Quale Europa?

di Luciano Del Vecchio

Per l’Europa dei prossimi decenni rimane dunque l’ipotesi dello stato minimo, o più precisamente, del “niente stato tutto mercato”: la giostra libera della moneta unica a cambio fisso, della banca centrale indipendente, del capitale liberamente circolante, del flusso ininterrotto di merci servizi e carne umana, della maniacale lotta all’inflazione, della cancellazione dei diritti sociali, della riduzione del lavoro a merce, della decomposizione del popolo e della democrazia, dell’irrilevanza del territorio e dei confini: tutti obiettivi della dottrina economica liberista sanciti nei trattati, realizzabili e realizzati sotto i nostri occhi. Gli eurocrati non progettano nessuno stato; non c’è nessuna unificazione politica nella loro agenda; sanno di averla assunta a pura finzione da propagandare e lasciarla credere a milioni di cittadini. Il vero obiettivo mira a espropriare e dissipare sistematicamente la sovranità degli stati storici esistenti, democratico-costituzionali, senza condensarla e innestarla in un nuovo e più esteso organismo politico, ma semplicemente svuotarla diluendola in una pletora di comitati, commissioni, “governanze” ed enti vari transregionali. Non hanno bisogno di uno Stato, ma di un continentale caravanserraglio aperto al Mercato, un unico indistinto spazio stallatico, produttivo, consumatore e finanziario, dove impera la competizione violenta di tutti contro tutti, di cittadini contro cittadini, di autoctoni contro stranieri, di gruppi contro gruppi, di istituzioni contro istituzioni, terra di tutti e di nessuno, campo fertile su cui far attecchire il Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP), studiato apposta per territori de-istituzionalizzati, sviluppo logico e sbocco giuridico naturale del trattato di Lisbona.

estratto da  http://www.appelloalpopolo.it/?p=11975

4 pensieri su “Quale Europa?

  1. Questa degenerazione della sfera politica e della figura del politico è legata evidentemente a due fenomeni della modernità, tra loro interdipendenti. In primo luogo, vi è una crisi legata alla sempre minor partecipazione delle persone alla vita pubblica, il che significa poca informazione e mancanza di proposte, oltre che ad un ormai inesistente legame comunitario, capace di unire i vari “io” in vista di un “bene comune”. In secondo luogo, il dominio della tecnica e dell’economia hanno fatto dello Stato, sempre per usare le parole di Bauman, solamente un’enorme “questura”, incaricata di vigliare sull’ordine interno per conto di agenti transnazionali sempre più potenti e globali. A questo quadro sistemico già inquietante di suo, si deve aggiungere l’incredibile qualità del nostro paese nell’avere politici completamente inadatti a gestire le rovine di uno Stato, dominato dai poteri forti e sempre più asfissiato dalle politiche euro-atlantiste. La congrua figura del politico odierno, ci è fornita dall’illuminante espressione di Ezra Pound: “i politici non sono altro che i camerieri dei banchieri”. Dei camerieri. O, per meglio dire, dei camerieri in cerca di successo, tra un salone televisivo, dichiarazioni scioccanti ed un bagno gelato.
    Lorenzo Pennacchi in
    http://www.lintellettualedissidente.it/quando-la-politica-diventa-uno-show/

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  2. L’Europa di Bruxelles e di Strasburgo, l’Europa che stravolgendosi in Eurolandia ci ha consegnato legati mani e piedi alla lobby di finanzieri che gestiscono secondo i loro privati interessi la moneta comune mentre – anche ammesso che sia un gigante economico, come molti ancora affermano – è comunque un nanerottolo politico, un criceto diplomatico e un verme militare (poiché gli eserciti europei, coordinati dalla e nella NATO, sono in realtà controllati dall’ex-superpotenza statunitense e ne eseguono la volontà o la non-volontà politica) è stata, nella più benevola delle ipotesi, una falsa partenza per i nostri orizzonti unitari europeistici. E difatti, in oltre mezzo secolo, non si è creato alcuno spirito identitario europeo, alcuna cultura comunitaria, alcuna coscienza civica nella quale i ventisette paesi dell’Unione possano riconoscersi.
    http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=49424

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  3. La Germania ovviamente non è immune dalle sciagurate politiche che vogliono cancellare lo Stato:

    L’azienda vuole espandere l’impianto di Mulfingen e costruire un nuovo centro logistico. Questo creerebbe centinaia di posti di lavoro, ma ciò che manca è “un’infrastruttura stradale decente per rendere proficuo il nostro investimento,” dice Hundsdörfer. I suoi camion sono costretti a usare la Hollenbacher Steige, una strada che si sta sbriciolando e che ha urgente necessità di essere riasfaltata. Spesso i camion che arrivano dalla direzione opposta non riescono a passare trovandosi uno di fronte all’altro su una strada così stretta.

    Il progetto di costruzione stradale costerebbe 3,48 milioni di euro, ma lo Stato e il governo locale esitano da anni a mandare avanti la cosa, per via dei costi. Secondo Hundsdörfer i conti semplicemente non tornano. “Paghiamo più tasse noi in un solo anno di quello che costerebbe rifare la strada.” Ora Hundsdörfer sta prendendo in considerazione l’impensabile: perché non costruire il centro logistico all’estero. Hundsdörfer non si troverebbe da solo, nel fare questa scelta.

    http://vocidallestero.blogspot.it/2014/09/der-spiegel-la-germania-un-paese-in.html

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