliche, di entusiasmo per i “condoni” degli abusi commessi in nome della “libertà di impresa” o del diritto all’accomodamento individuale (“padroni in casa propria”, no?). Alla fine della fiera trentennale, lo Stato che serve – quello che interviene nelle calamità naturali, che cura il territorio e la popolazione che ci vive – è dimagrito, spompato, svuotato, sempre meno competente e organizzato (in nome della “privatizzazione”, della dismissione delle “partecipate”, dell'”autonomia” e via castronando). E quindi arriva poco, male, tardi.
Questa sua inefficienza provocata e voluta da tutti diventa a sua volta una “prova” della necessità di ulteriormente privatizzare, dismettere, disinvestire, definanziare. Insomma: di tagliare.[…]
Se fossimo dei cinici potremmo concludere: vi ha convinto il “meno Stato, più mercato”? Adesso godetevelo…
Non siamo fatti di questa pasta. Ogni nuovo colpo all’assetto idrogeologico del territorio, ogni alluvione o altro disastro, ci conferma invece nella convinzione che soltanto una risposta pubblica – collettiva, seria, scientifica – che subordini ogni “aspettativa privata” alla sicurezza collettiva può provare ad affrontare fenomeni altrimenti destinati a moltiplicarsi in forme sempre più catastrofiche.
http://contropiano.org/politica/item/27569-meno-stato-piu-mercato-piu-inondazioni
In perfetta controtendenza ecco cosa succede a Genova da inizio ottobre:
“Numeri che rendono l’ipotesi di una quotazione a Wall Street sempre più concreta, mentre a tenere banco oggi sarà un accordo con Spotify. Secondo il New York Times, le due giovani società sono pronte ad annunciare una collaborazione delle due applicazioni: una volta entrato nell’automobile appena chiamata con Uber, l’utente sarà in grado di ascoltare i propri brani preferiti di Spofity. Non è chiaro se questo avverrà grazie a una nuova funzione all’interno dell’una o l’altra app (probabile) o grazie a una nuova applicazione (più difficile). Di sicuro c’è che dalle parti di Uber si canta e si balla già da un po’.
http://finanzaemercati.org/2014/11/17/uber-guadagna-come-facebook/
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